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BIRDMAN regia di Alejandro Gonzalez Inarritu

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7½ / 10  11/11/2015 12:48:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Da supereroe piumato nei panni di Birdman ad attore caduto nel dimenticatoio ( e la presenza del bravo Michael Keaton col suo Batman non è certo un caso). Riggan Thompson si è reinventato factotum teatrale, la nevrosi lo divora, ultimare al meglio l' imminente messa in scena ricavata da un dramma firmato da Raymond Carver è impellente, allo stesso tempo ad angosciarlo non è solo la paura della "prima", bensì il ricordo di un mondo che dopo averlo masticato per benino lo ha sputato senza troppi rimorsi. Un mondo nel quale potrebbe rientrare, se solo accettasse di nuovo quel ruolo che oltre a renderlo universalmente famoso lo ha costretto ad una gabbia interpretativa dalla quale non pare possibile uscire. Tra tocchi surreali, e una comicità dolente esaltata da dialoghi sempre taglienti, un (fasullo) pianosequenza di due ore porta a vivere lo spettatore i febbrili preparativi del debutto sul palco, mentre una trafila di personaggi esagitati quanto il protagonista ruota attorno ad esso.
Riggan vive nel dubbio tra cinema commerciale e l'opera destinata solo ad una piccola fetta di intenditori, allo stesso modo affronta i suoi rapporti in eterno conflitto tra sentimenti d'amore e repulsione con chiunque gli bazzichi intorno. L'irrisolto rapporto con la figlia, quello pungente col manager, il contrasto emotivo per ex moglie e nuova compagna ed infine gli attriti (anche maneschi) con il nuovo attore, tratteggiano un ego in continuo subbuglio, a cui l'affresco corale si avvicenda mirabilmente.
Il tutto impreziosito da un lavoro registico da fuoriclasse, in cui virtuosismi d'ogni sorta vengono arricchiti dal gran lavoro fotografico e sulle luci. Inarritu offre una riflessione sulla vita e sulla professione dell'attore, sul malcostume di Hollywood e in generale guarda alla difficoltà di instaurare rapporti.
Tante tematiche non sempre sviscerate bene, scandite da una soundtrack fatta quasi esclusivamente di percussioni (a me) indigeste; il talento del regista messicano c'è tutto, molta estetica, ma, seppur spiattellati con fin troppa munificenza, anche contenuti, messi in risalto da una sceneggiatura non più basata - come da tradizione dell'autore- su episodi atti ad intersecarsi, ma sull'emotività di personalità schizzate inserite in un affresco brillante, modulato con equilibrio su malinconie, drammi e leggerezze.