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FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANA regia di Bennett Miller

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-Uskebasi-     8½ / 10  29/03/2015 23:47:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
COMMENTO SPOILEROSO

A mio parere non sarebbe stato uno scandalo se, in una edizione poco attendibile come l'ultima, Foxcatcher avesse vinto l'oscar; il vero scandalo, casomai, è quello della mancata presenza nelle candidature di un altro film, "Ma questa è un'altra storia..." come dice il sommo Buffa.
Qua si parla di un film lento e freddo, inaspettato nella forma e nel contenuto, e accompagnato da musiche che non spettacolarizzano nulla, una colonna sonora essenziale e delicata, di quelle che fanno impazzire il sottoscritto.
Non è una storia di sport, attraverso esso si racconta una parentesi di vita di 3 uomini, dei fratelli Schultz, Mark e Dave, campioni del mondo di lotta libera, e sopratutto del miliardario John du Pont, un ornitologo filatelico filantropo, ornitologo filatelico filantropo, ornitologo filatelico filantropo...
Mi soffermo su quest'ultimo lasciando perdere i fratelli perfettamente interpretati da Ruffalo e Tatum, perché è appena marzo e credo di aver già visto il personaggio dell'anno.
John du Pont, un uomo che ha tutto ma che forse non ha mai avuto niente. Un megalomane per esigenza, un mentore autoproclamato. Uno che vuole apparire come un vecchio saggio agli occhi di tutti, mentre è sempre un bambino a quelli della madre. John du Pont, un uomo solo.
Io ho provato una fortissima compassione per lui. La sua silenziosa lotta quotidiana per dimostrare alla madre di essere qualcuno e di poter fare grandi cose, l'ho trovata straziante, così come il suo sogno di credere che la rinascita dell'amata America, e dei suoi valori più alti, possa sbocciare da un ring di lotta libera.
Ci sono tante grandi scene che delineano la personalità di John. L'acquisto di un M113 non aprezzato perché sprovvisto di mitragliatrice; il colpo di pistola in palestra per ricordare quanti giorni mancano a Seul; la goffa corsetta ripresa dalle telecamere per il documentario; la felicità nella sera dei festeggiamenti, atterrando giocosamente gli atleti; il trofeo vinto in un torneo truccato, mostrato con fierezza a mamma che invece diverge sull'argomento "trenino"; il pietoso esibirsi come coach sotto il suo sguardo, insegnando a professionisti; la liberazione dei cavalli, del loro peso, del loro significato, passione da lui odiata, ma amata dalla appena defunta madre.
Tutto questo è John du Pont. Un uomo che in vita ha avuto un solo amico, tale perché pagato per recitare questo ruolo. Per quanto sia negativa la sua figura, io l'ho amato come pochi altri prima. Perché?
Sono arrivato al nodo della questione, e la domanda giusta è: Che dire di chi ha interpretato questo personaggio? Che dire di Steve Carell?
Lo stesso Carell delle stupidaggini, lo stesso di quella "commedia" bellissima penalizzata da un titolo ripugnante, lo stesso che, nonostante non abbia mai partecipato a film impegnati, ho saputo riconoscere come grandissimo attore. Prova dopo prova. Conferma dopo conferma.
Eccolo in quello che potrebbe essere il ruolo della svolta. Qualcuno ha creduto in lui e qualcun altro dovrà farlo in futuro, se ha un minimo di onestà e senso del cinema, perché Carell ha trasformato l'opportunità concessagli in un privilegio per tutti. Ha ribaltato il dubbio in certezza. E' stato semplicemente mostruoso dietro l'incredibile lavoro dei truccatori.
E fosse anche solo questa occasione, se il suo John du Pont rimanesse come unica testimonianza, un isolato sprazzo di serietà in un mare di cazzàte, io comunque grido "FINALMENTE!"
Finalmente Steve.