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NOSFERATU - IL PRINCIPE DELLA NOTTE regia di Werner Herzog

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Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf     10 / 10  24/07/2010 13:03:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Posto una mia recensione scritta tempo fa su un forum.
E' importante premettere che recensire un simile film è per me impresa improba perché in qualche modo mi appartiene, è parte di me. E' uno dei film che ti entrano nel cuore, a me ha fatto questo effetto, ed è come se fossimo noi i soggetti parlanti attraverso il film. Quindi specifico che è uno dei miei tre film preferiti di tutti i tempi(in altre occasioni ho già parlato degli altri 2)e quindi mi scuso per il fatto che l'oggettività a tratti potrebbe andare a farsi benedire. P.S.: Attenzione agli spoiler e tenete presente che la recensione sarà abbastanza lunga, quindi non fatemene una colpa, mi piace troppo questo film!
E concedetevi la possiblità di visionare questa pellicola qualora non l'aveste già fatto, perché ne vale la pena!
Detto questo, devo anche dire che è difficile trovare un punto di partenza: è difficile esprimere a parole l'amore che si prova verso qualcosa, una persona, o anche un capolavoro artistico, per quanto sarebbe un accostamento squallido per molti quello da me fatto. Ma l'amore è muto. Beh, una volta tanto cercherò di parlarne.
La trama? La trama di questo film è tutto sommato molto simile a quella dell'originale(fatta eccezione per la significativa deviazione finale) di cui questo film potrebbe sembrare agli spettatori meno attenti una sorta di remake sonoro. Nossignore! Non si tratta di un remake bello e buono, ma di una rivalutazione del capolavoro di Murnau. Fare paragoni tra le due pellicole è possibile, ma ci sarebbe un salto temporale enorme: dal '22 al '79 ne sono cambiate di cose in ambito cinematografico e non.
Infatti, se è vero che i grandi registi - come i grandi poeti, scrittori o artisti - sono anche il prodotto della loro epoca, di cose ne sono successe. La Germania ai tempi di Murnau versava in una condizione politica alquanto differente da quella degli anni '80, chiaramente.
Al di là di possibili metafore politiche, è evidente poi che i due film, pur partendo da un riadattamento e da una rivalutazione anche psicanalitica e sociale del romanzo di Herzog e pur essendo il remake di Herzog un chiaro omaggio all'insuperabile capolavoro di Murnau, le tematiche affrontate sono differenti, anche per la sopraccitata differenza di epoche.
Una delle differenze più evidenti e superficiali tra le due pellicole è la maggiore fedeltà del film di Herzog nel proporre i nomi dei personaggi, stavolta quelli originali, seppur con qualche inversione(la classica Mina che diviene Lucy, che nel romanzo di Stoker non era la protagonista, ma la sua cara amica dissanguata dal vampiro).
Ritengo la trama non essenziale e spoilerosa, quindi volendo potreste anche saltarla.
Come dicevo la trama è essenzialmene la stessa: a Wismar il giovane Jonathan Herker, che ha bisogno di soldi, accetta il rischioso incarico di raggiungere il Conte Dracula per vendergli una casa nella sua città. Raggiunta l'abitazione del conte, il giovane capisce subito che c'è qualcosa di strano ma tarderà a constatare la vera natura del vampiro e ne resterà vittima. Mentre il Conte si affretta a raggiungere Wismar per incontrare Lucy, la moglie di Harker, quest'ultimo, malconcio e febbricitante riesce anch'esso a trovare un sistema per tornare a casa. Giuntovi inizia a dare strani segni di squilibrio, come se una trasformazione stesse avvenendo in lui. In contemporanea a Wismar l'arrivo del Conte segna come nell'originale l'arrivo della peste che decima l'intera popolazione di Wismar. Lucy comprenderà la soluzione al male dal diario di suo marito Jonathan e deciderà di sacrificarsi per portare via con sé il male rappresentato dal vampiro. Ma c'è un colpo di scena. Il male, apparentemente sconfitto, risorge trovando in Jonathan l'erede di Dracula. Divenuto vampiro anch'egli, scappa con il suo cavallo.
Come vedete, salvo il sorprendente finale - anticipato dalla condizione di Harker nel corso del film - la trama resta perlopiù la stessa. Il lieto fine è praticamente assente in questo film. E' il male a trionfare. Non basta più il sacrificio della candida Lucy a placare l'orrore del male. E come il male sociale, il nazismo, l'ingordigia degli uomini, così la peste colpisce Wismar, dimezza la popolazione e non è necessario il sacrificio quasi cristico della pura Lucy, degli innocenti, a salvare il mondo. E' come se il Male si riproducesse, è come se avesse molti volti. Il male, rappresentato nella prima parte del film come qualcosa di interiore, non può essere estirpato, né ridotto.
Il messaggio finale(del finale, letteralmente, non dell'intero film)è che il male è qualcosa che coesiste nella natura di ognuno di noi e può svilupparsi in qualsiasi momento. Non sarà sufficiente il sacrificio degli innocenti a spazzare via questo morbo, perché è un morbo interiore che è in ognuno, non nel singolo vampiro.
Il vampiro è, come anche nel film di Murnau, l'alienato che, entrando a contatto con la società, con gli uomini, porta il suo male. La peste che Dracula porta con sé è quella dell'alienato. E' paura del diverso. E qui sicuramente i punti di contatto con l'opera di Murnau si sprecheranno. E' come se il film volesse dire che, estirpati i regimi del terrore anche tramite sacrifici umani, prima o poi ne nasceranno altri, magari anche peggiori, che si metteranno subito all'opera. E qui mi permetto di parafrasare proprio Jonathan Harker(interpretato da un ottimo Bruno Ganz), il quale, completata la sua trasformazione in vampiro, prima di partire dice: "Avrò molto da fare... ora".
E' come se la morte del Nosferatu Dracula fosse stata da lui stesso contemplata(dice a Lucy "non morirà...")ed infatti Jonathan entra in gioco, differentemente dagli altri film di Dracula del genere, dopo la morte dello stesso Dracula. E' come se l'infettato dal male avesse lui stesso scelto un suo erede per proseguire la stirpe.
E' per questo forse che non l'ha mai finito nel suo castello, né tantomeno lo ha lasciato in pasto alle sue amanti, quelle che vediamo invece nel sensuale Dracula di Coppola. Nosferatu non ha amanti.
