ULTRAVIOLENCE78 8 / 10 03/07/2008 13:17:08 » Rispondi Siamo tutti colpevoli, siamo tutti menzogneri. Chabrol mette in scena il dramma dello stupro e della morte di una bambina nel contesto "angusto" di una realtà di provincia, la quale costituisce il luogo ideale nel quale evidenziare ed esaltare la riflessione che attraversa la sua opera. Dall'efferato omicidio, con cui principia il film, comincia lentamente ad articolarsi un fitta ed intricata rete di bugie che non risparmia nessuno dei soggetti della "mise en scene", ognuno dei quali sembra portato istintivamente ed ineludibilmente a mentire, come se l'impostura costituisse il mezzo necessario ed indefettibile per difendersi dagli altri, ma soprattutto da se stessi e dalla propria “corrotta” natura. Chabrol, dunque, si addentra nel “cuore della menzogna”, presentandocela come elemento consustanziale all’uomo: questi vive non potendo fare a meno di mentire perché la verità, dalla più banale alla più intima e scabrosa, equivale a mettersi a nudo; ma nessuno ha il coraggio di mostrare sé fino in fondo. La stessa ambientazione, rappresentata da un paesaggio ombroso e uggioso, sembra essere il riflesso dell’indeterminatezza e della vaghezza delle relazioni umane, che legano solo superficialmente dei soggetti che, invero, non si conoscono tra loro. Ed infatti, poco alla volta, le verità emergeranno ed a quel punto non resterà altro che prendere atto dell’impossibilità di penetrare la realtà delle cose, e precipuamente l’intima natura delle persone che ci sono vicine, se non attraverso lo “smascheramento” messo in atto (spontaneamente o coercitivamente) da queste stesse: e ciò equivarrà a una “rinascita” del soggetto agli occhi di chi gli sta accanto.