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FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANA regia di Bennett Miller

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Rollo Tommasi     8 / 10  23/08/2015 10:13:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vagamente spoileroso.

Recensione introspettiva.
Le Madri conoscono ogni intimo recesso dei propri figli e non accettano le loro fragilità: lo sguardo severo, a tratti sprezzante, della signora Du Pont che osserva le gesta del viziato figlio John, è più doloroso ed ingombrante di una sconfitta.
La scena topica del film, che racchiude il germe del Male, è quella dove John Du Pont si cimenta nell'insegnamento della lotta davanti alla madre - disciplina sportiva "minore" che secondo l'anziana donna non nobiliterebbe a sufficienza lo Spirito americano - e riceve da lei solo una condanna impietosa: la madre si allontana indispettita dalla palestra, intuendo forse, tra le righe di quella patetica esibizione, un'omosessualità latente del figlio. Poco prima, però, lo stesso Du Pont racconta al pupillo Schultz che il suo unico amico di infanzia, il figlio dell'autista di famiglia, era stato pagato dalla madre per stargli accanto: un "contratto di amicizia" assurdo e perverso che condizionerà per sempre la vita del bizzarro John e contaminerà di malsana possessione le sue relazioni con il prossimo ("controllo", ci rivela con naturalezza il documentarista fidato dei Du Pont, è una delle parole preferite dal milionario, assieme a "filantropo" e "mentore", titoli sociali che John si auto-riconosce per la propria incapacità, congenita ma anche favorita dal regime educativo della madre, di relazionarsi con gli altri uomini).
Foxcatcher è un film di lotta, ma non nel senso olimpionico del termine. Narra della lotta per l'autoaffermazione, la ricerca dell'Oro che si perpetua dai pionieri fino agli atleti che ambiscono alla medaglia più pregiata, in quella competizione per elevarsi ed Esistere che da sempre è un mantra della calvinistica società americana ed un anelito di ciascun individuo: non a caso, il sottotitolo della pellicola di Bennett Miller è "Una Storia Americana". Foxcacther è anche un'escavazione in se stessi, un percorso spirituale, una lenta, inesorabile liberazione dai vincoli.
Altra scena sensibile del film è, infatti, la liberazione dei cavalli dopo la morte della signora Du Pont: John si scatena finalmente dal giogo materno liberando nelle praterie la mandria di puledri del suo maneggio.
Dal punto di vista psicologico, un riflesso edipico si coglie anche nell'assassinio di David Schultz: Du Pont, nella propria distorta percezione della realtà, rivede nel maggiore dei fratelli un alter ego della madre, che egli credeva ormai sepolta, e, ritenendolo il principale responsabile del fallimento sportivo del più giovane allievo, decide di eliminarlo freddandolo sulla neve come se fosse uno spietato killer.
La freddezza è insieme il punto di forza e di debolezza del film: è la forza per il significato che vuole emanare, quello di un mosaico di rapporti umani "in formalina", necessariamente asettici e distaccati perchè così è stata l'educazione e la crescita del rampollo Du Pont; debolezza perchè freddo è anche il montaggio, la fotografia, la colonna sonora quasi soporifera, claustrale, e che finisce per sottrarre emozioni al prodotto.
In sostanza, di Foxcatcher rimangono tracce di un profondo messaggio: una commedia umana tormentata e "romantica", in cui i sentimenti più impetuosi e passionali prendono il sopravvento sulla Ragione.
L'effetto è, però, che NON si emoziona anche se il film è radicato nelle più ferine ed ancestrali emozioni umane.