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L'ORGOGLIO DEGLI AMBERSON regia di Orson Welles

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Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf     8½ / 10  26/03/2011 12:28:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ieri ho finalmente avuto modo di vedere quello che è uno dei film più famosi ed acclamati del regista: L'orgoglio degli Amberson.
In tutta sincerità la visione è stata un po' rovinata dal rammarico di aver visto una versione troppo modificata: l'ora e 28 della versione attuale(tra l'altro la mia versione era di ben 5 minuti in meno!) sarebbe infatti soltanto un pallido ricordo della versione pensata e realizzata da Welles, che dovrebbe durare 40 minuti in più.
Un'altra volta che ho visto un film nella versione non integrale - ma stavolta senza saperlo - è stato quando ho visto "Duello a Berlino" nell'ignominiosa versione italiana.
Detto in tutta sincerità il film, pur essendomi piaciuto abbastanza, risentiva molto dei tagli adoperati: sarà perché sono partito col preconcetto che stavo vedendo una versione "minor", ma a tratti ho avuto davvero l'impressione che mancasse la forza espressiva a determinate scene. E questa carenza l'ho interpretata come un chiaro risultato di questi tagli adoperati, che stemperano la potenza del racconto.
Ad ogni modo, giudicando la versione di 1 h e 23 che ho visto, devo dire che l'ho trovata sicuramente molto buona, però mi è difficile pensare ad un capolavoro. Il problema è che io di tecnica cinematografica non ne capisco moltissimo, quindi non posso che ribadire quel che tutti sanno circa l'uso innovativo del piano-sequenza(stratagemma visivo adoperato con esiti rivoluzionari anche in "Citizen Kane") e quindi il mio giudizio dell'opera è doppiamente incompleto.
Tuttavia, al di là del fatto che si tratta di un film molto bello, credo che - causa gli eccessivi tagli - alcune scene abbiano perso d'intensità(e anche i salti temporali alle volte mi sono sembrati troppo bruschi)e che questo film non sia certo ai livelli di altri dello stesso Welles, come "A touch of Evil" o "Citizen Kane".
Per quanto riguarda Joseph Cotten, devo dire che è un attore che mi ha sempre colpito moltissimo e il suo ruolo nel "Terzo Uomo" di Reed l'ha confermato come uno dei miei attori preferiti(forse anche per simpatia). In questo film se la cava benissimo, ovviamente.
La trama del film è essenzialmente quella di una saga familiare e vi si possono riscontrare, in maniera comunque molto meno "filosofica", alcune delle tematiche centrali del pensiero di Welles, come il potere negato, impersonato non più da un titanico Welles, ma da un orgoglioso giovanotto, capace di rinunciare alla propria felicità(e non solo)per il nome della sua famiglia, per il suo onore.
Chiaramente questo potere è negato, è spazzato via dalle sabbie dei tempi, dal sopravvento di mezzi di locomozione, il trionfo del progresso.
Lo splendore degli Amberson è dunque destinato alla corruzione del tempo, non regge ai colpi del progresso, è segnato dall'inizio(con la voce-commento di Welles)come un segno del passato. "L'orgoglio degli Amberson", attraverso la saga familiare, narra allora della fine di un'epoca cui soltanto al denaro e al progresso è data la possibilità di permanere.
Si tratta entro certi limiti di un film meno "nichilista" del precedente "Citizen Kane" e sicuramente molto meno incentrato sul titanismo: gli Amberson, in principio temuti e rispettati da tutti, indeboliranno progressivamente, fino a lasciare il solo giovane protagonista.
Se in "Citizen Kane" l'ossessione del magnate verso Rosebud era segnata dalla volontà di ritornare all'incorruzione dell'infanzia, al tempo dell'innocenza("sarei stato un grande uomo se non fossi stato così ricco") - inevitabilmente destinata allo scacco dalla morte stessa del protagonista -, negli Amberson Welles immerge totalmente lo spettatore in un'epoca di decadenza, che non è più quella semplicemente individuale, ma diviene segno di una generazione stessa con tutte le proprie illusioni, come dirà il giovane protagonista "di essere qualcuno". E infatti anche il destino dello stesso protagonista sarà tragico, nel senso che si vedrà costretto a piegarsi dinanzi al progresso: andate tutte le illusioni di cui era rimasto il solo portatore, non gli resta che cercare un lavoro, scendere cioè a compromessi con la società che aveva tanto disprezzato.
"Perché lavorare?" si chiede il protagonista. Questa sua domanda nasconde allora la sua volontà di emanciparsi dal sociale, da un ruolo che lo strumentalizzi. Ma questa sua illusione, come dicevo, è destinata a scontrarsi violentemente con la realtà dei fatti.
Sembra quasi un don Chisciotte costretto a combattere la propria guerra contro il tempo, impossibilitato a scendere a compromessi fino alla fine: tutti, compresi il personaggio interpretato da Cotten, con l'avanzare dell'età hanno infatti visto il fallimento delle proprie illusioni, dettate forse da un furore giovanile.
In un certo senso lui e la madre - anch'essa ultimo lascito dell'orgoglio della decadente casata degli Amberson - restano un po' gli unici residui di una civiltà morente. La stessa madre si è trovata a rinunciare al proprio amore per il personaggio di Cotten in due occasioni: quando, da giovane, facendole la corte da ubriaco, inciampò nello strumento che suonava; e - e questa è la decisione più importante - decidendo per orgoglio di non voler tornare fino alla fine per non mostrare al figlio la propria debolezza.
Credo che un po' queste siano le tematiche di questo bellissimo film che purtroppo è andato in buona parte perso. Il finale ho cercato di non spoilerarlo anche perché credo che la versione finale l'abbia inevitabilmente modificato per renderlo più "commerciale"(ecco che Welles non si sbagliava sull'economia ). Tuttavia credo che queste siano state grossomodo le intenzioni di Welles che purtroppo non è riuscito a creare un film "pienamente suo", senza tagli, né modifiche.
Ma resta indubbiamente un film che ogni appassionato del cinema dovrebbe vedere, se non altro per rendersi conto degli abomini compiuti in ogni epoca(Greed, anyone? )da produttori stupidi e incapaci di comprendere cosa realmente sia l'Arte.