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MIA MADRE regia di Nanni Moretti

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  19/04/2015 02:11:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si apre con una sequenza antitetica a quella dei rassicuranti Hare Krishna delle prime immagini de "La stanza del figlio", quella degli operai che lottano contro il licenziamento, ed e' anzi NON e' "solo un film". Moretti si congeda dalla militanza (davvero?) ma racconta un mondo che non infonde speranza, che non e' piu' l'illusorio universo quotidiano della borghesia progressista. Un film che anziche' raccontare un lutto, lo elabora, lo previene, per molti versi lo rifiuta in un disarmante esorcismo. Ma i drammi esorcizzati vengono rispecchiati nel mondo di Margherita, nel suo rischioso conflitto nel filmare la Realta' Sociale che agli occhi di Moretti regista diventa retorica di una presunta, irritante integrita' morale. E in questo circolo vizioso dove realta' e apparenza vivono di pari passo, il pensiero va, non senza nostalgia, al caro vecchio Insegnamento, quando professare una vita di studio poteva dare i suoi frutti duraturi nelle nuove generazioni svogliate e confuse (emblematico il personaggio - perno di Giulia Lazzarini). Pensando a Bellocchio ma anche a Zavattini e sicuramente al Truffaut di "Effetto notte" per quanto riguarda il burrascoso set del film della Buy, Moretti ricava un'opera che mi ha emozionato meno rispetto a "La stanza del figlio", che non si libera del tutto di certi referenti monolitici nella prova della Buy (mai troppo diversa da se stessa) ma che riesce mirabilmente a dividere, confondere, aggredire proprio il nostro intimo, forse stupido rapporto con la morte. E tutto cio' che accade e' un meschino bisogno di annientare l'idea stessa di equilibrio, di lucidita' mentale - cfr. L'episodio di Margherita che strappa la patente scaduta dalle mani della madre, e altre conseguenti reazioni - come se il tutto sia il frutto di un declino prestabilito e per questo remissivo da parte dell'altro. Anche il personaggio di Turturro entra in una sfera simile. Essendo "l'attore" non ha la capacita' cognitiva di comprendere il suo personaggio, essendo per lui pura fiction che aggira gli ostacoli dell'identita' sociale. E' un film che parla ancora una volta di abdicazioni - al ruolo materno, alla professione, al fulcro familiare che gia' in passato e' stato spezzato, di meccanismi che lottano da una vita, contro il dissenso conciliante di una verita'.