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LE MERAVIGLIE regia di Alice Rohrwacher

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  26/05/2014 02:27:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ci sono due diversi modi di analizzare "Le meraviglie", a due anni dallo splendido - e passato purtroppo quasi inosservato nelle sale - "Corpo celeste".
Il primo è l'aspetto tecnico-stilistico del film.
Favola o realtà che sia (Lewis Carroll trapiantato nelle campagne italiane), il film trasmette questa lucida sensazione del sogno di una vita diversa, dove alcune giovanissime tentano vanamente - anche attraverso una canzonetta o una trasmissione televisiva - di sfuggire a una quotidianità rurale gerarchica, per non dire autarchica, rappresentata da una burbera figura paterna stile Padre-padrone. E' facile pensare, ricordando un indimenticabile vecchio film europeo ("Lo spirito dell'alveare", 1973) che la Rohrwacher abbia voluto tributare un personale omaggio alle sue fonti cinematografiche, passando in costante rassegna sia Marco Ferreri degli esordi che il primo Giorgio Diritti. In effetti la stessa fotografia, priva di vere suggestioni tecniche, sembra volersi affermare per la natura spontanea dell'operazione, come se captare la poesia della natura fosse un ulteriore passo verso la purezza dell'Immagine per coinvolgere lo spettatore. Ma mentre tutto questo ha qualcosa di ammirevole, l'unità stilistica del film sembra a un certo punto perdersi per strada, lievitando esotismi e lunghe pause contemplative degne di un film iraniano, cfr. alla fine sembra quasi di assistere a un film inedito di Kiarostami o di Payami riflesso con la rilettura ehm occidentale del caso. Per inciso, il film vive di luce riflessa grazie allo sguardo di Gelsomina (bravissima la giovane interprete) mentre il falso glamour della trasmissione tv filtrato dalla Maga-presentatrice Bellucci vorrebbe aderire a quell'"altro mondo" di promesse che invero è tracotante di kitsch e falsità, persino insopportabile nella sua invasiva illusione di plastica e ipocrisie.

Il mondo, o meglio il Regno Familiare di Gelsomina delle sorelle e della madre, preservato dall'immagine fin troppo grottesca del (in realtà debolissimo) padre è magicamente "violentato" dalla troupe televisiva, dalla musica, e a volte messo in discussione dalle tematiche sociali che entrano a far parte della loro vita, con l'arrivo di Martin un minorenne affidato ai servizi sociali. Emblematico il confronto col padre che chiede all'educatrice "Lei crede di conoscere il mondo?" e lei risponde "Ho fatto esperienza". Ma l'immagine che dà il film è piuttosto incoerente con le aspettative. L'"altrove" fa sognare e delude, mentre la realtà predominante cerca, anche nell'ultima sequenza, di preservare troppo artificialmente il monolitismo del "regno", senza una reale via di fuga, se non momentanea.
In conclusione, un buon film che però non riesce a separarsi da quel covo dell'abitudine o del già visto (dèja vu) dove scoprire altri mondi, anche cinematografici, se vogliamo