E si sprecheranno anche i punti di contatto con l'opera di Murnau da un punto di vista psicanalitico: Nosferatu come manifestazione della parte selvaggia di Harker/Hutter(l'Es, per gli amanti di Freud) che genera inevitabilmente attrazione nel complesso personaggio di Lucy.
In verità il personaggio di Lucy del remake è differente: non meno complesso dell'altro, ma più "idealizzato". In realtà è scorretto usare questa parola. La donna non è idealizzata nelle sue virtù di purezza, di grazia, ma è rappresentata così. Non si tratta di idealizzazione o di santificazione. Né tantomeno agisce per un volere divino. La sua azione è giustificata da voluttà amorosa nei riguardi del marito, per quanto si tratti di un amore spiccatamente platonico, non fisico. Difatti l'unica parte sensuale del film è il finale, quella in cui Dracula ha un rapporto "vittima/preda" con la bellissima Lucy che è molto fisico, tendenzialmente erotico. Jonathan e sua moglie vivono in letti separati e l'amore dei due sembra contemplato. I due giovani coniugi si sognano a distanza, e la giovane Lucy soffre di un amore disperato. Sì, soffre: non appena la minaccia del pipistrello(vedere l'inizio del film, dopo l'angosciante scena iniziale degli scheletri, simbolo di un incombente presagio di morte)inizia a soffrire di incubi e una strana febbre la coglie d'improvviso quando il marito viene ferito dal Conte.
Dunque vi sono delle tematiche in comune tra i due film, come mostrato.
Ma si procede oltre nel remake, specialmente nel messaggio finale, nelle tematiche di fondo del film e nella raffigurazione del vampiro.
Ma chi è il vampiro? Se nel film di Murnau lo si poteva leggere come un emarginato, un diverso che effettivamente ha qualcosa di mostruoso fino al finale in cui mostra un briciolo di umanità, dal momento che inizia ad amare. Lui possiede il suo oggetto d'amore. Non ha un rapporto sessuale, ma come un amante sensuale estrinsecherebbe la sua passione amorosa, così Nosferatu estrinseca la sua singolare passione, che è visibile dagli altri come una sorta di perversione. E' una preda. Si innamora della preda, ma nel caso di Murnau, questo innamoramento non procede molto oltre la possessione della preda. Nel caso di Herzog la possessione amorosa è resa più esplicitamente come un qualcosa in più di un semplice amore per la preda: troviamo anche un'altra donna dissanguata nel film di Herzog, ma è evidente che lì non vi era passione amorosa per cui la scena è bypassata dal regista; ne troviamo solo il cadavere. Anzi! Ricorderete che Nosferatu non è mai mostrato durante il processo consistente nel mordere la vittima: vediamo Harker immobilizzato, poi vi è un cambio di scena verso Lucy, come se Lucy costituisse la soluzione all'enigma, il tassello mancante, e poi la scena torna su Nosferatu che ha già quasi terminato di succhiare sangue dal povero Harker, già svenuto(e svenato!).
Soltanto il sacrificio di Lucy è degno di essere mostrato in tutta la sua interezza.
Il capitano a bordo della nave viene dissanguato off-screen; ne viene ritrovato il cadavere direttamente. Nel film di Murnau la scena era visibile, se non erro e certo molta attenzione era stata dedicata a quella parte.
Il cinema di Herzog accenna, non esplicita. Non vi è l'abbondanza delle scene come in Murnau, in cui tutto è rappresentato. Del resto era anche necessario, anche a causa della mancanza di audio. La chiarezza in Murnau era importante(non interpretativa, ma narrativa, intendo...sotto certi punti di vista il film di Murnau è più difficile da interpretare, ma molto meno profondo di quello di Herzog). Herzog lascia un po' da parte certe sequenze per evidenziarne altre e per rendere la struttura narrativa onirica, come quella di un terribile incubo. Del resto i ricorrenti sogni e gli stati febbricitanti sembrano suggerire questa interpretazione(segni del delirio, abbondante anche nei personaggi secondari... nella follia maniacale di Renfield, nella cieca ossessione per la scienza di Van Helsing, nei morenti appestati... un film ricco di follia e di delirio).
La sopraccitata scena in cui si lega alla nave è una delle scene più angoscianti dell'intera storia del cinema. Vi sono tutti gli elementi per definirla una delle scene più terrorizzanti, perché è orrore morale. Vi è la consapevolezza della morte da parte del capitano. Non vi è un uomo a bordo, vi è il male. Non sappiamo se qualcuno degli uomini a bordo abbia mai constatato la presenza di un estraneo, come era invece mostrato da Murnau. E' possibile che la malattia mor(t)ale un po' kierkegaardiana abbia preso possedimento freddamente dei membri dell'equipaggio.
E' tremenda la consapevolezza del capitano di essere vicino alla morte ed il suo atteggiamento. Non un segno di disperazione: sembra spento, eliminato, e si lega alla nave. E' come se avesse trovato solo al traguardo un significato alla sua vita: quello di essere il portatore consapevole del male. Non gli interessa la sua vita, non cerca vie di salvezze da esso, non si getta a mare come nell'altro Nosferatu. Non tenta di fermare il mostro, ma se ne rende complice, si rende complice della morte.
Bellissimo l'arrivo della nave a Wismar e "bellissima" la sequenza dei topi che invadono la città, portatori di morte, di pestilenza. Nosferatu è immune ad essi, sono quasi più che dei semplici strumenti di morte. E' quasi il lascito della sua essenza, il suo proseguio. Gli odiosi topi sono ovunque ed il senso di angoscia e squallore è fortissimo nello spettatore. Si sente quasi la puzza della morte, o forse peggio, la puzza del marcio, della peste. Ma non è la peste in sé. E' la peste della morte, intesa anche come morte interiore, quella di cui parla Nosferatu, soprattutto in questo senso.
