ULTRAVIOLENCE78 9 / 10 13/12/2008 12:26:27 » Rispondi Favoloso horror psicologico, girato divinamente da un grande maestro del genere. In poco più di un'ora Jacques Tourneur riesce a concentrare una storia esemplare (tratta dall'omonimo romanzo di Inez Wallace), permeata di una malìa che avvolge lo spettatore dall'inizio alla fine, e che tocca il suo apogeo in talune sorprendenti sequenze. Come quella, indimenticabile, del percorso lungo i campi di canna da zucchero, disseminato di feticci vodoo e terminante con un bivio, presidiato dall'inquietante figura di un uomo nero dagli occhi vitrei sbarrati: in essa il montaggio perfettamente cadenzato e il suono del fruscio delle piante e di una batteria che si ode in lontananza contribuiscono a generare un'atmosfera a un tempo irresistibilmente affascinante e inquietante. Credenze, superstizioni, amore, odio si mescolano per formare un quadro in cui suggestioni e sentimenti si compenetrano fino a sfociare nella morte: quella eterna che annienta il morire lento e transeunte della vita, secondo una rappresentazione che informa tutta la narrazione, nella quale si oggettiva una sorta di "filosofia del ribaltamento": tutto ciò che in apparenza è bello cela in realtà sofferenza e morte ("quest'acqua luminosa riesce a brillare grazie a milioni di corpi morti"), compresa la nascita di un bambino inaugurata, secondo il rito degli abitanti dell'isola, non come un evento fausto ma come una disgrazia.