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VIZIO DI FORMA regia di Paul Thomas Anderson

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Rollo Tommasi     3 / 10  26/06/2015 23:33:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quando leggo recensioni entusiastiche su questo film strafumato dal "taglio noir" ma "tagliato male", ho l'impressione di assistere ad un carrozzone promozionale ordito dall'entourage del regista.
Vizio di Forma ha il dono della totale inconcludenza: comincia con l'assegnazione di un incarico non meglio precisato per il detective privato Doc Sportello, attraversa vari stadi, tra la noia, l'insopportabile tedio e il fastidioso buco nero della trama, come le fasi di una dipendenza da stupefacenti ma senza il "brivido" dell'overdose. Anche il titolo dovrebbe rappresentare un qualche significato (il vizio intrinseco delle polizze assicurative, si accenna a qualcosa..bah) ma il regista ritiene di non doverlo sviluppare. Ad ogni nuovo personaggio, o meglio ad ogni nuovo nome biascicato di un qualche indefinito personaggio, si prova sfinimento e cresce l'irrequietezza nel cercare di collegare le singole tessere del mosaico. Uno aspetta l'illuminazione finale, un deus ex machina, una spiegazione dell'intricata missione, ma anche la voce narrante è psichedelica, contaminata dalla spirale della droga, e si esprime con rime poetiche. Alcune pregevoli sequenze comiche, il cammeo strepitoso di Martin Short, l'espressività versatile di Phoenix, si perdono nella confusa distesa di nebbia e nulla del film.
Si fatica ad arrivare alla conclusione, i personaggi sono poco approfonditi, vizietti (non di forma, ma di alcool e droga) sono ostentati in vari punti per ricreare le atmosfere anni settanta, ma manca esattamente il filo della narrazione: due ore e mezza per assistere ad un unico, autentico colpo di scena che ne meritasse la visione (che riguarda il passato di Brolin).
Ho deciso da oggi che l'unico vero Anderson cineasta si chiama Wes. Hollywood lo sta cominciando ad apprezzare. E credo che pian piano, dopo un periodo di faticoso rehab, se ne convinceranno anche i pochi, coraggiosi adepti di Paul Thomas.
In questa recensione-sfogo mi sono talvolta espressa come il cinema di Paul Thomas Anderson: in modo criptico, sbandato, straniante e radical chic, che segue una corrente tutta sua sua, il karma dell'anima, e lo fa senza compromessi con il gusto e le convenzioni, cioè insomma un cinema che perde di vista la sua funzione essenziale, cioè il racconto e l'intrattenimento.