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DOBERMANN regia di Jan Kounen

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amterme63     5 / 10  17/07/2011 12:08:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ennesimo tentativo fallito di fondere violenza, sadismo, protagonismo (il mondo libero ed eccitante dei fuorilegge/fuorinorme) con il comico, l'assurdo, il grottesco, il simpatico (il mondo "normale", quotidiano della ricerca del godimento spensierato).
Fallisce perché la parte comica o assurda è una sottile patina che non riesce a estraniare del tutto lo spettatore da quello che vede. Prevale l'impressione e quasi il rifiuto per la mole di violenza crudele, non tanto per il fatto che sia eccessiva o gratuita, tanto per il fatto che appare connaturata ai personaggi, li caratterizza, li identifica, diventa sostanza operante. Non viene percepita come finzione o esercizio stilistico, ma come essenza umana, come ragione di vita e per questo spaventa e disgusta.
Il comico e il satirico viene applicato costantemente ed esclusivamente alla folla di comprimari (sia poliziotti che criminali) che attorniano le due grandi, mastodontiche figure che svettano eticamente nel film: Jan/Dobermann e Cristini. Si crea intorno a loro tutto un mondo fatto di mediocrità, stranezze, brutture, comicità spicciola, apposta per esaltare i due "superuomini", intelligenti, scaltri, liberi da ogni norma o costrizioni, che esprimono fino in fondo i loro istinti, senza se e senza ma. Il modello del film più che "Pulp Fiction" è quindi "Natural Born Killers".
Anche in "Dobermann" si applica però la distinzione cardine di tutto il cinema "violento" anni '90, cioè la separazione netta fra cattiveria/violenza "buona" e cattiveria/violenza "cattiva". Quella "buona" è appannaggio di giovani belli, fascinosi, tenebrosi i quali usano la violenza per fini ben precisi (i soldi sono una ragione legittima, visto il funzionamento del sistema) e in genere non solo per se stessi, ma anche per la propria donna (la classica coppia modello "Gangster Story") o per la propria gang (che conta sopra ogni cosa, modello "Mucchio Selvaggio"). La violenza "cattiva" invece è praticata da un singolo maturo duro, cupo, cinico, egoista e soprattutto gratuitamente sadico. Agisce solo per se stesso, per il suo senso di superiorità o potere, ama schiacciare tutto e tutti, usa con piacere e gusto la violenza anche quando non è necessaria.
C'è da dire che Cristini è uno dei più personaggi più cattivi e repellenti che mi sia mai capitato di vedere sullo schermo (bravissimo l'attore). Meraviglia che sia un poliziotto. Il film è francese e questo riflette forse l'avversione congenita che hanno i giovani francesi verso "les flics". Io poi ho visto il film in italiano ma ho il sospetto (visto il cognome) che Cristini sia còrso, e così i francesi si "salvano", dando queste caratteristiche così negative a una categoria che in Francia gode di pessima fama.
C'è però un personaggio che esce dai canoni pulp ed è quello di Sonia, un travestito che sembra pari pari provenire da un film di Almodovar. E' forse il personaggio più bello e nobile del film, un ragazzo dalla doppia vita: una da sposato con un bambino, disoccupato che vive alle spalle dei genitori, ignari della sua seconda vita fatta di travestitismo, eccessi, esibizionismo e amore per altri uomini. L'intervento di Cristini esalterà il suo spessore umano, facendone il protagonista effettivo del film, il personaggio più vero.
Per il resto il film è basato sulla tecnica della sincope e dello sguardo ravvicinato obliquo. Le scene si susseguono a ritmo frenetico, brevi e velocissime, senza dare respiro o pausa. Il punto di vista è sempre innaturale, artificioso. La mdp sta appiccicata ai corpi, li guarda storti in modo da contribuire al ritmo violento e frenetico, basato sull'effetto più che sull'introversione.
Si tratta dell'applicazione estetica della cultura (death) metal, nei suoi aspetti esteriori e formalistici. Chiara a proposito è la scena della discoteca. E' lo specchio di una generazione che si esalta con gli estremi violenti e "negativi", esclusivamente nella versione immaginata, la cui essenza etica e filosofica è stata mirabilmente sintetizzata da Cronenberg in "Crash". Qui prevale piuttosto l'aspetto superficiale e celebrativo.
Tra l'altro il film fallisce proprio nelle scene di azione, francamente confuse e mal girate.