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ORIZZONTI DI GLORIA regia di Stanley Kubrick

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amterme63     9½ / 10  23/12/2007 18:48:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono rimasto a bocca aperta dall’estrema chiarezza e efficacia nella rappresentazione dell’idea base del film, cioè l’inutilità dell’eroismo. Kubrick ha saputo usare alla perfezione i mezzi che il cinema americano classico aveva allora a disposizione: esposizione lineare e conseguente, sintesi e stringatezza nei dialoghi, personaggi in evidenza. Di suo ci mette però l’uso funzionale pieno dei mezzi tecnici per esprimere al meglio il significato della storia.
La cinepresa non riprende mai le scene in maniera casuale: Kirk Douglas ad esempio viene quasi sempre ripreso dal basso verso l’alto per dare grandezza al suo personaggio; il suo rivale avvocato al processo viene ripreso invece in campo lungo che si muove dietro le sagome nere dei giudici come per rivelare il suo seguire direttive imposte dall’alto. Splendida la scena in cui la cinepresa segue il movimento di Douglas nelle trincee, con i soldati ai lati, le bombe che scoppiano e il fumo che avvolge tutto: prima la mdp va in carrellata all’indietro dando l’idea del movimento, poi va in carrellata in avanti identificandosi nel personaggio che cammina. Così entriamo emozionalmente nella scena, è come se fossimo lì. Poi c’è il contrasto delle scenografie: ricche e sfarzose quelle degli alti ufficiali, squallide e buie quelle dei soldati; il giudizio morale diventa molto netto solo guardando l’ambiente in cui si svolgono le scene. La luce ha la funzione di chiarificare, di rivelare le vere intenzioni, di “gettare luce” sull’animo delle persone; per questo ha un ruolo importantissimo in tante scene. Di particolari di questo genere ce ne sono moltissimi, giusto per dimostrare la pignoleria e l’estrema cura di Kubrick nel creare la propria opera d’arte.
Non si tratta però di arte per l’arte. Fin dalle prime battute si entra nello spirito che regola le guerre, cioè la gerarchia, l’autoritarismo, la retorica. Allo stesso tempo si fa scoprire che sotto sotto l’interesse che muove le alte sfere è il mero opportunismo, il premio, la fama; questo a spese di qualsiasi altra considerazione umanitaria, arrivando fino al disprezzo del singolo soldato, considerato alla stregua di animale istintuale, carne da macello o mera percentuale. Di fronte alle considerazioni astratte degli ufficiali, il film ci fa vedere invece la realtà antiretorica di povera gente abbrutita, distrutta nel fisico e nella psiche, rassegnata a morire o che cerca umanamente di sopravvivere. Il contrasto fra queste due visioni (quella formalistica del dovere, del patriottismo e dell’eroismo e quella universalistica e umanitaria del rispetto della vita del singolo e del suo istinto di conservazione) è esplicato chiaramente nella scena del processo davanti alla corte marziale. Si fa capire chiaramente che la prima posizione è meramente strumentale e fine a se stessa. Che utilità può avere l’eroismo quando non c’è più alcuna speranza di riuscita? Le vere persone deboli sono i generali, i quali non vogliono ammettere il fallimento e la follia del loro comportamento. Anche i poveri soldati che devono morire non si vergognano a mostrare la loro debolezza e paura, ma alla fine proprio la loro umanità risalta su tutto e gli riscatta moralmente. Gli eroi non esistono o sono inutili. L’ultima scena mostra come i soldati non sono solo marionette influenzabili, ma soprattutto esseri in ultima istanza sensibili e umani e che non provano odio a priori verso nessuno.
Il film arriva a una condanna netta di un certo modo di comportarsi in guerra, dei valori e delle forme che ci stanno dietro. Implicitamente è una condanna della guerra in sé, ma non arriva apertamente a questa posizione. Il film finisce con un nuovo richiamo alle armi e il colonnello Douglas e i soldati sanno che continueranno ad ubbidire. E’ nella figura del colonnello che si scoprono alcune contraddizioni del film. Intanto la sua figura è quella tipica dei film classici americani, in cui c’è un singolo portatore delle idee “giuste” che, anche se sconfitto, rimane il vincitore morale e quindi la sua figura è un po’ una concessione alla tradizione filmica. Tra l’altro non è neanche esente dal richiamo del grado, visto che all’inizio ha dato l’assenso alla folle impresa. A un certo punto si risveglia in lui la coscienza etica che lo porta a un’accusa bruciante di sadismo e megalomania verso il generale Menjou, ma anche così non trae le dovute conseguenze del suo idealismo e continua a subire qualcosa di francamente illogico. Evidentemente Kubrick non poteva ancora esprimere appieno tutto il radicalismo delle proprie convinzioni etiche.
jack_torrence  22/11/2010 15:39:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grandissimo commento Luca.
Ho apprezzato in particolar modo la maniera con cui svisceri quelle che definisci le contraddizioni del personaggio di Kirk Douglas, e la spiegazione che adduci.
amterme63  22/11/2010 19:29:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie mille, Stefano. Mi fa tantissimo piacere avere i complimenti da una persona come te.