BlackNight90 8 / 10 02/05/2011 00:26:44 » Rispondi "La schiavitù è un elemento del cuore umano" Ebbene, sembra proprio così, e la maggior parte delle persone neanche se ne accorge, ma quelle non interessano a Werner Herzog. A lui interessano quelli che per una loro incurabile e disgraziata necessità interiore i limiti li devono superare e stravolgere, ponendo le loro gesta come unità di misura nel bene e nel male per le future azioni degli altri. Manoel da Silva sa che la condizione umana è quella del suo lontano parente europeo Woyzeck, l'essere schiavo, lo dichiara esplicitamente verso la fine ma in cuor suo l'ha sempre saputo: il suo viaggio da un continente all'altro non fa parte di un percorso per raggiungere o conquistare qualcosa, ma è un inoltrarsi consapevole verso l'abisso. Kinski ruba la scena al suo personaggio, non credo si possa valutare la sua interpretazione secondo i normali standard: il suo Cobra Verde emana la sua ferocia repressa, è come un leone dalla criniera indomabile che vaga nella savana africana, re di un regno che non esiste se non nella fantasia, un Eldorado ricoperta di neve, è un uomo irreale in una dimensione sbagliata. Come Kinski. È uno dei film più antropologici di Herzog, anche perché uno dei suoi personaggi è la schiavitù stessa, che gli permette di mostrare vividamente i costumi e le voci quasi perdute di popoli oppressi, e di parlare di un esempio di uomo portato agli estremi dell'umanità, " il più povero tra i più poveri, il più solitario tra i solitari", come dice il cantastorie all'inizio, al principio della sua ballata, genere decisamente caro a Herzog, che altro non è che la storia di Cobra Verde. Egli ha tratti in comune coi precedenti grandi anti-eroi (definizione brutta che non dice tutto, ma non saprei come altro chiamarli) dei film del regista tedesco, ma non è simile a nessuno di loro: come Woyzeck è schiavo di un potere che lo usa per i suoi fini e che gli assegna un viaggio di morte; di Aguirre ha la megalomania e la follia e la volontà di superare ogni limite invisibile; come Fitzcarraldo deve trasportare la sua imbarcazione oltre un ostacolo ma a differenza sua, nel bellissimo finale, non riuscirà a spostarla di un centimetro. E' proprio quel finale a dare gran valore al film, che per quanto riguarda la regia sembra quasi raffazzonato, temporalmente sconnesso, ed evidenzia tutte le problematiche della realizzazione (dovute in buona parte a quel folle di Kinski). Si tratta di 5 minuti pieni di una poesia immensa, naturale e forse inconsapevole, nel senso che probabilmente la scena è un'improvvisazione venuta sul momento, è quindi pura ed è una delle sequenze più belle della filmografia di Herzog e forse di tutta la breve storia del cinema: non si sa cosa rappresenti quell'uomo deforme, può essere tutto il male e la sofferenza del mondo causato agli schiavi che si ripresenta, inevitabile e beffardo, a chiedere il conto; può essere la metà dell'anima di Cobra verde, quella tenuta sempre nascosta, che attende di ricongiungersi con l'altra prima di immergersi nell'infinito della pace; oppure può essere un semplice uomo deforme che guidato dal caso incontra un altro uomo deformato dalla sua volontà di potenza. Del resto il cinema di Herzog è così, è come un albero che ha radici nella realtà e i cui rami si districano fitti nella finzione: in quale altro film infatti si potrebbe trovare a recitare un vero re di una tribù africana (come mostrato nei titoli di testa)! No, decisamente anti-eroe non è una bella definizione, coloro che oltre che con la natura, col mondo e col caos devono combattere soprattutto con se stessi sono eroi, a loro modo.
Ciumi 02/05/2011 07:28:32 » Rispondi Per essere un bimbominkia che guarda solo robe di zombi scrivi davvero bene. Cioè, sono sorpreso..
BlackNight90 02/05/2011 22:36:33 » Rispondi La verità è che ti dà fastidio che veda film in cui c'è gente che cammina più velocemente di te. Eh lo so, senza bastone è dura.