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IL GIOVANE FAVOLOSO regia di Mario Martone

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amterme63     8 / 10  07/11/2014 22:45:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Fare un film su Leopardi non deve essere stata un'impresa facile. Non ha certo avuto una vita avventurosa o piena di fatti. Solitario, chiuso, la sua è stata un'esistenza dedita alla riflessione e all'espressione artistica dell'animo e del destino umano (raggiungendo vette eccelse). Tra l'altro ha sempre cercato di trascendere la sua epoca, cercando di essere il più possibile universale.
Martone aveva già affrontato con "Noi credevamo" la sfida cinematografica di basare un film più che su fatti ed episodi, sull'espressione di idee e sentimenti. Anche ne "Il giovane favoloso" adotta una struttura narrativa che verte sull'approfondimento di due momenti chiave diversi dell'esistenza di un personaggio: il momento giovanile delle speranze e degli entusiasmi e quello adulto fatto di amarezze e disillusioni.
Non è facile esprimere in pochi minuti il senso di soffocamento e di disgusto provocato da anni e anni di prigionia intellettuale e umana in un ambiente chiuso, reazionario e bigotto. Martone ci prova con scene in cui domina il silenzio e il vuoto di un palazzo patrizio, mentre la vita scorre al di là della finestra. L'insofferenza la si deduce più che altro da ciò che il personaggio ci dice (è riportata più che rappresentata), e grazie soprattutto a scene in cui la fantasia, il tumulto interiore di Leopardi si soprappone con montaggio alternato a quello che invece accade. Probabilmente la pena di Leopardi era molto più forte di ciò che le immagini e le scene riescono, secondo me, a trasmettere.
Nella seconda parte invece ci si affida a molti cambi di ambientazione e stile di rappresentazione (dal serio al grottesco), per comunicare lo sradicamento, lo spaesamento, la solitudine e la sensazione di rifiuto che Leopardi percepisce intorno a sé. Anche qui in qualche maniera l'animo di Leopardi viene più riportato che rappresentato. Le scene più efficaci sono quelle di natura fantastica, come ad esempio quella che rappresenta il dialogo fra la Natura e l'Islandese. Tutta l'efficacia del film riposa sulle spalle di Elio Germano, il quale fa di tutto per esprimere i sentimenti e le ragioni dell'esistenza di Leopardi, cercando di dare contenuto e verità visiva alle parole e alle sensazioni del personaggio. E' bravissimo, ma qualche volta lascia trapelare la sensazione di recitato piuttosto che di vissuto.
In qualche maniera Martone non rinuncia a rappresentare anche il Leopardi privato, le cui notizie si devono in larga parte alle cronache spicciole che Ranieri ha riportato in un libro dopo la morte del poeta. E' la parte meno nobile e gradevole di Leopardi (ma anche forse quella meno importante) e tra l'altro nel film si getta un'ombra di ambiguità sul Leopardi intimo. Ne viene forse fuori che lui bramava alla bellezza e all'affetto, indipendentemente dal sesso delle persone.
Tutto sommato un film che rappresenta molto bene l'ambiente in cui è vissuto Leopardi, il senso della sua vita e di come ha vissuto. Viene trascurato forse un po' il lato filosofico ed estetico della sua opera. Probabilmente si potevano dedicare meno scene alle peregrinazioni di Leopardi e di più alla rappresentazione fantastica delle sue opere (i momenti in cui si recitano le sue poesie e la scena della Natura sono i momenti più profondi e suggestivi del film).
Non mi è piaciuta molto la sovrapposizione di musiche moderne (in inglese! perché l'italiano non è musicale ed espressivo?) come sottofondo di molte scene emotivamente intense. C'era qualcosa di stonato.
Visivamente è comunque un film molto bello da vedere. Splendide le ambientazioni.