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TORNERANNO I PRATI regia di Ermanno Olmi

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     9 / 10  15/11/2014 00:40:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Dio non ha ascoltato il Figlio che moriva sulla croce, vuoi che dia retta a noi, poveri cani?"

Il cattolico mai allineato e mai domo Ermanno Olmi ci regala il suo sguardo sulla guerra rievocando a modo tutto suo un evento da noi rimosso (come tanti altri della nostra storia, ahinoi): la Prima Guerra Mondiale, la "Grande Guerra", quella che decimò letteralmente i "ragazzi del '99", quella che spianò la strada all'avvento dei grandi (e terribili) totalitarismi, quella che preparò la ancor più crudele Seconda Guerra Mondiale.
Mio nonno materno, classe 1898, scampato anche lui con i segni indelebili dalla Grande Guerra (ai polmoni, nel suo caso) e poi ripiombato nell'incubo con la Seconda da sfollato, soleva ripetermi che "la guerra è la peggiore delle disgrazie, e non risolve niente". Il bambino che ero non poteva comprendere l'esatto significato e l'esatta portata di questa frase, ma mi è ugualmente restata bene in testa. Come la frase finale che Olmi inserisce nel suo film, il cui autore è un pastore: "La guerra è una gran brutta bestia che gira perennemente il mondo" (cito a memoria).
Con la grazia che gli conosciamo ma anche con il crudo realismo che gli è proprio, Olmi sceglie di mostrarci alcuni giorni di guerra del 1917 visti da una trincea sui monti del Veneto sotto una pesante coltre di neve. Il risultato è un'ora e mezza scarsa tesa come una corda di violino pronta a schiantarsi al primo bombardamento o al primo suicidio o al primo colpo dei cecchini, invisibili quanto pericolosi e inesorabilmente precisi nel colpire il loro bersaglio umano.
In questo incubo di paura, frustrazione e morte l'unica cosa bella è il paesaggio, quello che "si coprirà di prati quando tutto sarà finito" e saranno cessati pure i clamori dei festeggiamenti per i reduci; quando l'erba ammanterà i corpi straziati seppelliti alla bell'e meglio sotto la neve e tutti avranno dimenticato, pronti a preparare il prossimo conflitto.
Olmi concentra tutte le assurdità di quella guerra nel breve e straziato vissuto di un pugno di soldati-poco più che ragazzi che devono confrontarsi con la paura e l'orrore continuo della morte, ma anche con l'insensatezza e l'ottusità di un manipolo di ufficiali che sanno solo dire cosa vuote e ordinare cose senza senso, preoccupati al massimo di garantire l'assoluzione preventiva ai polli mandati al macello senza troppi rivolgimenti o esitazioni.
Girato con una fotografia tutta desaturata, semplicemente mozzafiato, del figlio Fabio (non è una novità: ricordate "Il mestiere delle armi", per esempio?), accompagnato dalle lancinanti musiche di Paolo Fresu nei pochi momenti in cui a parlare non sia il silenzio o l'irrompere del rumore di armi e bombardamenti, o del muggito della terra sotto l'effetto delle esplosioni più o meno distanti, intenso nei dialoghi e nella lineare, pulita sceneggiatura, questo "Torneranno i prati" non teme confronti con illustri predecessori che hanno affrontato il tema (su tutti "Uomini contro" di Francesco Rosi) perché mantiene una sua originalità e, soprattutto, un taglio e una intensità tutti propri. E conferma il vecchio Maestro Ermanno Olmi dotato di una sensibilità particolare quando racconta dei conflitti umani, dove anche Dio si nasconde, impotente, di fronte alla difficoltà (impossibilità?) di evitare e di perdonare l'orrore.