Dom Cobb 10 / 10 22/11/2018 16:38:37 » Rispondi Francia, Prima Guerra Mondiale: un generale decide di lanciare un attacco contro un'imprendibile postazione nemica, al solo scopo di ottenere una promozione, e ignorando le proteste degli ufficiali subordinati. Quando, prevedibilmente, l'attacco fallisce, il generale decide di far giustiziare tre soldati scelti a caso come esempio. Il colonnello Dax decide di assumere la difesa dei condannati nell'estremo tentativo di salvarli dal loro destino ineluttabile... Stanley Kubrick è uno di quei nomi che si è impresso a forza nella storia della cinematografia e nella cultura popolare della seconda metà del ventunesimo secolo; grazie ai suoi distinti marchi di fabbrica a livello tecnico e registico, ha lasciato un solco che ancora oggi influenza la visione di neofiti, mestieranti e spettatori di ogni genere o età. Da parte mia, mi considero uno di quei pochi che lo stile di Kubrick non ha mai fatto impazzire, e paradossalmente è proprio per questo che considero i suoi primi anni da regista, prima degli eccessi di tecnica, prima delle atmosfere stranianti dei film successivi, i più riusciti. E questo film in particolare ne rappresenta la punta di diamante. Se già con il precedente "Rapina a mano armata" Kubrick si era fatto notare rendendo unica una trama più elementare possibile con il montaggio serrato e lo storytelling non cronologico, qui si respira più un'aria da cinema classico di quegli anni; un apparente passo indietro che però è un mezzo necessario per dare spazio alla storia, ai personaggi e ai temi attualissimi che vengono portati in scena. Inoltre, il passato da fotografo di Kubrick e la sua conseguente cura maniacale per i dettagli si fanno già notare in maniera prominente, in particolare nell'uso delle lussuose scenografie degli interni,
Il più importante e memorabile elemento è la sala dove si svolge il processo, con il pavimento ornato a scacchiera.
e la fotografia, cruda e ricca di contrasti, ha comunque modo di concedersi un paio di notevoli virtuosismi qua e là, soprattutto nella tendenza di seguire un singolo personaggio attraverso le claustrofobiche trincee o vasti gruppi di comparse lungo il campo di battaglia, il tutto in una maniera che già sembra anticipare i pionieristici utilizzi della steadycam.
Meraviglioso, in tal senso, il piano sequenza dell'attacco contro il Formicaio, una ripresa ininterrotta di quasi due minuti che tra l'altro il nostro Monicelli sembra omaggiare nel suo "La Grande Guerra".
Incredibile inoltre si rivela la regia di Kubrick, dalla mano ferrea e spietata nel mostrare i voluti contrasti fra la vita raffinata dei generali e le alte sfere nei loro isolati castelli e palazzi, dove si prediligono la telecamera fissa e un montaggio quieto e misurato, e quella sporca, spaventosa e inumana dei soldati in trincea, dove lo stile a tratti si fa quasi documentaristico a dispetto dei virtuosismi. Tutto bello e buono, ma se i lati positivi si limitassero a questo, non ci sarebbe molto a differenziare questo da altri film di guerra simili usciti in quegli anni; e invece la carta vincente è proprio la spietatezza, la crudeltà, la maniera diretta e senza compromessi con cui viene messa in scena l'umanità al suo peggio, strappata di qualsiasi dignità o aspetto positivo. L'ipocrisia dei generali, pur capaci di comprendere l'impossibilità delle loro ambizioni ma nonostante tutto disposti a scaricare la colpa sui loro impotenti sottoposti per un fallimento che in realtà è soltanto loro, tanto più per poi uscirne vincitori, rappresentato poi in maniera lucida e priva di moralismi forzati, è un acuto grido di protesta contro l'arroganza insita nella natura umana e l'assurda ingiustizia insita nella sua società, entrambe cose che siamo incapaci di scrollarci di dosso, soprattutto in circostanze estreme come quelle della guerra. Kirk Douglas ufficiale onesto e integerrimo da una parte, l'accoppiata Adolphe Menjou/George Macready dall'altra, incarnano perfettamente i due poli opposti che si scontrano nel corso della vicenda, e il finale, ineluttabile e tragico, vero pugno nello stomaco, è un chiaro indice della pessimistica opinione di Kubrick riguardo a quale dei due è il vero vincitore.
Un doppio pugno nello stomaco, a ben pensarci, se consideriamo oltre alla scena dell'esecuzione anche quella della ragazza tedesca che commuove i soldati con il suo canto.
Potrà suonare strano, ma parlando come uno a cui non fanno impazzire né Kubrick, né tanto meno i film di guerra in generale, il miglior complimento che possa fare a questo film è che non sembra neppure diretto da Kubrick, visto l'impatto emotivo che la vicenda lascia addosso, e che riesce a trascendere i limiti del proprio genere, diventando un'autentica parabola sul lato peggiore e più abietto dell'essere umano. Un film indimenticabile, che non dovrebbe mai essere dimenticato.