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NYMPHOMANIAC - VOLUME 2 regia di Lars von Trier

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oh dae-soo     8½ / 10  15/05/2014 03:00:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ho visto il film intero al cinema, non lo diviso in capitoli

presenti spoiler

presenti spoiler
Purtroppo essere uno dei pochi autori rimasti caro Lars è una condanna.
Se poi sei un testa di càzzo come sei, un furbetto che si sa vendere benissimo e uno che dice panaccio al pane e vinaccio al vino sei ancora più nei guai.
I tuoi film son massacranti, troppo pessimisti, senza speranza, cattivi, a tratti disgustosi, perversi, come te.
E sto dicendo quello che penso eh, senza ironia.
Ma vivaddio, c'è ancora qualcuno che scrive film, che prova a metterci dentro tutto, che cura la scrittura e l'estetica, che si espone. Vivaddio Lars. Sei uno grande strònzo e dopo quest'ultimo film te lo dico ancora più forte. Ma non ho paura di te. Perchè chi ti distrugge ha paura. Perchè nei tuoi film c'è tanta verità, tantissima, ma non ci piace saperla. Fai una cosa però la prossima volta. Di verità mettine anche altre, che ce ne son tante anche di bellissime.
La vita è tante più cose.
Ma anche le tue, non so se soprattutto le tue, ma anche le tue.

Nymphomaniac è certamente il film più ambizioso di Trier, a mio parere quello definitivo.
O almeno il definitivo per una certa poetica che film dopo film ha portato a questo.
Senz'altro il più importante perchè qui, solo qui, Trier riesce a parlare di tutto.
Il sesso è solo il mezzo.
Già, il sesso.
Nei suoi film c'è sempre, ed è sempre visto in maniera negativa.
Da quello umiliante e "costretto" de Le Onde del destino, a quello violento e di sopraffazione di Dogville, da quello metaforico e automutilante di Antichrist a quello stanco e senza significato di Melancholia.
E anche qua il sesso fa una pessima figura.
Ma del resto la protagonista è una ninfomane, ed il sesso la sua malattia, e non ci può essere bellezza in una malattia anche se credo che se solo essendo stati malati si può apprezzare fino in fondo la bellezza del non esserlo.
Joe ha molte meno colpe di quello che può sembrare, Joe soffre per quello che è.
Perchè non la porta nulla, solo a tanta sofferenza nascosta dietro piaceri fittizi.
Non gli porta benessere, non gli porta felicità, non gli porta gioia, niente.
Ad un certo punto, nel magnifico sfogo dalle sesso-dipendenti lei rivendica quello che è, ne va orgogliosa quasi. Ma perchè non riesce a combatterla, non perchè gli piaccia. E via l'ipocrisia, io sono malata e preferisco dire al mondo che lo sono che far finta di non esserlo. Potete aiutarmi? no.
Impossibile parlare di questo film, almeno per me che amo questo regista. Impossibile darsi un'ordine, sempre che un ordine sia meglio del disordine.
Mentre Lars, come sempre, un ordine se lo dà.
La sua schematicità, i suoi immancabili capitoli, il suo dare una forma definita a tutte le informi tematiche che presenta, il suo fare film a tesi, beh, anche Nymphomaniac è così.
Come una novella Kaiser Soze Joe osserva la stanza di Seligman e per ogni oggetto che vede o ogni storia che Seligman le racconta lei inventa il nome di ogni capitolo.
E ogni capitolo è un capitolo della sua vita.
La scoperta di quello che si è, la voglia irrefrenabile di perdere la verginità, con quella prima volta e quella sequenza matematica che sempre le resterà in testa, così fredda e inesorabile, sequenza che come un contrappasso tornerà poi alla fine.
E sta proprio qui uno dei paradossi del film, nel fatto che l'amore, l'unico amore di Joe sia poi quell'uomo che in quella maniera così abitudinaria e disinteressata l'avviò al sesso. E Jerome, lui, sarà infatti il film rouge dell'intero film, presente in ogni capitolo, e fonte per Joe, forse l'unica, di tutti i sentimenti che una persona può provare, l'amore, l'odio, l'affetto, l'attrazione.
