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HUNGRY HEARTS regia di Saverio Costanzo

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jack_torrence     7 / 10  12/02/2015 12:48:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Costanzo è chiaramente attratto dai conflitti personaggio-ambiente. Disegna vite come racchiuse in gabbie, gabbie che sembrano partorite prima di tutto dalla mente degli stessi personaggi e che invece derivano dai nodi non risolti tra il personaggio e chi lo circonda.
Mina passa da una gravidanza tutto sommato non desiderata a una dedizione totalizzante e malata per il bambino. Jude precipita suo malgrado nella tela di ragno in cui lei ha trasformato le loro vite implose e segregate. Il segreto del film sta nel suo essere tutt'altro che manicheo come sembra. Il razionalismo di Jude è messo in dubbio e inaspettatamente ci troviamo a empatizzare per Mina: nonostante l'insostenibilità delle sue posizioni c'è qualcosa di storto nell'incomprensione di fondo di Jude. Il personaggio davvero maligno è quello della suocera, messo bene a fuoco dall'inconscio di Mina sin dalle nozze. Quel ritornare del figlio alla madre è segno di una claustrofobia più remota, quella dell'utero. Una casa respingente, carica di sinistri trofei di morte; e un sogno premonitore. Infine la spiaggia di Coney Island, in due malinconici tramonti staccati nel tempo, che vedranno i protagonisti irrimediabilmente separati: E un bambino che crescerà non sotto i migliori auspici.

Il film ha ovvi motivi di pregio nella messa in scena, claustrofobica sin dalla prima scena. La mano autoriale del regista che parla anzitutto per immagini si vede nel saper fare un uso sapiente del long take e del grandangolo, come dei movimenti di macchina. L'acme in questo senso è raggiunto nella parte centrale del film, per poi placarsi improvvisamente nella gelida deriva finale.
Ha ragione chi scorge nel film un omaggio a Polanski - non necessariamente quello di "Rosemary's baby" (che pure è il rimando più ovvio, visto il tema) - così come nel precedente "La solitudine dei numeri primi" (forse più ambizioso anche se meno controllato) erano evidenti i rimandi a Kubrick.
In fondo è proprio la classe di Costanzo, la sua eccentricità nel panorama italiano, a essere per ora anche il suo grande limite: quando si emanciperà dai suoi grandi modelli, di volta in volta dichiarati, forse potrà regalarci un film importante davvero, capace di imporsi anche per ciò che racconta e non principalmente per come lo racconta.