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I PROFESSIONISTI regia di Richard Brooks

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amterme63     7 / 10  19/04/2009 23:32:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nello stesso tempo in cui Leone rivoluzionava il genere western, c’era ancora chi lo proseguiva in maniera tradizionale. Però anche questo film del 1966 certifica ormai che solo la forma esteriore del genere era ancora in qualche maniera viva e vitale; lo spirito che animava i grandi classici pre-1960 è ormai scomparso.
Un sentimento dominante in questo film è infatti il rimpianto e la nostalgia. I protagonisti sono abbastanza avanti con l’età e gli attori stessi appartengono alla vecchia generazione del cinema hollywoodiano. Tutti vivono quasi solo di ricordi e rimpianto; per loro c’è solo il passato e non c’è il futuro.
Rispetto ai grandi western viene meno lo sfondo epico e i contrasti etici che trasfiguravano le figure dei film di Ford e Hawks. Qui invece i protagonisti-eroi valgono quasi solo per se stessi, risaltano come personaggi da ammirare per bravure “tecniche”, per la freddezza, la perfezione e l’intelligenza. Perché rischino la vita, il fine delle loro azioni (il nucleo dei film d’avventura del passato) è più sullo sfondo. Cresce invece l’interesse per lo spettacolo, la bravura e l’ingegnosità impiegata.
I personaggi sono in genere più stereotipati, quasi grezzi, meno persone in carne e ossa e più tipi che servono a imbastire uno spettacolo e un divertimento cinematografico. Guarda caso poi tutto gli va bene e non hanno alcun intoppo. Tutto diventa fin troppo facile e prevedibile.
Apparentemente lo scopo della spedizione dei quattro professionisti è il ristabilire l’ordine legale dovuto al rapimento di una moglie. Nel momento in cui la vera causa si fa più incerta, allora la scusa ufficiale diventa il rispettare la parola data, un contratto scritto. Nei fatti invece la molla del loro agire diventa l’azione in sé, il fatto di sentirsi vivi per il solo fatto di portare a termine un’impresa, qualsiasi impresa. Viene fuori che i quattro hanno partecipato alla rivoluzione di Pancho Villa e Zapata più che altro per stare in mezzo all’azione, piuttosto che per ragioni ideali o politiche. Insomma ai grandi temi etici si sostituisce lo spettacolo dell’azione individuale o di pochi eroi.
Si fa strada piuttosto un termine etico che era stato solo abbozzato nel film “Sentieri Selvaggi” di Ford, cioè che ci possa essere un punto di vista contestatore e alternativo all’ordine costituito. In SS veniva preso in considerazione per un attimo ma poi lasciato cadere. Qui invece questo spirito prende il sopravvento e assume alla fine il predominio morale. Segno palese che nell’opinione pubblica americana qualcosa stava cambiando. Si tratta comunque di un unico accenno nel finale.
Per quanto riguarda il lato visivo e tecnico non mancano le scene di grande valore. Le scenografie del deserto sono molto affascinanti. Si tratta perciò di un buon film spettacolare con alcuni spunti interessanti. In quanto a profondità dei temi non è certo all’altezza dei grandi western del passato, di cui rappresenta solo un epigono.