C'è una scena, la scena che è poi il finale del volume uno, che da sola vale più di tante parole.
"Non sento niente" dice Joe, per poi quasi urlarlo un'altra volta.
Lei che ha quella vagina così sensibile, così pronta a farle scoppiare ogni volta il cervello non sente niente.
E non sente niente proprio quando, in uno dei capitoli più belli, parla per la prima volta dell'amore, o di qualcosa che gli somiglia. Quella cosa che insieme all'abitudine rassicurante e alla trasgressione animale crea la polifonia del suo sesso, o forse, della vita stessa.
"Non sento niente" dice Joe perchè l'amore l'ha anestetizzata. Perchè lei non si piace, non ama quello che è e che la sua malattia la porta ad essere, e il suo corpo si rifiuta probabilmente di provare le stesse sensazioni degli altri con un uomo che ama.
Qualcuno la vedrà come una frase che annienta definitivamente l'amore, io come una che lo esalta.
Trier ci parla dell'inesistenza dell'amore o della mancanza di esso, del suo bisogno?
Il film, e la sua protagonista con esso, sembrano ogni volta dare una risposta diversa.
Perchè, a differenza di altri Trier qua e là ci sono degli sprazzi di luce, delle speranze, dei sentimenti, persino, e questa è quasi una novità, degli uomini di valore.
C'era stata la Grace di Dogville, la Selma di Dancer in the Dark, la Bess de Le onde del destino.
Tutte anime pure, poi magari travolte dagli eventi, ma anime pure.
Ma mai, o molto difficilmente, avevamo visto con Trier un uomo che ci rendesse orgogliosi del nostro sesso.
(a questo proposito l'arringa che fa Seligman nell'ultimo capitolo sulla differenza tra l'esser uomo o donna è chiaramente esplicativa della visione di Lars)
Qua c'è il padre di Joe, un padre che la ama, un padre che le insegna la bellezza della natura.
Un padre che cerca negli alberi le anime delle persone.
E anche Joe poi, dopo una ricerca lunga quasi una vita, troverà la sua.
E sarà un albero che malgrado tutto sta ancora in piedi, storto e distrutto dalla vita. Come lei.
Ma che sta ancora in piedi. Come lei.
Ed è solitario, come lei.
Ed è nato in una zona arida, come lei.
Quando Joe cancellerà come terapia tutto quello che la riconduce al sesso, praticamente ogni singolo oggetto di casa sua, resterà intatto un solo libro, quello con quelle foglie di suo padre.
Perchè lei ha bisogno di lui. E in una scena stupenda in un capitolo che di trieriano ha tanto poco per quanto è emotivamente bello e positivo, in questa scena la bellezza non è lei che piange nel vederlo morire, non è nelle immagini, ma è in quello che lei gli chiede, ripetergli ancora una volta, l'ennesima dopo centinaia, la storia del frassino.
"Non me la ricordo" gli dice lei, con quella bugia così pacchiana e dolce. Una meraviglia.
Avevo parlato un giorno delle costanti, di quelle cose che in vita ti fanno star bene, stupide o importanti che siano. La storia del frassino era una delle costanti di Joe, probabilmente l'unica che la faceva stare realmente bene.
E forse non è un caso che l'uomo migliore del film muoia divorato dalla malattia, perchè Lars è uno strònzo e questo lo sappiamo tutti.
Che poi Seligman all'inizio lo dice a Joe.
"Non ho mai incontrato un pessimo essere umano" le dice.
Ma che significa? Vuole metterla a suo agio, si vuol dire pronto a tutto quello che gli racconterà, ha in mente qualcosa?
Ma Joe racconta, e racconta e racconta.
E lui ascolta.
E giustifica tutto.
E non si capisce se giustifichi tutto dall'alto della sua cultura, dall'alto della sua umanità o dall'alto della sua esperienza.
Che non ha.
Perchè la ninfomane Joe sta raccontando tutte le sue "nefandezze" a un uomo che non ha mai conosciuto il sesso, un vergine, un puro, uno che non può giudicarla male semplicemente perchè non ha i mezzi per giudicarla, la sua mente non ha tutte le sovrastrutture, i moralismi e le implicazioni che l'esperienza del sesso ti dà.
