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SLIDING DOORS regia di Peter Howitt

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kafka62     6½ / 10  27/04/2018 10:17:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Le ossessioni borgesiane dei giardini coi sentieri che si biforcano hanno influenzato notevolmente il cinema europeo degli ultimi decenni, da Kieslowski (che delle vite parallele di "Destino cieco" e de "La doppia vita di Veronica" ha fatto un personalissimo motivo di riflessione intorno al caso e alla necessità) a Resnais (le ramificazioni narrative e gli ou bien di "Smoking / No smoking") e ora al quasi sconosciuto Howitt. "Sliding doors" parte da uno spunto analogo a quello del "Destino cieco" kieslowskiano: cosa succederebbe se, anziché prendere la metropolitana (lì era il treno), la protagonista per una fortuita coincidenza (qui una bambina, là un ubriaco) la perde per un soffio? La particolarità del film di Howitt sta nel fatto che, a differenza dei film precedenti, le due storie non vengono raccontate separatamente, ma si mescolano e si incrociano in continuazione, con sovrapposizioni narrative (nel bar Helen si reca sia da sola per ubriacarsi dopo la scoperta del tradimento, e qui incontra per la seconda volta James – storia A – sia, ignara di tutto, in compagnia del fidanzato Gerry, sfiorando James che ancora non conosce – storia B -) che danno le vertigini. Se la Paltrow a un certo punto del film non cambiasse, molto opportunamente, taglio di capelli, rendendo visivamente palese la diversità delle due Helen, credo che il pubblico faticherebbe a districarsi in mezzo a tutta la serie di equivoci e coincidenze similari (il Gerry che cerca di convincere Helen che non sta più con l'amante può facilmente essere confuso con il Gerry che cerca di nascondere a Helen l'esistenza della stessa) che caratterizzano le due storie.
Benché queste vicende parallele non la costringano a cambiare in modo sostanziale lo stile di recitazione, Gwyneth Paltrow finisce ugualmente per monopolizzare "Sliding doors" con la sua algida simpatia e con la sua eleganza un po' androgina. Per il resto, il film risulta chiaramente imparentato con il filone della commedia anglo-americana degli anni '90, quello dei Billy Crystal, delle Meg Ryan e degli Hugh Grant, con tutta la sfilza di cliché che ne deriva. Ben lontano dalle inquietudini pseudo-metafisiche di Kieslowski, "Sliding doors" è una pellicola gradevole, che smussa le dissonanze, attenua i contrasti e fila veloce verso un ovvio happy end (reso solo appena più amaro dalla duplice perdita del bambino) in cui la riunificazione all'insegna dell'amore dei due destini temporaneamente divergenti fa da ottimistico contraltare all'analoga conclusione, in chiave però nettamente più pessimista, di "Destino cieco". E' inutile tuttavia attardarsi in simili considerazioni e confronti, che esulano del resto dalle intenzioni e dagli obiettivi di ogni film hollywoodiano medio. E' molto meglio invece godersi lo splendido meccanismo di precisione, in cui tempi, ritmi e battute funzionano a meraviglia, che è la sceneggiatura di questo inatteso e duraturo successo della stagione appena trascorsa.