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IL VENTRE DELL'ARCHITETTO regia di Peter Greenaway

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atticus     9 / 10  26/09/2011 19:15:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Presentato in concorso al 40° Festival di Cannes, è forse il più accessibile tra i film di Greenaway, un punto di vista sulla perdita e sulla caduta, artistica ed affettiva.
Non c'è minuto de "Il ventre dell'architetto" in cui il regista britannico non precisi una coscienza profondissima dell'incontrollabile ciclo della vita e della morte (già tema tra i temi del precedente "Lo zoo di Venere"): il film inizia con Sturley Kracklite e sua moglie Louisa che consumano un rapporto sessuale in un treno, e termina con la nascita del bambino e la conseguente uscita di scena del padre (Krack-lite è un nomen omen). Proprio in questo senso è funzionale l'ambientazione a Roma, ventre artistico per eccellenza che divora e digerisce tutto: gli stili, le epoche, le persone, le ideologie….
Il film si interroga ancora una volta sul potere dell'arte come elemento di mediazione nella società contemporanea, ma allo stesso tempo rappresenta l'itinerario di un'umiliazione artistica che non conosce scappatoie e che trova l'unico sfogo nel decesso. Tra cupole e pancioni in primo piano, si assiste al decadimento dell'uomo che non è più in grado di amare perché sopraffatto dal dolore fisico e dall'incombere della morte.
Un'opera di straordinario livello, tra le più emozionanti che Greenaway abbia mai fatto, merito anche dei grandi interpreti (sontuoso Dennehy) e della splendida colonna sonora di Wim Mertens, con l'irrinunciabile "Struggle for pleasure" posizionata ad hoc in un'affasciantissimo momento clou della vicenda. Unico difetto: la scrittura un tantino affrettata (o volutamente criptica, sentitamente superficiale) dei personaggi di contorno.
Da umanista, non ho potuto fare a meno di notare un parallelo tra il protagonista di Greenaway e il pellegrino oltretombale della Divina Commedia di Dante: entrambi sono intellettuali esuli in terra straniera che, «nel mezzo del cammin di nostra vita», si ritrovano in una selva che per il primo (Kracklite) ha la fattezza, anche fisica, di una città d'arte divoratrice come Roma, per il secondo (Dante) ha i cromatismi oscuri del peccato che avvinghia l'essere umano; come Dante sviene di fronte a racconti ed emozioni forti, così Sturley Kracklite perde i sensi al cospetto della perfezione plastica delle statue romane; ambedue ricorrono alla tutela di un'illustre personalità artistica, il poeta Virgilio ed il teorico illuminista Etienne Louis Boullée, che possa guidarli con sennatezza nella loro impresa; tanto il viaggio di Dante è improntato sulla salita, tanto il percorso di Kracklite si compie tra loggioni ed alture, fino a sfaldarsi in una mortale caduta.
Ma è solo un'interpretazione personale che probabilmente avrà dei detrattori.
julian  15/05/2013 19:25:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Gran bel commento, complimenti.
atticus  15/05/2013 20:08:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie mille, un film che amo molto!