Già, puro, vergine, ma la purezza esiste? o è solo ipocrisia?
I due parlano di tutto, lei di vita, lui di libri, musica, storie che possono essere metafora di quelle esperienze di vita.
Lui è la cultura, lui è il padre e il prete, il confessore che però non ti darà la punizione, un prete laico che non giudica perchè non ha le armi per farlo.
Tante sue frasi, ma anche tante di Joe, sono la voce di Trier stesso che con pretesti a volte forti a volte labili parla di tutto, della società, della cultura, della religione, persino dell'antisemitismo (e sapete cosa gli è successo...). Insomma, la visione del mondo di Trier è tutta qua dentro.
E forse il "pezzo" più forte e coraggioso è quello sulla pedofilia, quasi disgustoso e pericoloso ma solo se facciamo finta di "coprirci" di una moralità di facciata.. Perchè quello che Joe dice è una verità che ci dà fastidio. Il malato è malato e non ha nessuna colpa finchè non fa male a nessuno. Se mette in atto la sua malattia è un mostro (e non ci sono dubbi) ma se la reprime e vive una vita di solitudine, tristezza e rinunce è solo da capire e, tiro fuori un parolone, voler bene.
Sta qui la mancanza di ipocrisia di Trier, quel suo essere unico in questo.
Quello che mi piace di Trier è che non sembra mettersi mai seriamente su un piedistallo, o meglio lo fa sempre ma sa anche essere ironico, prendersi in giro. E non parlo solo dei giochi grafici con cui si diverte a "sporcare" i suoi film ma anche di moltissime scene nelle quali il grottesco, l'ironico, persino il comico fanno capolino.
La sequenza dei dadi, la rassegna dei càzzi, la fantastica scena con la Thurman, così drammatica, intensa, distruttiva ma anche capace di tirarti fuori più di una risata, l'incredibile e quasi ridicola scena dei cucchiai, Trier sa prendersi in giro, tutti lo prendono troppo sul serio, nel bene o nel male ma lui nel suo sentirsi onnipotente sa anche sdrammatizzare.
Incredibile il rimando ad Antichrist, talmente referenziale da dar fastidio ma anche lì, poi, il suo si rivela solo un gioco con lo spettatore.
Sto andando a casaccio, me ne rendo conto, ma parlo e scrivo di getto.
Torniamo al sesso. A proposito, ce n'è tantissimo di esplicito, non so cosa abbiano tagliato ma vi assicuro che la "censura" per una volta ha avuto maglie molto larghe.
C'è il sesso per avere un orgasmo, quello perchè il richiamo è troppo forte, quello perchè si è soli, quello per noia, quello per farsi male e punirsi, quello, e Joe ci prova in almeno due occasioni, per vivere sensazioni uniche, belle.
I capitoli vanno avanti, la vita di Joe va avanti.
Il primo racconta la sua iniziazione con quel sesso visto come gioco e conquista da ragazzina, poi nel secondo c'è la scoperta che quel ragazzo, Jerome, le dà sensazioni che altri non le danno, poi con la Signora H vediamo una tra le tante possibili conseguenze che la sua malattia o il suo modo di fare possono arrecare ad altri anche se per Joe tutto quello che succede non è importante, se fai una frittata devi rompere le uova e lei quella frittata non potrà mai rifiutarsi di mangiarla.
Poi il bellissimo capitolo della morte del padre in salsa Poe, poi quello straordinario sulla musica (e il sesso) polifonico, poi quello del dolore, della punizione, del calvario, con quella specie di crocifissione coi lacci, capitolo di una violenza inaudita ma che regala a Joe, dopo moltissimo, un autentico orgasmo, come quello quasi mistico che ebbe spontaneamente sull'erba a 12 anni.
E poi c'è lo specchio, Joe inizia a conoscersi davvero e per la prima volta vuole guarire.
E alla fine, il capitolo della perdita di tutto, di lei e di lui che la umiliano, le uniche due persone, probabilmente, che le hanno regalato emozioni vere e positive in vita sua, o almeno nel sesso.
