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FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANA regia di Bennett Miller

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Invia una mail all'autore del commento ilSimo81     6½ / 10  06/02/2015 17:42:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mark Schultz ha tutti i numeri per arrivare a rappresentare gli Stati Uniti alle Olimpiadi, visto il naturale talento nella disciplina della lotta libera. Questa prospettiva viene caldeggiata, con vigore e denaro, dal miliardario John Du Pont, fanatico patriota che si atteggia a mentore sportivo. Ma la sua assillante figura, e i suoi disturbi mentali, andranno progressivamente ad influire drammaticamente sul sincero e profondo legame tra Mark e il fratello e allenatore David.

Dopo gli ottimi frutti e la pioggia di riconoscimenti ottenuti col biografico "Truman Capote - A sangue freddo" (2005) e con lo sportivo "Moneyball - L'arte di vincere" (2011), Miller prova a mantenersi a livelli importanti con questo "Foxcatcher", che unisce i due generi già esperiti dal regista. La pellicola mette su schermo l'autobiografia di Mark Schultz, che a distanza di anni narra il sodalizio dei fratelli Schultz con il miliardario John Du Pont, sodalizio che li porterà sul tetto del mondo nella disciplina della lotta libera, prima di naufragare in un mare di risvolti drammatici.
"Foxcatcher" è un film cupo, le cui tinte oscure in dominanza di grigi ed ombre riflettono più i sacrifici che gli onori di una disciplina tanto dura. Balenano lampi di luce nell'abbondante esaltazione patriottica degli Stati Uniti, con cenni alla storia gloriosa e all'orgoglio sportivo.
Pur in questa generale penombra, su uno sfondo di location azzeccate ed esaltate dalla fotografia, brillano le ottime interpretazioni dei tre protagonisti. Uno strepitoso Steve Carell, nei panni di Du Pont, per la prima volta riveste un intenso ruolo drammatico (anche se in realtà c'è un precedente, ma assolutamente mediocre, in "Cercasi amore per la fine del mondo") e lo fa in modo superlativo: merito anche di un trucco capace di renderlo irriconoscibile, che meriterebbe l'Oscar di categoria. Menzione d'onore anche per Mark Ruffalo, e finalmente pure per Channing Tatum, forse nel film più importante della sua lunga, ma in gran parte trascurabile, filmografia.

Nonostante l'intensità emotiva che efficacemente trasmette, "Foxcatcher" a tratti manca un po' di mordente. La scelta (ahimè così diffusa nel cinema contemporaneo) di una durata superiore alle due ore finisce per diluire i tempi e le emozioni di un film, come già detto, pesante fin dall'impatto visivo.
Merita una visione, ma non più d'una.