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IL CORRIDOIO DELLA PAURA regia di Samuel Fuller

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Alpagueur     8 / 10  01/11/2020 18:19:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Johnny Barrett, un giornalista americano determinato a fare luce a tutti i costi su uno strano e poco chiaro omicidio, per poter vincere il premio Pulitzer, si fa internare nell'ospedale psichiatrico in cui è avvenuto. Questo grazie all'aiuto della sua ragazza Cathy (una spogliarellista, che fingendosi la sorella chiede aiuto alla polizia e lo denuncia per molestia) e del dottor Fong (che lo aiuta nella preparazione psicologica, in modo da rendere la sua simulazione attendibile davanti ai medici). Mentre è lì dentro, dovrà però lottare per mantenere la sua salute mentale...La denuncia e l'omicidio sono in realtà dei MacGuffin (espedienti narrativi per fornire dinamicità a una trama). Il più grande 'difetto' dell'opera è che questi MacGuffin sono rimasti così intatti (Barrett credeva davvero che tutto ciò che poteva dimostrare intervistando i pazienti malati mentali dell'ospedale avrebbe potuto resistere come prova in tribunale?), che fanno risaltare un po' troppo la parte allegorica del film. Per fortuna l'allegoria è potente e ben fatta. Sorprendentemente, queste importanti critiche alla società americana, espresse in monologhi da tre ottimi interpreti, esistono in questo film, girato nel 1963. La tensione della generazione del secondo dopoguerra si stava un po' indebolendo in quel momento, ma il tipo di cose che sono espresse qui, esponendo la paranoia, il bigottismo e la belligeranza delle masse americane, è audace. Suppongo che fosse permesso perché questo era ovviamente pensato per essere un film di serie B di sfruttamento ed interessare quindi solo a un pubblico ristretto. 'Shock Corridor' è molto famoso per il suo stile e questa fama è molto meritata. L'illuminazione dura è stupenda, così come tutta la cinematografia, in generale. Anche il montaggio discontinuo, probabilmente influenzato dalla new wave francese (la nouvelle vague), un movimento cinematografico d'arte francese emerso alla fine degli anni '50 (caratterizzato dal rifiuto delle convenzioni cinematografiche tradizionali a favore della sperimentazione e di uno spirito di iconoclastia), che si stava svolgendo all'epoca, è piuttosto buono. La recitazione è adeguata. Certamente il cast non è di prima qualità e i protagonisti sono facilmente dimenticabili. Tuttavia, alcuni dei detenuti danno buone performance. Hari Rhodes, nei panni di Trent, è probabilmente il più memorabile. Interpreta il primo studente nero in un'università del Sud (non quella storica, ma un composito di fantasia). Era impazzito a causa del bigottismo che lo circondava, e ora pensava di essere un gran drago del Ku Klux Klan (e pensa anche di averlo inventato lui). Il film rientra in quel genere da ospedale psichiatrico in cui si assegnano problemi stravaganti a tutti i detenuti. Non conosco nessun film precedente sugli ospedali psichiatrici, quindi forse questo ha stabilito quella tendenza. La sceneggiatura e la regia di Fuller sono superbe con tutti gli stili giusti per creare momenti sia inquietanti che avvincenti, ne viene fuori un dramma psicologico che tiene sulla corda lo spettatore dal primo all'ultimo minuto, così brillante che consiglierei sicuramente. Per me sicuramente il miglior film di Samuel Fuller assieme al celebre "Il grande uno rosso". Molto, molto bello.