Una delle scene più spietate del cinema - incredibilmente sottovalutata, oserei dire- è quella della mensa di paese. E' semplicemente tremenda. Bare e cortei funebri ovunque. Una musica angosciante, straziante. La morte è ovunque e la bellissima Lucy si guarda intorno disperata, sola tra tutti. L'incomunicabilità degli esseri umani è spietata: "perché non mi ascoltate? Io conosco la ragione...". L'umanità è sorda. Il corteo funebre prosegue freddo. Nessuno è disposto ad ascoltare un altro. Nessuno comprende. Tutti pretendono di capire, ma nessuno comprende. Nemmeno la scienza, qui rappresentata da un disilluso Van Helsing. Già, non è l'eroico Van Helsing di Coppola, né l'acerrimo nemico di C.Lee(Peter Cushing). E' un uomo anziano, calmo, pacato, chiuso nella sua fede cieca nella scienza. Herzog un po' sembra puntare il dito contro la cecità della scienza illuministica. La presunzione del sapere porta ad una chiusura del pensiero stesso. Neanche le prove bastano, la fede nella ragione caratterizzante l'Illuminismo è quasi più cieca della religione stessa.
L'uomo di scienza, posto alle strette, parlerà di fede religiosa. La fede è "quella sorprendente facoltà data all'uomo che ci consente di crede in cose che noi sappiamo essere false". E' questa la risposta di Lucy.
Niente, è cieco Van Helsing. E solo alla fine si deciderà a prendere in considerazione le parole di Lucy, ma sarà ormai troppo tardi.
E come Nosferatu è solo(Dracula prima e, dovremmo supporlo, lo sarà Jonathan poi, ora privato dell'Amore, anche lui divenuto un Morto Redivivo)anche Lucy è sola. La morte arriva per tutti ed è sola, come lo sono anche gli eroi, in questo caso una donna(non prendete il mio commento come un accenno di maschilismo, però per l'epoca di Murnau era già un'idea secondo me rivoluzionaria quella di rendere la donna la vera eroina, la salvatrice).
Come stavo dicendo, è tremenda la scena della mensa. Lucy, giunta al centro di una città disastrata e squallida, vede una festa popolare. Tutta gente colpita dalla peste. La musica dei Popul Vuh riecheggia e diviene protagonista assieme ai deliri dei morenti cittadini. Acquisita consapevolezza dell'imminente morte(come il marinaio) e condividendo i loro pasti con i topi, ormai moltiplicatisi a migliaia e migliaia, decidono di vivere appieno il loro ultimo pasto. Un riferimento biblico all'ultima cena? Di riferimenti biblici ce ne sarebbero(la stessa figura di Lucy è leggermente cristica, ma chiaramente più sensuale e con diversi connotati... anche merito della Adjani ), ma questo non è esattamente il caso. Sembra una danza popolare della morte che un po' mi ricorda "la mascherata della morte rossa" di Poe, solo che il male sta facendo il suo corso e mietendo vittime all'interno della struttura sociale stessa.
I cittadini, in procinto di morire, decidono di godersi appieno la vita, le piccole cose della vita fin quando ne hanno il tempo... ma è tutt'altro che un messaggio positivo. Non c'è messaggio dinanzi alla morte.
Ma è come se la morte in qualche senso nobilitasse gli uomini. A parte il caso più evidente, e cioè quello di Nosferatu, c'è il caso del capitano, degli uomini di Wismar o ancor più di Lucy. Più che nobilitare negli altri casi si tratta di trovare una dignità, un significato. Ed è per questo che Nosferatu, incapace di morire non trova un significato. E' incapace di amare, come Kane. E' capace di possedere le sue vittime come gli oggetti di Kane, ma non di amarli. Questo fino a Lucy. La sua corsa verso Wismar è la corsa verso la morte, ma paradossalmente verso la vita.
I cittadini comprendono che per rendere dignitosa la loro vita dovranno necessariamente accettare la morte(Nosferatu è un film - ci tendo a sottolinearlo - tendenzialmente necrofilo)e vivere la vita in virtù della sua limitatezza.
E' un inno non epicureo(o oraziano), ma piuttosto un significato heideggeriano.
Il capitano, pur morendo, aliena e subordina la sua vita allo scopo della sua "missione": è come se ciò che lo avesse ucciso(un male astratto, non visibile: a pensarci non l'ha neanche mai visto)fosse qualcosa di più alto, un volere superiore e in quanto tale doveva essere rispettato a qualsiasi costo. Sia fatta la volontà di Dio, dunque? Non sarà Dio, ma sia fatta la volontà di quel qualcosa di superiore, sia esso demonio o divinità, per intenderci. Come dirà anche l'odioso schiavo di Dracula, che sigillerà la richiesta del suo padrone con un paradossale "amen".
Per quanto riguarda il folle Renfield, posso dire che alla prima visione della pellicola mi risultò disturbante come personaggio. Leccapiedi, folle, dalla risata sguaiata, insulso, stupido, violento. Il peggiore degli schiavi di Dracula, indignitoso fino all'ultimo e meno affascinante del suo predecessore murnauiano. Eppure ha la sua importanza e sarebbe certamente sbagliato non rendere poi un minimo di gloria all'attore che rende alla perfezione l'odiosità e l'ottusaggine del personaggio. In fondo è anch'egli un uomo con le sue debolezze, raggirato, ma anche lo stesso Nosferatu lo ritiene disgustoso e ripugnante e ripudia il suo affetto. D'altro canto un plauso è senz'altro obbligatorio per Roland Toper, l'interprete di Renfield, attore davvero poco famoso quanto estroso. Il suo personaggio è folle, ma non più folle di quanto possa trasparire: la follia aleggia indisturbata all'interno del film ed il ritmo narrativo provvede a sottolineare questa follia presente ovunque.
Credo di aver prestato molta attenzione ai personaggi secondari perché sono stati molto trascurati. Se è vero che i loro sono ruoli marginali, o anche meno, d'altra parte sono molto significativi per cercare di capire, pur nella grande arbitrarietà dell'opera, cosa Herzog volesse rappresentare. In realtà, ripeto, l'opera di Murnau è forse anche più aperta a speculazioni sul significato del film, però è meno profondo e tratta tematiche con maggiore distacco. Il punto è che Herzog riporta le stesse tematiche e ne aggiunge di nuove(molto più esistenzialiste e filosofiche), però indirizza le tematiche verso una ricerca filosofica di stampo esistenzialista, riducendo quindi il campo entro cui operare le possibili interpretazioni. Ma non è un discorso da liquidare in questo modo.
Ricollegandomi ora alla domanda di prima, vorrei chiarire alcune cose.
