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FITZCARRALDO regia di Werner Herzog

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amterme63     8 / 10  25/05/2008 17:26:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questo film andrebbe visto due volte. La prima volta normalmente; la seconda seguendo l’extra del DVD, con il film raccontato e commentato da Herzog in persona. In questa maniera si rivela il significato del film. Si capisce che il vero protagonista non è il personaggio di Fitzcarraldo. Lui è semplicemente la maschera, la metafora dietro la quale si nasconde il regista stesso, con la propria concezione dell’arte e della vita, con i propri principi, le proprie idee a cui credere fino in fondo.
Il film è la dimostrazione che un uomo può e deve sognare, ma soprattutto ci deve credere ai propri sogni e dare tutto se stesso per realizzarli. Le difficoltà sono gigantesche, le imprese folli, eppure se ci si crede e ci si mette anima e corpo si può sconfiggere qualsiasi avversità, anche il destino, e portare a termine la propria impresa e stabilire così la forza dell’individuo su tutta la società umana e sulla natura stessa. Fitzcarraldo è uno dei pochi film di Herzog che finisce in maniera ottimistica, con una vittoria. Si tratta della vittoria dell’Arte, dell’impresa esemplare, che indipendentemente dal suo senso o dai suoi risvolti pratici, riesce a fare breccia nel senso comune grazie al fascino, alla magia, alla grande fascinazione che l’Arte e certi tipi di imprese “impossibili” riescono a promanare.
Fitzcarraldo rappresenta Herzog in quanto come lui ha la grande aspirazione di diffondere l’Arte, prendendola quasi come un imperativo categorico, qualcosa che sente come una missione, una sfida. Lo scopo di Fitzcarraldo/Herzog è quello di portare l’Arte dappertutto senza alcun secondo fine pratico, animato solo dalla certezza che l’Arte è l’unico mezzo possibile per comunicare l’essenza dell’esistenza e del mondo umano a tutta la gente di ogni nazione e di ogni razza (vedi la splendida scena del campanile, come pure la scena bellissima del grammofono che suona Caruso in mezzo alla foresta, riuscendo così ad “incantare” i feroci indigeni).
La prima e più grossa difficoltà da affrontare è lo scetticismo del mondo economico. La vera Arte è considerata da chi ha denaro come qualcosa di inutile e folle. Fitzcarraldo/Herzog è costretto a corteggiare gente che fa schifo, a subire umiliazioni pur di ottenere il denaro necessario alla realizzazione del proprio sogno. Qualcuno che condivide i sogni, che tifa per i sogni lo si riesce ancora a trovare, magari fra le persone meno perbene. Ecco il personaggio della tenutaria di bordello magnificamente interpretato da Claudia Cardinale. Come Fitzcarraldo, vive in un precario equilibrio fra idealismo e vita prosaica di necessari compromessi. Il suo fine ultimo non è però l’arricchimento fine a se stesso, anche lei crede a qualcosa di “superiore” dal punto di vista spirituale.
Con la convinzione, la tenacia, l’audacia e l’aiuto indispensabile di alcune persone salde (nel film il capitano olandese, l’indio della sala macchine, il cuoco – nella realtà il produttore fratello di Herzog e l’eroico cineoperatore Mauch) i sogni si REALIZZANO. Il film è una voluta testimonianza che si può fare l’impossibile se ci si crede veramente. La nave che viene trascinata sul pendio è stata VERAMENTE trascinata con mesi e mesi di lavoro. La nave che sbatte sulle rapide è una vera nave con gente a bordo che ha rischiato la vita per realizzare le riprese. Nessuno come Herzog ha creduto davvero nella sfida del cinema di testimoniare la realizzazione dal vero dell’impossibile, e Herzog ce l’ha fatta!
Preso com’è da questa folle impresa e inviluppato nell’identificazione con Fitzcarraldo, Herzog deroga qui ad alcune sue tipiche caratteristiche stilistiche. Ad esempio qui lo spettatore è portato a identificarsi pienamente con Fitzcarraldo, non c’è distacco dal protagonista come nei film precedenti. Poi si utilizza la convenzione di concentrare la storia su 3-4 personaggi, trascurando il resto. Si arriva quindi al “punto debole” del film: la questione degli indios. Infatti nel film non si riesce a rappresentare pienamente questa presenza indispensabile. Il loro contributo alla realizzazione del sogno è essenziale, eppure non si riesce bene a spiegare perché lo fanno, perché ogni tanto esitano e poi ci ripensano. La loro presenza è molto statica e quasi simbolica, mai approfondita. Certo, alla fine hanno la meglio su Fitzcarraldo, piegando la sua impresa ai loro fini, ma poi spariscono dalla storia; diventano funzionali al protagonista e basta, rimangono sullo sfondo.
Anche nella realtà ci furono difficoltà. Durante la realizzazione del film si sparsero voci in Europa che Herzog obbligava gli indios a lavorare per questa sua “inutile” impresa con l’aiuto dei militari, sottoponendo gli indios a turni massacranti e facendo rischiare loro la vita. Herzog venne dipinto come uno schiavista sfruttatore e addirittura il luogo delle riprese subì un attentato incendiario. Lui ha sempre affermato che pagava gli indios più di quello che veniva dato loro dalle compagnie petrolifere, che non c’entrava nulla con i militari, che nessuno ci ha mai rimesso la vita e che tutti venivano trattati bene e curati. Del resto senza il contributo degli indios il suo sogno sarebbe rimasto comunque sogno.
Sull’eroicità dell’impresa non ci piove, anche se i meriti andrebbero distribuiti in maniera collettiva. Fitzcarraldo/Herzog è un superuomo “positivo” perché animato da “nobili” intenzioni. Il tutto sta però nel concetto di “nobile”, perché gli stessi mezzi e gli stessi “sogni folli” sono stati usati anche da gente senza scrupoli, da sfruttatori e da squali che si sono arricchiti enormemente, lasciando il resto della popolazione nell’indigenza. Siamo sempre lì: il fine giustifica i mezzi? Per questo film, secondo me, sì.