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UN PICCIONE SEDUTO SU UN RAMO RIFLETTE SULL'ESISTENZA regia di Roy Andersson

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fiesta     10 / 10  24/02/2015 10:21:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Colori sbiaditi, assenza di ombre, profondità di campo, pianosequenza e recitazione scarna. Espressionismo tedesco e Bazin. Il mix oramai d'autore va di nuovo in scena per l'ultimo capitolo di una saga apocalittica.
Oramai Andersson non lascia più spazio a qualsiasi tipo di sensazione. Dei trentanove quadretti presenti nel film solo in quattro traspaiono emozioni: delle bambine che giocano con le bolle di sapone, una donna in un parco che gioca col suo neonato, una coppia che fuma una sigaretta post coito, una coppia con il loro alano che distesi su una spiaggia di un dorato spento si accingono ad avere un rapporto sessuale. In ognuna di queste scene c'è il segno tangibile della modernità che incombe sui protagonisti (è subito alle spalle o è in profondità di campo).
Andersson è innamorato di Steinbeck perché entrambi odiano la modernità!
L'apocalisse si è ultimata, non si riesce a creare empatia in nessun modo con i Nostri (poche le scene dove sono presenti gli unici protagonisti dell'opera per poter instaurare un rapporto di identificazione) perché allo stesso modo non creano empatia tra loro (emblematica la scena dove siamo costretti ad assistere ad un vuoto messaggio lasciato in segreteria mentre sullo sfondo si svolge il dramma di ciò che pensiamo possa essere una ex coppia) . Ogni conversazione oramai è vuota, non c'è più spazio per l'introversione e le uniche malinconiche emozioni provengono da ricordi del passato (anch'essi alquanto ambigui).
L'ultimo film di questa meravigliosa saga sancisce la morte dell'emozione.