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GABRIELLE regia di Patrice Chéreau

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  06/09/2005 01:40:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Strano destino, quello dell'ultimo film di Chereau, annunciato già da diversi mesi e infine collocato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Alla proiezione, mi chiedevo quanti abbiano colto lo spirito "letterario" del film, il racconto di Joseph Conrad qui è tradotto in un feuilleiton d'autore che potrebbe appartenere già alle migliori pagine di Guy De Maupassant, di Goethe o di Joyce. Quindi vorrei avvisare i vari spettatori di questo sito di tenersi alla larga, onde evitare stroncature false e irrimediabili a un'opera che è (anche) uno squisito esercizio di calligrafia cinematografica.
Perchè "Gabrielle" è prima di tutto un film da leggere, da recitare, e successivamente da vedere. O tutte queste cose insieme. Non è affatto freddo lo stile con cui Chereau - con uno svolgimento complessivamente piu' teatrale e televisivo ma non per questo "solo" verboso - racconta una vicenda di adulterio in una coppia apparentemente inossidabile come quella tra Jean e Gabrielle: tutt'altro, è anzi ricchissimo di contenuti, e sfumature. E' un film non facile, certo, che ha tra i suoi molti meriti quello innegabile di penetrare a fondo l'identità delle parole. Parole che feriscono, che uccidono, piu' della stessa idea di morte e crimine. Chereau si congeda dalla folla dei rituali festosi, quelli dove la nobilta' accoglieva intellettuali e bolsi inesperti, il "bel mondo" che a volte è tanto triste nel suo germanesimo ("l'angelo sterminatore" dell'edonismo) e mette in scena esclusivamente il tormento coniugale di una donna che in poche ore ha lasciato il marito per un'altro uomo, è tornata a casa, ha confermato la sua rinuncia, e ha spezzato irrimediabilmente questo strano equilibrio che poco prima sembrava perfetto. Perfetto come imperfetto è il personaggio di Jean, un uomo che medita sulla rappresentazione tautologica e un po' protettiva della consorte: è lei il vero "uomo" di casa. E' Gabrielle, la sua forte personalità, il carisma che vinte le desistenze e senza provare null'altro che il senso del peccato (non del dolore arrecato al consorte) svilisce la rigida perfezione che l'uomo aveva della moglie. Lo costringe a un bagno di onta e indignazione, lo lascia e ritorna ma non lo rassicura, lo conduce alla dimora di un desiderio che era pressochè isolato da qualsiasi contatto e amplesso intimo, un po' come la Nora di un dramma di Ibsen, ma in questo caso venerata dall'uomo per la sua indiscussa intelligenza. E' solo apparentemente un film diverso da Chereau: ancora una volta infatti l'autore sceglie un tema dominante come quello del contatto retrivo tra le due parti, il bisogno di verita' a costo di farsi annientare dal dolore e dai rancori. La macchina da presa perlustra a fondo nel buio della dimora, accecante e tronfia nelle feste di rito, tenebrosa e senza tempo (giorno notte che importanza ha?) nei solitari confronti della coppia. E'un affronto estenuante all'estetica di un cinema classico, ma è tanto piu' classico e moderno di quanto si sia disposti a credere. La vita dei due coniugi è affrontata con enfasi ma senza le velleità tardoromantiche della letteratura europea - del resto Conrad non ha mai fatto parte di questa tradizione - ma come se fosse l'angusta prigione di una coppia contemporanea in crisi. L'uso delle didascalie, come i topoi del cinema muto, porta nuovamente l'uso della PAROLA a rivelare e tradire, Pertanto, non vorrei essere troppo severo, ma sono convinto che chi non ha mai letto nella sua vita difficilmente riuscirà ad esprimere favore per questo film, dove le immagini rivelano magicamente cio' che l'occhio letterario ha cercato forse distrattamente oppure con acutezza di ricreare. Il dissenso dei personaggi è dato esclusivamente dall'incapacità dell'uomo di supportare il tradimento, la meschinità, la rivolta immorale della moglie: tutto doveva rimanere come prima. E nel candore di una dichiarazione tanto fragile quanto perfida, Isabelle Huppert-Gabrielle reclama "voglio afferrare quel mondo" lasciando al presente solo la brutale desolazione di un uomo che nell'inganno e nel tradimento della moglie ritrova tutta la passionale velleità umana che non era mai riuscito ad esprimere compiutamente