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HUMANDROID regia di Neill Blomkamp

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sev7en     4 / 10  14/04/2015 20:01:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un robot a cui viene iniettato un software sperimentale in grado di dotarlo di coscienza, alle prese con il genere umano e i dubbi esistenziali di un adolescente…

E' un "vorrei ma non posso" l'ultimo lungometraggio di Neill Blomkamp, regista venerato da critica e pubblico per due opere iconografiche come District 9 e Elysium che torna in sala con un fuoco fatuo, freddo ed incolore. I punti di ispirazione sono molteplici e gli omaggi dispensati come chicchi di riso ad un matrimonio: Robocop per il degrado cittadino, magicamente curato grazie all'intervento dei robot; Corto Circuito, per la bizzaria del protagonista, Classe 1999 per la crudelta', gratuita, di alcune scene e quei B-movie dozzinali dove si cerca di mescolare stili e genere diversi con il chiaro obiettivo di non scontentare nessuno. Lascia davvero basiti pensare come fra una manciata di anni il progresso tecnologico possa essere in grado di restituirci questa realta', tanto aliena quanto irreale, un 2016 che viene etichettato ad anno X della criminalita', neanche si fosse nei deserti post-apocalittici di Mad Max: avrebbe difatti avuto piu' senso confinare il tutto ad un futuro remoto o quantomeno contestualizzare anche il resto della Johannesburg evitando il trito e ritrito espediente delle breaking-news per giustificare i fatti a seguire.
La formula e' quella di District 9 in salsa disneyliana con un finale che conferma come dopo il buon inizio il film proceda con una parabola discendente, arenandosi sui lidi della mediocrita': il protagonista e' un robot, Chappie, a cui viene 'upgradato' il firmware con una versione coscienza-enhanced ma stranamente questo aggiornamento comporta la totale perdita di ogni informazione immagazzinata, determinando gia' di per se' un paradosso (la coscienza e' ben diversa dalla conoscenza…). Il suo cammino verso i titoli di coda viene affiancato da una banda di teppisti, papi e mami in primis, interpretati dal gruppo rap dei Die Atwood, dal suo creatore, Dev Patel, tanto geniale quanto ingenuo, Hugh Jackman, nei panni dell'ex DARPA Vincent Moore e una Sigourney Weaver irriconoscibile.
Sulla recitazione, complice forse l'assurdita' della trama e delle situazioni create, le stelle hollywoodiane cercano di portare un po' di luce ma la banalita' dei dialoghi ed il modo in cui sono liquidate tematiche profonde ed esistenziali, riconduce ogni umana e robotica ragione all'uso della violenza, imbracciata anche dallo stesso androide-umano come ira cieca dinanzi alla mancanza di una risposta.
Blomkamp vuole affrontare argomenti impegnativi ed e' evidente ma il modo scelto tra la commedia ed il drammatico, l'action ed il film impegnato, crea solo confusione nello spettatore e lo distrae tra effetti speciali realizzati in modo magistrale e battutine inopportune, quando un silenzio e un'inquadratura statica, come la prevedibilita' del genere umano, avrebbe potuto offrire spunti di riflessione.
Il finale… si tratta indubbiamente del punto piu' basso finora toccato dal regista sud africano: spoilerare sarebbe diabolico ma anche una salvezza per coloro avessero in programma di visionare il film in quanto testimonia come piu' che indipendenza dal primo all'ultimo fotogramma si sia cercato un risvolto imprevedibile ma… come da copione.

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