Cosa è il vampiro? Come ho detto, per Murnau è varie cose. E' la parte animalesca di Hutter, quella repressa dal suo Super-Io(chi conosce Freud sa che il Super-Io sono quelle strutture costituite empiricamente che limitano i nostri desideri, le nostre pulsioni, regolate invece dall'Es). E' per l'appunto l'Es. Ed è forse per questo che è ripugnante e aberrante e provoca vittime. Forse segno di una moralità ancora troppo ristretta, puritana? Ad ogni modo sarà la giovane e pura donna a soddisfare il mostro/Es e a purificare il mondo dal mare. Mi rendo conto che detto così è insufficiente ed espresso in maniera non corretta, ma per necessità di sintesi mi limiterò a ciò.
Il vampiro per Murnau può anche essere visto come un male sociale costituito da un diverso. Il diverso - un portatore di handicap o di ideologie differenti, dipende - è oggetto di pregiudizio e visto come causa dei mali. E non sempre l'apparenza inganna, dopotutto.
Il vampiro potrebbe essere anche un male sociale più esteso, un movimento, un partito o un simbolo.
Per Herzog cosa è un vampiro? Il vampiro è anche qui un alienato, ma è colui che coltiva in sé un male, un male interiore. E' drammatica e tremendamente coinvolgente la scena in cui, inspiegabilmente, Nosferatu confessa a Herzog la sua solitudine, la sua tristezza. Non capiamo il perché di una sua simile confessione. A rifletterci, potrebbe darsi che egli avesse già intravisto in Jonathan un erede perfetto, chissà.
Ma quella è forse la scena che più di tutte mi ha colpito. Nosferatu fa un discorso incredibile a Harker, spiazzante. Ci resti secco. E qui bisogna tessere le lodi di Kinski, davvero incredibile in questa sua prestazione. Non a torto si trovò a commentare che lui diviene i suoi personaggi. Si fatica a rendersi conto che il folle Aguirre o lo spietato attore di western movies possa essere il solo e malinconico Conte Dracula.
Ogni film di Dracula ne riproduce un aspetto: la sensualità di Langella, la lussuria e la malvagità sostanziale di Christopher Lee, l'aspetto animalesco di Orlok di Schreck(il Conte Orlok del vecchio Nosferatu, per quanto sia una figura ricca di sfaccettature, resta oggettivamente metafora di un qualcosa di animalesco, di brutale), i modi aristocratici di Bela Lugosi, l'animo romantico del Dracula di Oldman e la tristezza del Nosferatu interpretato da Kinski. Ogni bravo attore pesca un aspetto di Dracula.
Ma i migliori due - pur ammirando moltissimo Oldman e pur tenendo presente la fama di Lugosi e di Lee - restano Klaus Kinski e Max Schreck.
L'ultimo perfetto nelle movenze e nelle espressioni e senz'altro più tetro. L'altro, quello di Kinski e di Herzog, è un personaggio ricamato, studiato, che oltre ad essere rappresentato alla perfezione, è più significativo degli altri. E' il Dracula più significativo della storia del cinema.
Niente lussuriose amanti, niente fortezze lussuose in cui abitare. Basta guardare la sua abitazione, enorme ma decadente, sinistra. Non ha l'aspetto mistico di quella del conte Dracula di Coppola. Non ha quell'aria medioevale, né tantomeno è bella ed illuminata. E' solo enorme. Ma spazi vuoti, vuoti come la vita del conte.
Nessuno a mio avviso ha meglio reso la figura del vampiro come quello di un comune essere vivente, ma con un grosso limite: quello di non poter morire, quello di non potere amare. Ed è la stessa cosa. Il film è tutto incentrato, come l'originale, ma al contempo molto di più, su un rapporto tra Eros e Thanatos(altra metafora freudiana, per abbondare). Non è come l'altro Nosferatu, figura che si vede poco nel film, molto enigmatica, che compare poche volte. Quella è una figura più brutale, più animalesca. Fa le sue comparse e si avventa sulle sue prede con fuore(come quando Harker si taglia). Qui no. E' un Dracula che sembra avere un movente, un movente disperato, ch giace nella morte e nell'amore, come egli giacerà alla fine, a metà strada tra morte e amore, ma realizzato in entrambi. E' alla disperata ricerca di qualcosa, come gli artisti emarginati della cultura romantica(come vedremo ci sono poi altri riferimenti al Romanticismo, anche inerenti altri personaggi). E' un Dracula solo, che soffre, che non trova scopo nella sua vita e non riesce neanche a portare a termine la sua esistenza. O forse non vuole. Si lascia andare, come tanti uomini, nella coazione a ripetere. Quanti di noi possono dire di essere davvero diversi dal vampiro di Herzog e Kinski(sì, perché è una creatura di entrambi)? E' davvero un vampiro? O è qualcosa di più di un semplice spauracchio per film pseudo-horror? E' in realtà un uomo che non è uomo. E' una bestia o qualcosa di più che un semplice uomo? Murnau sembrava avere le idee chiare. Herzog invece sottolinea moltissimo il lato umano del conte, sottolinea il lato emotivo del Non-Morto. Non mostra particolari poteri sovrannaturali. Sembra anzi debole, fragile e incute pietà nello spettatore. Nei suoi occhi scuri c'è una tristezza di un colore che contrasta con il suo estremo pallore. Le sue mani hanno artigli affusolati al posto delle unghie, ma non sono così affilate, dopotutto. Sono anch'esse decadute, arrotondate. E' quasi un fallimento la sua esistenza. Cito il suo lungo dialogo con Harker(altamente poetico, oltretutto): "Io al Sole non attribuisco più nessuna importanza, né alle scintillanti fontane che alla gioventù piacciono tanto. Io adoro solo l'oscurità e le ombre, dove posso essere solo con i miei pensieri. Io sono il discendente di un'antica famiglia. Il tempo è un abisso...profondo come lunghe infinite notti. I secoli vengono e vanno. Non avere le capacità di invecchiare è terribile. La morte non è il peggio. Ci sono cose molto più orribili della morte. Riesce a immaginarlo? Durare attraverso i secoli, sperimentando ogni giorno le stesse futili cose".
