strange_river 9½ / 10 07/05/2011 17:28:51 » Rispondi All'interno di un documentario sulla Prima Guerra mondiale mi capitò di vedere una scena assurda girata durante un attacco durante il quale alcuni soldati sul greto di un fiume, credo l'Isonzo, dovevano lanciarsi a piedi verso le postazioni nemiche. Veniva dato l'ordine dal comandante, alcuni soldati prendevano a correre per conquistare la trincea nemica e finivano sotto i colpi della mitragliatrice. Di nuovo veniva impartito l'ordine, altri si ributtavano fuori e di nuovo cadevano mitragliati. E avanti così. Uomini la cui vita vale meno di quella dello scarafaggio a cui basta una manata sul tavolo per finire schiacciato
Una cosa stupìda, idìota, una pura follia. Eppure quella logica folle sembra incrollabile. Molte sono le scene già qui citate per maestria tecnica e resa visiva, ma il momento alto sta in quel processo-farsa che quanto più rende evidente l'assurdità della macchina militare e la sua logica perversa, tanto più soccombe alla necessità di autoconservazione propria di quegli stessi apparati. Grande, grande film. E che mostro di genio è stato quel Kubrick.
Ciumi 08/05/2011 21:19:06 » Rispondi Teodolinda, hai scritto un sacco di righe e non mi hai combinato nemmeno un pasticcio? Sorprendente!
Mi tengo a quest’albero mutilato Abbandonato in questa dolina Che ha il languore Di un circo Prima o dopo lo spettacolo E guardo Il passaggio quieto Delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso In un’urna d’acqua E come una reliquia Ho riposato
L’Isonzo scorrendo Mi levigava Come un suo sasso Ho tirato su Le mie quattro ossa E me ne sono andato Come un acrobata Sull’acqua
Mi sono accoccolato Vicino ai miei panni Sudici di guerra E come un beduino Mi sono chinato a ricevere Il sole
Questo è l’Isonzo E qui meglio Mi sono riconosciuto Una docile fibra Dell’universo
Il mio supplizio È quando Non mi credo In armonia
Ma quelle occulte Mani Che m’intridono Mi regalano La rara Felicità
Ho ripassato Le epoche Della mia vita
Questi sono I miei fiumi
Questo è il Serchio Al quale hanno attinto Duemil’anni forse Di gente mia campagnola E mio padre e mia madre.
Questo è il Nilo Che mi ha visto Nascere e crescere E ardere d’inconsapevolezza Nelle distese pianure
Questa è la Senna E in quel suo torbido Mi sono rimescolato E mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi Contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia Che in ognuno Mi traspare Ora ch’è notte Che la mia vita mi pare Una corolla Di tenebre
strange_river 10/05/2011 13:34:59 » Rispondi Aristide caro, tu abbi pazienza e aspettami al varco: vedrai che presto o tardi mi sfuggirà un altro svarione.
Grazie. Per quanto accadimenti lontani nel tempo, quei luoghi a me vicini geograficamente conservano ancora tutto il senso della tragedia che si è là consumata.