E il racconto di Joe è una catarsi, una purificazione, quella sola notte lei farà più bene a sè stessa che in una vita intera. Ma poi, poi, quel finale...
Ma prima del finale parliamo un pò più di cinema e meno di scrittura.
Gli attori sono tutti ad altissimo livello, la solita straordinaria Gainsbourg che adesso merita però altre parti, merita meno sofferenza, merita di allontanarsi per un pò da Lars.
Ma spicca su tutti la splendida Stacy Martin, vera protagonista del film, una sorpresa incredibile per qualità recitativa e coraggio.
Inutile parlare della bellezza estetica del film, forse l'unico aspetto che anche gli haters di Trier non riescono ad attaccare. Quel prologo su quella piazzetta nel vicolo, quel volteggiare sotto una finissima neve in un ambiente piccolissimo, circoscritto. La camminata di lei in bianco e nero verso l'ospedale, la scena replay di Antichrist, l'eleganza in alcune scene di sesso, i flash back col padre, l'albero solitario della montagna...
Non tutto funziona, un film di 4 ore ha inevitabili cali di ritmo, la ridondanza della cultura di Seligman a volte è davvero eccessiva, alcuni passaggi di sceneggiatura sono mal curati (o almeno in questa versione tagliata. Ad esempio, che fine ha fatto lui? perchè non vive più con lei?).
E la parte finale, quella del "recupero crediti" l'ho trovata davvero irreale, una deriva che un personaggio come Joe non mi suggeriva proprio, troppo labile la motivazione che lei conosce gli uomini e le loro perversioni per intraprendere un lavoro che fino a quel momento col personaggio non ci azzeccava nulla.
Ma incredibilmente Nymphomaniac era un film che qua e là mi aveva regalato bagliori di speranza, una visione che dai soliti 180° neri di Trier aveva cominciato ad acquisir gradi anche dall'altra parte, quella bianca.
Come quello spicchio di sole che vede Joe nel muro sulla finestra.
La catarsi è forse completa e Joe, anche se attraverso una modalità ingiusta, quella dell'annullamento di sè, è forse riuscita a capire come guarire. E lo ha fatto anche, o forse soprattutto, grazie all'incredibile aiuto di Seligman, uomo così straordinario da risultare quasi tragico nella sua figura.
Ma questo è Trier signori e in due minuti può farvi rileggere tutto in una nuova prospettiva, come la macchia di thè sul muro della casa.
E forse quando Joe stava per uscire da un vero inferno, di vita e mentale, poi strapiomba in uno ancora più infuocato. E ancora una volta per colpa dell'uomo e della mancanza di purezza che Trier da anni ci urla contro.
Trier è Trier e a volte quanto vorrei non fosse lui.
"L'amore è l'ingrediente segreto" dice però l'amica B. a Joe.
Già, l'amore è l'ingrediente segreto.
Trova l'albero giusto, trova l'anima giusta.
Trova l'albero giusto e anche il tuo tornerà su.
E compariranno le foglie più belle di tutte.
Quelle di frassino
Delfina  16/05/2014 19:30:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono molto d'accordo a grandi linee con il tuo commento, e in particolare sul filo rosso costituito dall'amore di Joe per Jerôme.

Purtroppo non ho potuto commentare subito dopo aver visto la seconda parte, ma non c'è dubbio che tutto il significato del film è racchiuso in questo (ultimo, se escludiamo poi

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER) dramma sentimentale che riecheggia, ripetendo simmetricamente e ancora più crudelmente, l'orribile iniziazione sessuale vissuta da Joe adolescente oltre tre decenni prima, quel terribile 3+5 che marchia a fuoco la sua ricerca del piacere e la fascinazione compulsiva per il sesso.
oh dae-soo  17/05/2014 00:51:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Assolutamente.
Jerome è il punto di riferimento e la cartine di tornasole per analizzare ogni altra cosa avviene nel film.
Nel bene e nel male.
Io credo che sia un film di una profondità pazzesca.
Ha un unico problema, è di Trier
Misialory  27/05/2014 08:02:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Complimenti per questa accurata recensione
oh dae-soo  27/05/2014 10:14:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ti ringrazio molto.