Tremendo. E mai discorso più significativo di questo. E' così ricca di significato che non potrei pretendere di riassumere tutto in poche righe. E mentre Harker lo guarda con aria mista tra l'incredulo, lo scontertato e pietosa, la telecamera inquadra enormi ragnatele sulla casa, simbolo del tempo che è trascorso in maniera impietosa. Segno di una trascuratezza della vita. Nosferatu(che è Dracula, ma poi lo diverrà anche Jonathan) dice di amare le ombre(anche simbolo del male), ma non è solo una necessità fisica. E' paura la sua, paura di morire, paura del nuovo, di uscire dalla sua dimensione quotidiana, dalle sue certezze. E' un "uomo" fragile, come ce ne sono tanti. Ognuno è schiavo delle sue ombre, delle sue debolezze, delle sue incertezze.
Si rende egli stesso conto della sua diversità, ma ne è ormai insoddisfatto. Non ne è certo fiero. Non è l'immortalità un privilegio, è una condanna. Non si sente giovane, né ha speranze. Sembra rassegnato all'ombra, a vivere da diverso, nel male, se vogliamo dire così. Ma il vero male - è questo forse il vero significato del film - non è fuori di noi. Il male è in noi ed è quindi significativa la frase di Lucy: "La salvazione può venire solo da noi". Lo stesso vale per la condanna.
E' terribile sentire le parole di Nosferatu sul tempo. Il sogno dell'immortalità è completamente rovesciato e drammatizzato. A cosa serve vivere in eterno se non si hanno scopi, se non si matura davvero, se non si ama? Il tempo porta la saggezza, la barba ed i capelli bianchi, ma Nosferatu è completamente raso e pallido. La tristezza nei suoi occhi è l'unico segno del tempo trascorso. Il tempo lo ha disilluso, forse. Lo ha distrutto e uccide per (non) vivere, ma (non)vive un paradosso. Quello di non essere realmente vivo, in nessun senso. La sua mano è fredda, come la sua casa, enorme e vuota. E' gelido. Soltanto lo sguardo mostra un minimo di umanità, ma è solo nella pietà che incute. Non ha i segni del tempo, come invece li ha la sua enorme dimora in rovina, che sembra quasi abbandonata da anni. Vede tutto intorno a sé corrompersi e finire, deperire. Solo lui resta, costante e immutabile nel tempo, come le rovine, le spoglie del suo castello, anch'esso una mera apparizione, forse, come le parole degli zingari accennavano. Non ha una vera e propria età, perciò non può invecchiare. E' come se il tempo non sortisse effetto su di lui, e così lui perpetua i suoi delitti quotidianamente come una routine, ma non sente l'ardore del portare via la vita degli altri per ottenerla a sua volta. Lo fa da disperato, e non sente neanche l'esigenza di agire. Ma è un dramma di molti. Lo stesso Harker sembra insoddisfatto; così almeno farebbero intuire le sue parole a Renfield all'inizio del film. E' stanco dell'eterno fluire delle cose, dell'invariabilità della situazione. E' come se avesse un'affinità d'animo con lo stesso Nosferatu, forse giustificandone il rimpiazzamento finale.
Quindi la morte, contemplata dal conte, non è però raggiunta, perché forse non è proprio ad essa che mira interamente. E' stanco, come il protagonista, di non vivere.
Cerca l'amore. Cerca la morte. Ad ogni modo, cerca una soluzione. E alla fine troverà la sua salvezza. E il disgusto della vita e della ripetività delle sue azioni lo porterà a cercare nell'oblio la soluzione. Prima l'ascetismo, poi la ricerca della morte tramite l'amore. E succhiando il frutto dell'amore la otterrà e, consumato dalla luce del mattino, cascherà al suolo con un tonfo sordo. Lucy morirà da santa, morirà con gli occhi irraggiati dal Sole della speranza, della felicità. Il male è sconfitto. Almeno così sembra. Il male ha già preso possesso del marito, sul quale le tenebre hanno già messo le proprie mani. E' lui ora Nosferatu, il non-morto.
Nosferatu, il non-morto. Ma il non-vivo sarebbe ancora più adatto per descrivere il conte. Nosferatu per Harker, Non-Vivo per Dracula, quindi.
E nelle parole di Dracula come non leggere il concetto di essere per la morte di Heidegger(ma anche l'eterno ritorno all'uguale nietzscheano e la coazione a ripetere freudiana)?
E così decide di morire assaporando l'amore. Lucy si sacrificherà per amore del marito, nella speranza di estirpare il male. Dracula si sacrificherà anche lui per amore. E così deciderà di non andarsene e restare con Lucy. Solo l'Amore può sconfiggere la Morte. E al contempo l'amore porta la Morte. E' come se ottenendo l'oggetto del suo desiderio si esaurisse la sua vitalità, perché esplode. Mentre era quasi repressa nel vecchio Nosferatu, quello amante delle ombre, che stemperava la sua sofferenza evitando il contatto con l'inottenibile, con gli altri, ora la sua vitalità esplode.
Ed è così che diviene realmente umano e quindi anche mortale. E' triste guardarlo morire(non possiamo parlare tanto di tristezza guardando una coraggiosissima Lucy che decide di sacrificarsi), ma almeno la tristezza nei suoi occhi scompare.
Questo rapporto sofferto di Eros e Thanatos sembra essere l'inversione del quadro "Il vampiro" di Edvard Munch. Ma è sempre la donna al centro, anche se in Herzog è nobilitata ed è vittima, non spietata mietitrice.
Estremamente importante è poi la scena in cui dialoga con Lucy per la prima volta. La coraggiosissima ragazza si protegge il collo in maniera celata e al contempo riesce a dialogare con il Conte mentre egli resta invisibile allo specchio. Non è puramente umano, è solo un'ombra, a furia di vivere tra le ombre lo è divenuto anche lui. Forse è il ricordo di una sua passata esistenza. Purtroppo non ci è dato sapere nulla sul suo passato. Si può certo supporre che sia divenuto Nosferatu solo in seguito(è l'ultimo discendente della sua stirpe, ed è improbabile che siano tutti morti perché si esposero alla luce del sole...). Inoltre non può invecchiare, quindi in teoria sarebbe dovuto rimanere un neonato se fosse stato vampiro sin dalla nascita.
