caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

COBRA VERDE regia di Werner Herzog

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     7½ / 10  11/07/2008 23:23:56 » Rispondi
Questa è l’ultima volta che Kinski lavora per Herzog ed è anche l’ultima volta che sullo schermo cinematografico appare il tipico eroe/antieroe tipico di Herzog, ammirato e condannato allo stesso tempo, negativo perché l’umanità è negativa. Un personaggio del genere solo Kinski riusciva a rappresentarlo come si deve. Una volta morto lui (quasi subito dopo questo film), Herzog, giustamente, non ha più voluto far rivivere personaggi del genere.
Purtroppo ho avuto a disposizione un dvd difettoso e quindi non ho potuto vedere del tutto la prima parte del film, quella ambientata in Brasile. La spiegazione del personaggio protagonista è tutta nel prologo del film: si recita una specie di poesia dove si racconta di estrema misera, estrema povertà, nessuna speranza, niente amore, solo dolore e sopravvivenza amara. La mdp passa dal primissimo piano degli occhi di Kinski, al primo piano della sua espressione amara disillusa, con le labbra serrate e poi gli occhi chiusi, infine fa una carrallata in panoramica su di un paesaggio arido, semidesertico. In sottofondo la tipica musica metafisica, un po’ lugubre dei Popol Vuh. Basta questa semplice scena per spiegare tutto del carattere di Cobra Verde. Adesso sappiamo che è cinico, cattivo, duro perché costretto a essere dalla vita difficile, ma che dentro di sé è cosciente di essere un essere spregievole e che quello che fa è sbagliato, ma sa che la società umana non offre alternative. Questo è l’Uomo: cattivo, solo e disperato.
Le vicende del film servono a dimostrare che da qualsiasi parte (bianca o nera) non esiste giustizia, solidarietà, aiuto ma solo il potere del più forte sul più debole, lo sfruttamento totale senza pietà, il cinismo, la sete di dominio e di beni materiali. All'inizio si fa vedere la società schiavista bianca, con il ricchissimo possidente di piantagioni di canna da zucchero che usa i neri come animali, come oggetti da usare e buttare via. La condanna morale implicita è netta. Cobra Verde non è un idealista, lui cerca solo di sfogare i propri istinti di indipendenza, la voglia di sentirsi vivo con imprese anche folli, di affermare la propria personalità forte che si distingue dalla vile mediocrità degli altri. Per questo accetta di andare a commerciare schiavi in Africa.
Fra i neri funziona come con i bianchi. Un re con la sua cricca di stregoni e nobili guerrieri tiranneggia il popolo, uccide, conserva i crani, lucra sulla vendita di altri neri. Il re viene spodestato ma le cose non cambiano. Furbizia, inganno dominano i rapporti umani. Cobra Verde si “adegua” ma sente che questo sistema non può durare in eterno, l’umanità non si può abbrutire o autodistruggersi così. Sa che un giorno le cose cambieranno e infatti ad un certo punto la sua buona stella gli volta le spalle. La schiavitù è ormai abolita dappertutto, il suo ruolo ormai è inutile, è in pratica un uomo finito. Con la scena finale si torna un po’ al simbolismo della scena iniziale. Cobra Verde è inseguito da uno strano essere: un uomo sciancato che cammina su quattro zampe. La morte? La sua coscienza? Tutte le vittime del suo losco traffico che vogliono fargliela pagare? Cobra Verde cerca di fuggire disperato trascinando inultimente una barca in mare, poi si arrende e si lascia trasportare via dalle onde. Questa scena e quella iniziale sono le più belle del film.
Come al solito regia e fotografia impeccabili. Anche qui c’è tutto l’enorme talento di Herzog di creare dei film di prima categoria quasi dal niente, senza avere dietro i grandi produttori di Hollywood. Ha dovuto gestire migliaia di persone (fra cui tantissime donne) in un territorio sperduto nel Ghana. Infine Kinski che era ormai diventato ingovernabile. Ce l’ha fatta anche se con grande dispendio di energie interiori. Herzog deve avere capito che non era più in grado di gestire o ripetere progetti del genere (non era più tanto giovane) e infatti si sarebbe sempre più dedicato a documentari o reportage.