Ciumi 9 / 10 30/08/2010 11:47:21 » Rispondi "Questa è una grande metafora, non so di cosa, ma è una grande metafora".
E' una grande metafora: la nave che avanza su per il fiume suonando, dal grammofono posto sulla prua, la musica lirica alla natura sorda, alla foresta fosca, ai suoi uomini invisibili, ineducati; l'arte che boriosa annuncia il proprio arrivo; la nave che, come la fede può spostarla, sa scavalcare un'intera montagna.. Eppure un film di Herzog non riesce a restare contenuto entro una metafora, per grande che essa sia: straborda, c'è sempre molto di più; come paesaggi veri, rapide vere, uomini veri, un'impresa vera, una storia vera. Anzi il film non riesce a contenersi neppure tra i suoi limiti temporali: ciò che avviene oltre, sul set, dietro o davanti la telecamera non fa molta differenza, diviene il film esso stesso.
Fitzcarraldo non è forse il film più bello di Herzog, ma è probabilmente il più ambizioso e allo stesso tempo il più intimo, quello che più ci parla dell'autore, di un folle che si rappresenta (e non poteva essere altrimenti) attraverso il suo migliore, irrequieto nemico alter ego, Kinski, qui quanto mai acceso da una carica luminosa e da un'ingenua bramosia, sognante e incoraggiato da una sorridentissima Cardinale.
Se Fitzcarraldo vuole portare il teatro in mezzo alla giungla, Herzog porta il teatro in mezzo alla giungla. Se Fitzcarraldo vuole trainare una nave al di là di una montagna, Herzog traina una nave al di là di una montagna. Fa tutto questo davvero. Il film è anche uno dei meno pessimistici, d'altronde il regista ci sta parlando di sé.
Egli cerca nell'estremo, dove più la natura infittendosi si fa ostile, nell'estremo dell'azione e dei luoghi incolti, l'uomo, i popoli, se stesso - come per Flaherty il suo interesse è antropologico - e là trova, dove le foglie coprono altre foglie, dove più le acque si fanno brune, la maggiore sofferenza, e tra gli uomini i comportamenti non tra i più umili ma spesso tra i più meschini: eppure tende al sublime, al sogno, ed è di tale 'peccato' che infondo qui ci parla, questo documentarista amante ancora e nonostante tutto dello spettacolo dell'arte.
C'è del resto anche in questo film un vasto mistero, quasi mistico, la grande nebbia che avvolge la foresta, gli atteggiamenti indecifrabili dei selvaggi, il risalire le acque enigmatiche di un fiume. Certi momenti, quell'atmosfera d'incertezza e di attesa, ricordano molto il viaggio di Aguirre, ma la meta questa volta non è l'oro materiale di Eldorado. Addirittura si punta oltre: non a trovare un mito o un'illusione, bensì a edificarli.
Ci sono poi, accanto al realismo dell'azione e degli ambienti, altre metafore, diversi simboli, come nel bellissimo episodio del treno - immobile in una stazione fatiscente e curato dal suo fedele custode ancora in divisa - quale emblema di un vecchio sogno abbandonato, che non può proseguire né retrocedere, e i quali binari torneranno utili per la realizzazione del nuovo progetto più grandioso.
E dunque il finale, ch'è forse il più felice di tutti i finali di Herzog, dove si respirano, assieme, fallimento e vittoria: e in quel re assiso e soddisfatto sul niente della musica; e in quella orchestra che fluttua, così, sopra le acque non più furiose, volteggiando senza più una meta.
Kater 31/08/2010 23:15:05 » Rispondi " Con una decisione improvvisa Don Araujo afferra l'ultimo bicchiere, lo leva, rivolgendosi ad una piccola folla ammutolita: a Fitzcarraldo, all'EROE DELL'INUTILE! Prosit! Fitzcarraldo, con gelida calma, si avvicina fino a pochi centimetri dal viso di Don Araujo, che lo attende a piè fermo. parla con voce sommessa, tremante per lo sforzo di controllarsi: come è vero che sono qui, un giorno porterò la Grande Opera a Iquitos. Io sono l'Eccesso e il Soprannumero. Io sono l'Ultima Battaglia. Io sono i Miliardi. Io sono lo Spettacolo nella foresta vergine. Io sono l'Inventore del caucciù. Solo attraverso di me il caucciù diventa Verbo".
Direttamente dalla sceneggiatura, mio piccolo Eroe dell'Inutile, un'edizione Guanda dell'82. Riscritta con le mie manine in quest'era del copiaincolla giusto per omaggiare il tuo commento.
Uao, e io che ho copia-incollato a destra e a sinistra per ricavarne la fonte.. non pensavo che le tue manine quattrenni potessero arrivare a trascrivere così tante righe senza errori.. Grazie. Attraverso di te il cauciumi è diventato verbo.
Ma prego, il tuo commento merita questo sforzo. Guarda che le mie manine quattrenni sono abili in molte cose, anche se la loro predisposizione naturale è quella di polverizzare animalini di mare.
Beh ma quando s’immergono, subito dopo lo squalo tigre, le tue manine sono le presenze più temute da tutti gli animalini di mare del pianeta.. Però sono convinto anch’io che sappiano fare tante belle cosine, e se sono anche capaci di cucinare come si deve allora ti assumo come moglie a ore.
Mi scusi Egregio Dottore, chiaramente so cucinare ma lei dovrebbe sapere, come si evince dal curriculum, che non accetto lavori a tempo determinato e/o a progetto. Al massimo posso concederle un periodo di prova non superiore a 3 mesi dopo il quale, se non sussistono motivi di lamentela riguardo al mio operato, mi considererò moglie a tutti gli effetti e autorizzata ad attenderla con il mattarello dietro la porta ogni qualvolta lei si presenterà sbronzo sulla soglia.
Rimango a disposizione per eventuali dubbi o perplessità.
Beh le faremo sapere, intanto in allegato al curriculum potrebbe inviarci un assaggino (non ci metta dentro le barbabietole), giusto per avere un nuovo parametro da aggiungere al suo profilo. Noi comunque, dopo il periodo di prova di 3 mesi, l’assumeremmo come moglie a tempo indeterminato ma a part-time, naturalmente lei dovrà operare nei pressi delle ore dei pasti. E’ richiesta inoltre la disponibilità agli straordinari e alla turnazione per eventuali spaghettate di mezzanotte o cose così. Costituirà titolo preferenziale la conoscenza di strumenti per il lavaggio del vestiario e un’esperienza almeno quadriennale nell’utilizzo dello spazzolone e della scopa elettrica.