Ma questi sono soltanto dettagli ininfluenti. E' il dialogo ciò che conta. E' articolato su un gioco di luci e di ombre, oltreché di stupende movenze, sia da parte della Adjani che di Kinski. Entrambi sono molto espressivi. Ecco il dialogo:
Lucy dice del marito che morirà:" sì che morirà. La morte è inevitabile. Alla fine saremo tutti soli. Il tempo passa in cecità. Soltanto la morte è creazione". Dracula le risponde: "Chi dice <la morte è crudele> sono solo gli inconsapevoli. Ma la morte non è che un taglio netto. E' molto più crudele non essere capaci di morire. Vorrei poter essere partecipe dell'amore che c'è tra lei e Jonathan...". Lucy:"No, niente a questo mondo, nessuno potrà toccarlo. Ed esso non cambierà mai, nemmeno se Jonathan non dovesse riconoscermi mai più". Dracula: "Io potrei cambiare tutto, Lucy. Se venisse con me e fosse mia alleata sarebe la salvazione per suo marito... e per me: la mancanza d'amore è la più crudele e abietta delle pene". Lucy conclude: "La salvazione può venire solo da noi stessi. Lei può avere la sicurezza che niente, niente, neanche l'impensabile potrà farmi cedere".
Particolarissimo questo dialogo che ho scelto di riportare(quasi)per intero. Purtroppo alcune parti non sono state tradotte in italiano. Ad ogni modo il senso è chiaro.
Dracula conferma ciò che a noi era già chiaro. E' la mancanza d'amore e l'impossibilità di dare un taglio netto, di conformarsi ad una esperienza di vita limitata, finita, a renderlo un essere sofferente, un'ombra. Lucy ama ciecamente Jonathan, idealizza quasi l'amore, anche se lui non dovesse riconoscerla mai più. Ed infatti la malattia di Jonathan farà tabula rasa dei suoi ricordi, della sua esistenza umana, come forse è successo anche allo stesso Dracula a suo tempo. Dracula soffre a causa della mancanza d'amore, ma Lucy non cederà ed è anzi convinta che siamo noi a creare il nostro destino e a poterci salvare. Ed eroica sarà certo la sua decisione finale.
I giochi di luci ed ombra, accentuati moltissimo nelle sequenze all'interno del castello di Dracula sono ricche di allegorie e simbolizzano il dualismo e la lotta interiore.
L'abito scuro di Dracula contrasta nettamente con la sua essenza, esangue e pallida, messa in contrasto anche con gli occhi. L'espressività dei personaggi è merito delle loro splendide interpretazioni.
Klaus Kinski sembra perfetto per la sua parte. Egli esprime al massimo le sue potenzialità di attore camaleontico in questo film e ci regala uno dei due migliori vampiri della storia(l'altro è il suo predecessore, a mio avviso)e probabilmente il più realistico dei tanti. E' tetro, cupo, ma fa tenerezza. Non è da giustificare, ma da comprendere. Egli vive una contraddizione perenne. E' un essere solo, non è un uomo, ma neanche una bestia(nonostante alcune sue fattezze e la possibilità di trasformarsi in pipistrello egli cerca l'amore). Ha dei poteri, ma è fragile. E' stanco di vivere, ma continua ad essere il predatore. Fa paura, ma ha anch'egli i suoi limiti, le sue paure. Non è morto, ma non è vivo.
Kinski esalta molto questi aspetti del vampiro, rende un personaggio tutto suo, tutto racchiuso in una sua dimensione. E' certamente il personaggio meglio caratterizzato del film ed è anche il più originale per ovvie ragioni.
Isabelle Adjani che è la bellissima Lucy, rappresenta fin troppo bene la donna retta, giusta, che ama il marito con tutta se stessa e che è pronta a tutto per il suo bene, anche al sacrificio. E' estremamente sensibile e sembra avere un'alta percettività, una forte empatia. La sua semplicità ed il suo pallore la rendono bellissima e forte pur nella sua fragilità femminile.
Brunzo Ganz(Il cielo sopra Berlino; La caduta)interpreta molto bene Jonathan Harker, personaggio un po' insipido e anche un po' ingenuo, completamente preso dall'amore verso sua moglie: è per lei che intraprenderà quel viaggio rischioso verso i Carpazi(per "comprarle una casa più grande"). Seppur apparentemente non rappresenti un personaggio particolarmente forte, è invece a modo suo uno che vuole evadere dalla sua solita e ripetitiva realtà. E' anche un uomo che non si lascia abbindolare dai racconti e dalle storielle. La sua ingenuità è invece constatabile dal momento che ci impiegherà più del previsto a rendersi pienamente conto della vera natura del conte.
Ma ha in sé anche delle caratteristiche dell'eroe romantico: oltre all'amore idealizzato verso la sua Lucy c'è il suo forte coraggio(intraprende il viaggio da solo, sia per raggiungere il Conte, sia per fermare il Mostro... da notare quanto la sua permanenza al castello sconvolga le sue convinzioni)e la sua volontà di evadere da quella realtà ripetitiva. Molto molto interessante è infatti la prima parte del film, che definirei spiccatamente mistica ed esoterica.
Il cinema di Herzog è postmoderno, ma le riflessioni di Nosferatu sono evidentemente un omaggio al pensiero esistenzialista di inizio '900. Ma i personaggi sembrano essere eroi Romantici, al di là dei semplici protagonisti delle Gothic Novels inglesi ottocentesche(o di fine '700).
Il Romanticismo è un altro elemento chiave presente nel film individuato solo da pochi: a prevalere sarà infatti la crisi dell'individuo, la solitudine e l'angoscia(se dovessi riassumere in una singola parola la prima sensazione che ebbi visionando la pellicola per la prima volta è proprio "angst", l'angoscia), resa più palese però nella seconda parte del film. Il ritmo narrativo è molto lento e la pellicola, nonostante duri poco più di 100 minuti scorre a fatica. Questo perché il regista intende probabilmente rendere appieno quella sensazione di angoscia astratta che provano gli stessi protagonisti, al punto che Lucy(magistralmente interpretata da Isabelle Adjani), tentando di dissuadere il marito dal partire verso quella meta, dice: "Io sento come se una forza, io sento un'indescrivibile angoscia". E' come se il regista si soffermasse su questa sensazione. E devo dire che ci riesce benissimo, grazie anche alle musiche incredibili dei Popul Vuh che alternano a queste musiche angoscianti(come il tema principale), anche musiche che rimandano a tradizioni popolari, ai nomadi o al fluire dei fiumi.
