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WOYZECK regia di Werner Herzog

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ULTRAVIOLENCE78     8 / 10  17/10/2008 14:43:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La vicenda del cittadino di Lipsia Woyzeck diviene nelle mani di Werner Herzog, che riproduce fedelmente –ad eccezione di un paio di scene dell’epilogo- l’opera teatrale di Georg Buchner, un apologo sulla natura umana: sulle forze inesplicabili e incontrollabili che la governano, e che sono il riflesso della imprevedibile e inintelleggibile Natura esterna che ci circonda. Herzog mette in risalto il suo pensiero negli umilianti confronti che Woyzeck tiene con il capitano e con il medico, espressioni di un mondo di inutili e insulse regole ed etichette, il primo, della volontà velleitaria di razionalizzare qualsiasi cosa, il secondo. Ad essi Woyzeck ribatte con affermazioni di una semplicità disarmante (un po’ alla maniera di Kaspar Hauser), nelle quali emerge la coscienza di una umanità piegata dalla potenza della natura, in cui tutti, a prescindere dalle classificazioni sociali e da quel libero arbitrio che di fatto non è mai completamente attuabile, sono accomunati dall’essere subordinati ad ingovernabili istinti. L’atto stesso dell’assassinio, da parte di Woyzeck, della sua compagna infedele è rappresentato come un impulso indotto da una forza esterna e non dalla proprio intimo volere: egli è ossessionato da indecifrabili sussurri e voci che sente quando si trova in aperta campagna, e che diventano nitide quando, dopo la scoperta del tradimento, gli suggeriscono di uccidere Marie. In Herzog sono sempre gli “idioti” i portatori di quella sua tipica “weltanschauung” filosofica, che si incentra su un’idea che nega qualsiasi concezione antropocentrica per ridimensionare il soggetto e porlo come mero strumento di potenze misteriose, che agiscono e si manifestano incomprensibilmente. E l’insensatezza delle vicende umane traspare, così, anche dalle parole dell’ubriaco, che nel suo “vaniloquio” offre un immagine del mondo segnata inesorabilmente da un’umanità tesa alla distruzione e all’autodistrizione.
Herzog dirige con estrema sobrietà e linearità (la camera è spesso fissa), bandendo qualsiasi tipo di virtuosismo tecnico, ad eccezione di quello straordinario momento di cinema dell’omicidio al rallentatore, in cui si descrive in maniera struggente il passaggio di Kinski dall’accesso di rabbia alla disperazione ed allo sgomento per il misfatto perpetrato.