Funeralopolis 10 / 10 14/02/2006 17:36:15 » Rispondi Qualcuno volò sul nido del cuculo è un capolavoro, e, come ogni capolavoro, ha un significato da leggere tra le righe, un significato che trascende la mera fattualità della fabula. È infatti chiaramente l'allegoria della vita. Fortemente antidogmatico, il film presenta la figura di McMurphy, galeotto ribelle e beffardo (interpretato da un sublime Nicholson), che, quale novello Zarathustra, insegna ai pazienti di un manicomio il Superuomo (nel senso che davvero Nietzsche intendeva), ossia colui che, libero dalle costrizioni e dai pesi che portava su di sé il Cammello (cioè l'uomo religioso e rispettoso delle regole), giovandosi dell'azione del Leone (l'uomo conscio del proprio essere, non più rinunciatario, che impone l' "io voglio" sul "tu devi"), è finalmente Fanciullo, libero di creare, in una parola VIVO. I pazienti stessi del manicomio, invece, vivono la loro diversità (ciò che più minaccia il dogma e la conservazione sociale, perché fonte del cambiamento) come una devianza da correggere, avallando così lo status quo. E non solo: sono essi stessi a voler essere "normalizzati", entrando nel manicomio da "volontari", diventando così, da vittime, a carnefici di sé stessi. Ed è qui che McMurphy interviene, mostrando il loro errore, rendendoli consci della mestizia della loro condizione di prigionieri per il solo fatto di essere diversi.
La sua "catechesi" e il suo sacrificio finale, però, non sortiscono del tutto gli effetti sperati: il fragile Billy, minacciato dall'insensibile capoinfermiera (che rappresenta il potere dispotico e conservatore del sistema), si suicida. Tuttavia una speranza c'è, ed è tutta nel "Grande Capo", l'indiano finto sordo muto, ch'era diventato amico di "Mc", che sparisce all'orizzonte dopo aver sfondato la finestra della casa di cura. È lui l'avanguardia di un nuovo tipo d'uomo, colui che ha assimilati, fatti suoi gli "insegnamenti" del ribelle R.P McMurphy.