Bellissima e nitida la fotografia, anch'essa gioca un ruolo fondamentale, in abbinamento alle immagini, e questo è dovuto in buona parte ai già citati giochi d'ombra. Non mancano poi delle scene particolari, delle chicche da citare, come i gattini all'inizio del film, o altre scene più d'effetto.
Tra queste bisogna ricordare la scena iniziale in cui vediamo alcune mummie(realmente esistenti)e mentre la telecamera si sposta su questo obbrobrioso spettacolo funebre la musica dei Popul Vuh riecheggia. Il tutto già sembra evocare quella sensazione di morte e di inanimato che circonda la pellicola. Questo senso di necrofilia è presente ovunque. Basti pensare che la bella Lucy ha la sensazione che non tornerà indietro e lo attende
Altra scena molto bella è il momento in cui il giovane Harker finalmente raggiunge il Conte che lo accoglie benevolmente. Bellissima la scena del pasto: Nosferatu guarda il vivo Harker mangiare quasi con disprezzo e con invidia, quasi non lo comprende o forse ne rimpiange l'umanità e mentre inizia a leggere il contratto le ombre ne oscurano la sagoma creando un effetto terrificante(il lato pietoso del conte verrà fuori in seguito, non subito). La scena prosegue e suona la mezzanotte. L'orologio è a dir poco tetro, vedere per capire. Poi vi è la classica scena in cui Harker si taglia con il coltello, scatenando una reazione in Dracula(e lì una persona comune avrebbe dovuto capire quello che era già ovvio...). Contrariamente agli altri Dracula, Nosferatu non assale subito la preda, ma sembra esitare e addirittura si giustifica con il giovane. Poi, come accecato dal sangue lo assale e quasi sta per impossessarsi del suo sangue quando si ferma e Harker si addormenta.
Un'altra scena che mi ha incuriosito molto è quella del suonatore: c'è il fantasma di un bambino nei pressi del castello del conte che suona sempre la medesima malinconica melodia, quasi per confortare Harker. E' in realtà una presenza mai chiarita, ingiustificata. Si tratterà di un fantasma, ma di chi?
Ritornando all'atmosfera del film, se la seconda parte è caratterizzata da un senso di angoscia, reso alla perfezione dalle stupende perfomance degli attori, dalle ambientazioni e dalle musiche, la prima parte è altrettanto affascinante ma si concentra su altro.
Dopo aver raggiunto gli zingari che gli raccomandano di non partire, Harker si avvia da solo verso i monti Carpazi per raggiungere il Conte. Il suo cammino, solitario, è reso come un distacco netto dal mondo degli uomini. Il senso mistico raggiunge il massimo. Harker si trova trasportato altrove ed inizia dunque il suo viaggio - che è il viaggio dell'eroe romantico - verso un luogo fantasma. Un luogo che forse neanche esiste, come gli zingari sembrano credere("è lo spettro di un castello"). Niente è vivo lì.
I minuti che seguono sono a mio avviso tra i più spettacolari ed estranianti della storia del cinema: le musiche dei Popul Vuh si alternano infatti al preludio di un'opera di Wagner che rende benissimo l'atmosfera romantica di quella sequenza. E come ciò è il preludio di una sua opera, questo è il preludio del viaggio di Harker(lo si può anche rileggere in chiave psicanalitica, vedi sopra). Bellissimi anche i suoi naturali, il respiro affannoso di Dracula, sofferente. Il vento, l'ululato di lupi che sembrano anch'essi malinconici, sofferenti, smorzati.
Come in "Aguirre, furore di Dio" la Natura fa' da padrona sull'Uomo, rappresentato nella sua piccolezza. Nosferatu, il male che è in noi, è solo parte della Natura. Harker intraprende il suo viaggio da solo e quasi contrasta con l'immensità dell'ambientazione.
Harker passa(scena bellissima, sicuramente la più suggestiva del film)per Partnachklamm, passa nei pressi di una cascata, scavalca delle alture e la nebbia lo accompagna durante il suo tragitto. Herzog rende obbiettivamente molto meglio di Murnau il contatto con una natura che aliena l'uomo(ma del resto c'è un'enorme differenza tra le due epoche, troppo per fare un paragone). Harker si riposa ed in lontananza vediamo il castello... o ciò che ne resta.
La resa delle ambientazioni è fantastica ed è chiaramente ispirata ai quadri di Caspar David Friedrich, un pittore dell'epoca romantica che esprimeva il sublime(ricordo che vidi qualche sito sul web in cui addirittura venivano messi a confronto alcuni fotogrammi del film con i quadri di Friedrichi e la somiglianza era davvero inquietante).
Quindi il rapporto tra l'Uomo e la Natura è parte integrante del film, ma di difficile spiegazione in ambito interpretativo nel film. Una possible sarebbe nella volontà di Herzog di voler rapportare - come già fece nel '22 il suo predecessore Murnau(che produsse una pellicola atipica, in cui poca attenzione viene data agli spazi interni, concentrandosi invece maggiormente sugli esterni, pur essendoci scene ambientate negli interni divenuti dei cult altamente simbolici, come la scena in cui l'ombra del vampiro si staglia sul muro mentre sale le scale) - l'espressione del mondo esteriore(la Natura)ad una malattia interiore(quella del Vampiro). Dunque il viaggio di Jonathan in quei luoghi maledetti in cui sembra già aleggiare la presenza del vampiro, perché luoghi selvaggi e in qualche modo a metà strada tra l'epico ed il malinconico(da notare che la malinconia è un elemento caratterizzante dei quadri di Friedrich o più in generale dei pittori romantici, anche quelli che attingevano ancora al neoclassicismo, come Hayez). Ed è inevitabile che il suo passaggio in quelle zone maledette ne segnerà il destino, tramutandolo in Nosferatu. E' come se fosse stato infettato da quel luogo ancor prima che dal vampiro stesso. E' come se la Natura fosse l'estensione dell'anima del vampiro, forgiandone la sua stessa natura. E' difficile spiegare a parole certi concetti; ben più può invece l'abbinamento praticamente perfetto tra la musiche(Popul Vuh/Wagner/Gounoud)e le pittoresche ambientazioni, che ricreano un atmosfera al tempo stesso epica, sublime ed inquietante.
La scena in cui le bare cariche di terra attraversano tramite una zattera il fiume sono un chiaro omaggio ad un altro capolavoro di Herzog, "Aguirre"(1972).
