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MAGDALENE regia di Peter Mullan

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kafka62     6½ / 10  25/03/2018 18:51:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se si sorvola sull'insolita ambientazione claustrale e totalmente femminile, "Magdalene" potrebbe essere scambiato per un qualsiasi film del filone concentrazionario, dove al posto di caserme, carceri o lager c'è un istituto religioso, e a sostituire sergenti sadici, secondini tirannici e kapò violenti ci sono delle terribili suore aguzzine. In effetti gli elementi del genere ci sono tutti: dai tentativi di fuga alle punizioni, dalle sopraffazioni quotidiane ai momenti di solidarietà tra le recluse. Ciò che sorprende, in un film che vuole rispettare, stando almeno alle dichiarazioni del regista Peter Mullan, la verità storica, è che la vicenda non è ambientata in un remoto Ottocento da romanzo dickensiano ma nei vicinissimi anni 60, e che le famiglie che obbligano delle giovani innocenti (spesso ragazze madri, o vittime di violenza carnale o ritardate mentali) a rinchiudersi per tutta la loro vita in un convento non sono quelle patriarcali di due secoli or sono o di uno dei tanti paesi del Terzo Mondo, ma sono quelle di appena due generazioni fa, in uno stato moderno (e cattolicissimo) come l'Irlanda. Lo choc di "Magdalene" sta proprio nel suo apparente anacronismo, nella presa di coscienza che il maschilismo estirpato dalla società contemporanea è troppo fresco per farci essere proprio sicuri di averlo debellato del tutto. Per quanto riguarda invece le polemiche degli ambienti clericali all'uscita del film, esse lasciano francamente interdetti, a meno che non si pensi che il Vaticano, che negli ultimi anni ha chiesto molte volte scusa per gli errori compiuti in passato dalla Chiesa, voglia arrogarsi lui e solo lui il diritto di scegliere i tempi e i modi per farlo anche in merito alle famigerate Magdalene Sisters.
Per ciò che concerne gli aspetti più strettamente cinematografici, bisogna dire che "Magdalene" non brilla per originalità: Mullan mette da parte qualsiasi vezzo stilistico (a parte una stupenda inquadratura riflessa nell'iride dell'occhio insanguinato di Bernadette) per raccontare in maniera classicissima i destini incrociati di tre ragazze. Ci sono parecchi cliché nell'itinerario di caduta (involontaria), espiazione (ingiusta) e riscatto (sacrosanto) che esse si trovano a percorrere, e molti snodi narrativi sono risolti in maniera un po' aneddotica (vedi l'episodio del prete fornicatore punito con la biancheria all'ortica), eppure bisogna riconoscere che, pur abbastanza convenzionale, "Magdalene" riesce a non essere mai stereotipato e banale. Quando ad esempio il fratello di Margaret viene a liberare la ragazza, noi non vediamo le scontate lacrime di sollievo e di gratitudine sul suo volto; al contrario, lei si rivolge al fratello con queste irose parole: "Ma perché ci hai messo quattro anni a venirmi a prendere?", e al ragazzo che, impacciato, le dice che "doveva crescere", Margaret replica: "E non potevi crescere più in fretta?". Insomma, non c'è alcun buonismo in questo film e, se si esclude forse il personaggio di Crispina (quello fin dall'inizio predestinato alla tragedia), gli altri sono disegnati con notevole sottigliezza psicologica, soprattutto quello di Bernadette il quale, a costo di apparire sgradevole e antipatica alle sue stesse compagne, non accetta mai, neppure per un istante, di scendere a compromessi con l'istituzione di cui è ospite e vittima allo stesso tempo, incarnando fino alla fuga finale quel non riconciliato spirito di indomita libertà che – in fin dei conti – è il messaggio più forte che il film vuole lanciare contro le violenze perpetrate ai danni delle donne in tutte le epoche storiche, tutti i regimi politici e, non ultime, tutte le religioni.