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SOGNI regia di Akira Kurosawa

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amterme63     8½ / 10  09/07/2010 13:22:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Più che di sogni si tratta di fantasie, visioni, storie fantastiche fatte rigorosamente ad occhi aperti, anzi ad occhi spalancati. Tutto lo splendore visivo che può esprimere il cinema è condensato in due ore di grande bellezza ed emozione. Non è però assolutamente un esercizio estetico fine a se stesso. E' semplicemente la dimostrazione di quanto è bella la natura, che meraviglia abbiamo davanti. Questo per rendere ancora più doloroso e cocente il messaggio molto impegnato del film. Sogni infatti è una delle più intense e chiare denuncie del disastro ecologico imminente che siano mai state portate su schermo. E' comunque anche il film più intensamente poetico che Kurosawa abbia mai girato, un piccolo capolavoro lirico (vedi l'episodio di Van Gogh).
Kurosawa non si è mai tirato indietro di fronte alle responsabilità di un impegno civile e umano. Da vecchio ottantenne che sta per andarsene da questo mondo, ha voluto in qualche maniera avvertire le generazioni future dell'estremo pericolo che stiamo correndo. Intanto l'abitudine culturale attuale di voler a tutti i costi svegliare e spiare gli istinti più nascosti e reconditi dell'animo umano, dedicarci curiosità anche morbosa, non può che portare alla perdita delle proprie conquiste civili e razionali e al pericolo dell'autodistruzione (questo è il significato del primo episodio del bambino che spia il matrimonio delle volpi). Deleterio è anche il fatto che l'uomo guardi alla natura come ad un semplice prodotto economico e non come ad un essere portatore di armonia e gioia di vivere (l'episodio del giardino dei peschi).
Segue poi uno delle più profonde e stupende rappresentazioni dei danni psicologici e umani che ha la guerra e dello strascico emotivo devastante (dolore, rimorso) che ha sui sopravvissuti. E' l'episodio meraviglioso del tunnel (quello che mi è rimasto più impresso).
Il film entra poi nel vivo della denuncia del rischio dell'autodistruzione. La possibilità c'è eccome: con la perdita di controllo sull'energia nucleare ad esempio (una prospettiva non tanto peregrina). Kurosawa qui ci regala uno dei pochi suoi omaggi al cinema catastrofico di tradizione giapponese, ma anche delle rappresentazioni brevi e sintetiche di straordinaria drammaticità e forza.
A questo punto arriva con l'episodio del "demone che piange" una delle rappresentazioni più puntute e critiche della cultura distruttiva, demoniaca che tanto fascino e diffusione aveva nei giovani dell'epoca (1990) e anche adesso. Il mondo dei demoni non è altro che un abisso di cannibalismo, solitudine, assenza di natura e colore, dolore dolore dolore intensissimo da sopportare senza sperare di lenirlo. Questa è la cultura umana del dopo "distruzione", cioè del presente.
La distruzione è quella del mondo vecchio, del vecchio modo di vivere pre-consumistico. Kurosawa è stato testimone. Ha visto come si viveva una volta e vede come si vive adesso (anni 80-90) e il giudizio è inappellabile. La vita in armonia completa con la natura, in umiltà e frugalità, era quella che confaceva di più all'uomo: un'esistenza semplice, modesta, armonica che fa il suo corso senza tante pretese. E' l'utopico episodio conclusivo dei Mulini.
Tra l'altro questo è l'episodio in cui Kurosawa mette in bocca ad un vecchio la sua testimonianza di persona che ha vissuto, un'indiretta risposta alla cultura della morte, della distruzione, del suicidio che tanta presa aveva ed ha anche adesso:
"Giovanotto, non dia retta a chi dice che la vita non vale la pena di essere vissuta. La vita è un'avventura meravigliosa, anzi eccitante".