Insomma, il film è ricco di tematiche e di spunti di riflessione ed è ben più che un semplice horror o peggio ancora un remake della pellicola di Murnau.
E' invece una rivalutazione della figura del vampiro, uno sviluppo anche dei temi lasciati incompiuti da Murnau, è una pellicola che può insegnarci molte cose, pur senza pretese. E' infatti un film celebrativo del capolavoro che l'ha preceduto, non cerca di superarlo come film. Cerca di attualizzarlo, di renderlo più che un horror ad interpretazione aperta. E' un film che fa riflettere sull'Uomo e sulle sue paure. E' un film in cui il personaggio mitologico di Dracula è visto al di là delle semplici etichette di creatura malvagia o di crudele assassino(o anche di semplice seduttore).
E' appunto anche un film sul Bene e sul Male, un film che ci parla dell'Amore e di come il Tempo sia influente e ininfluente al tempo stesso.
Si può morire subito e vivere tanto conoscendo l'amore oppure si può vivere in eterno e morire in continuazione senza comprendere l'amore, senza trovare un significato.
E' l'Amore ciò che rende la vita dell'Uomo degna di essere vissuta.
Ma è anche un film sulla cecità e sulle ossessioni dell'Uomo, sull'impossibilità di placare l'animo malvagio(auto-distruttore, intendo)dell'Uomo. Il finale allude a ciò.
Riassumendo quanto è stato detto e cercando di charire un po' le idee dopo questo guazzabuglio disordinato, il film è altamente metaforico e punta molto sulla creazione di una specifica atmosfera. L'inutilità del sacrificio di Lucy è simbolico, il male cambia faccia ma resta e l'intero film diviene dunque una metafora inerente l'eterno ritorno all'uguale(lo stesso Nosferatu parafrasa Nietzsche, basta vedere il dialogo sopra riportato), il male che trionfa in maniera paradossale: basti pensare allo strano accostamento immagine-musica del finale in cui Jonathan, divenuto il nuovo signore della notte, si allontana all'orizzonte mentre "Sanctus" di Gounoud riecheggia.
Al di là dei messaggi più o meno espliciti del film, l'atmosfera cupa ed inquietante, le incredibili interpretazioni(temo di essere stato impreciso ed inadeguato in questo campo)e le trasportanti musiche(in senso letterale)rendono quest'opera di per sé preziosissima.
E' un film ipnotico, enigmatico(come il finale), cupo, triste ed epico al tempo stesso. Ambientazione, caratterizzazione dei personaggi, interpretazione, fotografia, tematiche affrontate, magnetismo, climax, le splendide musiche... tutto sembra gridare al capolavoro!
Credo di essere stato dispersivo, ripetitivo e di essermi soffermato solo su alcune faccende, però credo di aver messo in luce almeno parzialmente le tematiche del film.
Sviscerare questo film è difficile. Sulle analisi tecniche(recitazioni, montaggio, ecc...)lascio agli altri utenti il compito di commentare.
Ripeto che è un capolavoro fortemente sottovalutato e ciò non può non dispiacermi. Temo comunque che nessuno abbia avuto il coraggio di leggere tutto, ma ad ogni modo mi farebbe piacere continuare a parlare di questo film che ritengo essere un capolavoro da prendere in considerazione.
Concludiamo con i voti:
Voto(oggettivo): 8-8,5
Voto(soggettivo):10
Woodman  24/08/2013 22:27:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Letta tre volte di seguito, recensione stupenda. C'è tutto, dannazione, TUTTO. Grande.
Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  23/03/2014 12:15:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie, è un po' vecchiotta ed è molto che non la rileggo!
Comunque confermo che si tratta di un film stupendo!
moriregratis  17/10/2011 22:46:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Complimenti per il monumentale e assolutamente appropriato commento.
Uno dei capolavori assoluti del cinema, del non cinema se vogliamo, che sottostà scomodamente all'appellativo di remake.
L'ho visto per la prima volta al cinema nell'anno in cui uscì nelle sale quando avevo 8 anni e da allora fa parte di me, come poi è stato per tutti i film di Herzog (tranne qualcuno degli ultimi).
Nella scena del banchetto si sente un brano di musica folk georgiana della Vocal Ansambl Gordela, "Tzingaro".
Fondamentale la perfetta adesione della colonna sonora alla struttura narrativa del film che integra, oltre ai brani dei Popol Vuh, musicisti feticcio di Herzog, perle come il preludio di "Das Rheingold" di Wagner ed il "Sanctus" di Gounod che, come giustamente sottolineato, sottende paradossalmente al trionfo finale del male, fondamentale elemento che ribalta completamente la versione "originale".
E' sicuramente uno di quei prodotti artistici che divide nettamente il fruitore in due categorie opposte (vedi commenti).
Probabilmente la chiave per poterlo apprezzare sta nella capacità di valutare la forma "oltre la forma", di cogliere uno dei momenti più alti del romanticismo nella storia della settima arte.
Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  23/03/2014 12:21:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie mille, solo ora ho letto il commento che era molto!
Dopo molto tempo ho fatto nuovamente login al sito solo per risponderti e per ringraziarti del brano che cercavo da tempo!
Ne è passata di acqua sotto ai ponti da allora e ho avuto modo di approfondire anche gli stessi Popol Vuh parallelamente, in questo tempo; a tal proposito è da dire che l'utilizzo della musica è assolutamente funzionale al "discorso" estetico portato avanti dal regista, un Herzog qui decisamente in stato di grazia, come anche in "Aguirre", "Fitzcarraldo" e a mio avviso nei minori, ma pur sempre potentissimi "Cuore di vetro" e "Woyzeck".
saraba  08/04/2014 16:27:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"....I minuti che seguono sono a mio avviso tra i più spettacolari ed estranianti della storia del cinema"
è esattamente quello che ho provato anch'io.
mi farebbe piacere conoscerti.....
HollywoodUndead  06/01/2012 16:41:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sei stato sintetico.





A parte gli scherzi, bella recensione, condivido sia con quello che hai detto, sia sul voto soggettivo.
Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  23/03/2014 12:16:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì, a riscriverla oggi sarei stato sicuramente più sintetico!
Comunque anche se è moltissimo che non rivedo il film continua ad essere una delle esperienze cinematografiche maggiori mai avute!