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IL PRIGIONIERO DI AMSTERDAM regia di Alfred Hitchcock

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amterme63     7 / 10  22/10/2008 21:55:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questo è il secondo film di Hichcock approdato a Hollywood e il primo dopo lo scoppio della II Guerra Mondiale. Si vede lo sforzo del grande regista di adattarsi ai canoni del cinema americano, preservando comunque alcune caratteristiche degli anni britannici, come pure l’esigenza di portare un aiuto alla patria in difficoltà militari. Hitchcock non è riuscito fino in fondo a fondere tutto, ma la sua grande arte non è venuta meno e ha tirato fuori un film di tutto rispetto.
Un bello e bravo reporter americano viene mandato in Europa a caccia di “fatti”, per informare l’opinione pubblica americana di quello che succede veramente in Europa. Lo deve chiedere a Van Meer, un anziano politico olandese, figura di spicco del Partito Pacifista Universale. Il reporter si trova suo malgrado invischiato in un torbido giro di spionaggio da parte di una potenza potente e senza scrupoli (si intuisce che è la Germania) che cerca di carpire con le cattive (torture) un segreto militare a Van Meer. Il reporter mostra una salda base etica (al di là del suo mero dovere di giornalista) e fa di tutto per mandare all’aria il piano, aiutato da un altro giornalista inglese politicamente impegnato. Non mancano avventure, suspence, colpi di scena, inseguimenti, scene drammatiche, come pure l’immancabile amore, addirittura con la figlia del personaggio cattivo. Alla fine tutto si sistema in maniera onorevole, con i buoni vincitori e i cattivi sconfitti con l’onore delle armi.
L’impronta stilistica americana si vede soprattutto nella velocità e nell’essenzialità con cui si svolge la storia. Dialoghi sparati, susseguirsi incalzante di eventi, spettacolarità delle scene. I caratteri poi sono netti e definiti, ben calati nella storia. Hitchcock cerca comunque di reintrodurre ogni tanto qualche scena un po’ comica (la festa con il rappresentate lettone) o di usare l’ironia con i personaggi (Van Meer viene a volte preso in giro per il suo idealismo), ma sono tentativi non riusciti, che mal si inseriscono nel film. Qui, quello che conta è l’emozione e la partecipazione e in questo caso Hitchcock non fallisce di certo. La sua è una sapiente mistura di conosciuto (si sa già chi sono i personaggi buoni e quelli cattivi e le loro mire) e nascosto (certi sviluppi chiave non vengono mostrati per provocare sorpresa nello spettatore). In questo film viene accentuato l’aspetto spettacolare delle riprese fino a sfiorare il virtuosismo. Molto bella e ben fatta è la scena dell’attentato e dell’inseguimento in mezzo a una foresta di ombrelli (ripresi dall’alto). La scena della torre riesce a far provare anche allo spettatore il senso del vuoto, mentre la scena dell’abbattimento dell’areo sembra quasi anticipare i film americani degli anni ’70 sui disastri (la rappresentazione dell’impatto, l’acqua che sale fino al soffitto con la gente che urla). Con questo film diventa quasi canonica l’abitudine di Hitchcock di iniziare certe scene con degli zoom vertiginosi che partono dall’esterno di un edificio (o dell’aereo) e finiscono sul primo piano di una persona.
Nei film precedenti lo scoppio della guerra, Hitchcock sembrava un po’ mettere alla berlina i pacifisti o chi si illudeva che con le buone tutto si sarebbe risolto. Anche in questo film in apparenza i pacifisti non ci fanno bella figura. Van Meer sembra un tipo svampito, un idealista fuori del mondo. Nel campo pacifista si nasconde poi un traditore, uno che la guerra la vuole davvero. Questo ancora per affermare l’assioma base del cinema di Hitchcock, che le apparenze ingannano. Con lo sviluppo del film però i pacifisti assumono ben altra dignità. Si afferma che in caso di guerra loro saranno i primi a sacrificarsi per la causa della libertà. Van Meer poi si dimostra una persona coraggiosissima e forte, riscattandosi in pieno. A lui viene riservato un primo piano con una dolorosa e rassegnata constatazione della propria sconfitta, con la speranza però che il futuro faccia prevalere di nuovo chi vuole usare la ragione e non la violenza.
Anche ai “cattivi” Hitchcock riserva un trattamento tutto sommato equilibrato. Non viene nascosto il loro cinismo, la loro violenza, però non vengono demonizzati. Il “traditore” è cosciente del proprio tradimento e ne sente tutto il peso, ha cercato però di agire in buona coscienza per l’interesse della propria “patria” e per questo gli viene riservata una fine tutto sommato onorevole.