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SAIMIR regia di Francesco Munzi

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Invia una mail all'autore del commento gerardo     8 / 10  10/07/2005 17:59:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Saimir" scandaglia l'invisibile mondo neoborgataro del litorale romano, quell'enorme periferia urbana e umana che un tempo era il punto d'approdo dell'immigrazione interna, dal Sud Italia, dalle campagne romane e laziali, ora il regno dei rom e dell'immigrazione clandestina dal Sud del mondo e dall'Est europeo. Il film non dà giuzi e non formula concetti fornendo soluzioni sociologiche e morali: adotta invece lo sguardo di un adolescente albanese e ne segue i passi.
Saimir è un ragazzo che osserva e vive il suo mondo in bilico tra il rifiuto e la naturale, costitutiva partecipazione: la sua convivenza col padre (il quale tenta di rifarsi una vita in Italia sperando in una "piena" integrazione) è un'esistenza all'insegna del reato, il traffico di clandestini. Ma anche la stessa vita parallela di Saimir è costellata di reati, come i furti e le rapine nelle ville. Ma Saimir ha qualcosa di diverso dal suo mondo (suo cugino è un magnaccia, un suo "amico"/"datore" di lavoro albanese è un mafioso), di più pulito e candidamente adolescenziale. Saimir, però, vive una condizione di spaesamento rispetto a tutto: alla sua famiglia, alle sue radici e all'ambiente microdelinquenziale da cui è circondato: la sua partecipazione ai reati è sempre più distaccata. Ma lo è anche rispetto alla società di cui è "ospite": non pienamente integrato, Saimir può solo osservare i suoi coetanei italiani e quando s'innamora, corrisposto, di una bella ragazza romana, non sa amarla per quello che è. Il regalo costoso che le fa per conquistarla definitivamente è un modo goffo e volgare, anche se ingenuo e innocente, di "comprarla". E' un gesto, questo, che riporta Saimir a certe radici culturali e antropologiche albanesi per le quali la donna è pressochè una merce. La sua lontananza dalla società italiana e piccolo-borghese - sogno proibito di ogni immigrato che giunge in Italia - è ora incolmabile. La sua integrazione sfuma sul nascere di quella minima opportunità.
Ma quando un'altra sfortunata immigrata sua coetanea finisce nelle mani del clan mafioso che gestisce la prostituzione, Saimir acquista piena consapevolezza delle proprie possibilità e comprende che un taglio netto col proprio mondo e con la propria famiglia è l'unica via per giungere a un'integrazione morale e sociale con l'"altro" mondo, il nostro. Forse.