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BORGMAN regia di Alex van Warmerdam

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Invia una mail all'autore del commento ilSimo81     7½ / 10  17/11/2014 17:03:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Borgman è un uomo misterioso che compie azioni inspiegabili. L'ingresso di questo elemento estraneo nella quotidianità di una famiglia borghese porterà ad un progressivo ed inesorabile cambiamento delle vite di tutti.

Alex Van Warmerdàm dovrebbe dare di più al mondo del cinema. L'olandese ha una genialità, una freschezza, una brillantezza che meriterebbero di esprimersi ben oltre la relativa esiguità della sua produzione.
Tutto ciò che riguarda Borgman e il suo universo, dal suo giaciglio al teatrino, sono una metafora complicata. "Borgman" è infatti un film che va letto ben oltre la trama, per coglierne il senso più pieno quale critico ritratto della borghesia. Vi è un nobile precedente con medesima intenzione, ma con modi diversi. "L'angelo sterminatore" di Bunuel puntava il dito contro la società borghese di metà Novecento, mettendo a nudo l'ipocrisia, le bassezze e la pochezza umana dei salotti-bene. Lo sguardo di "Borgman" si posa invece sulla famiglia borghese contemporanea: non un nucleo ben amalgamato, bensì un mini-universo di monadi, arroccato in lussuose abitazioni ma retto soltanto da interazioni flebili e facilmente alterabili.

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Tutto trova perfettamente incastro in questa pellicola: le recitazioni sono intense e pienamente convincenti, le variazioni dei colori di fotografia sottolineano ogni interazione tra persone e luoghi. E non potrebbe essere diversamente: "Borgman" è un film silenzioso (lunghe pause, assenza di colonna sonora) che lascia necessariamente a immagini e metafore il compito di trasmettere.

L'intrigante espediente dello "sconosciuto intruso" chiaramente non è una prerogativa di "Borgman": torna trasversalmente in diverse pellicole, figlie di culture radicalmente differenti (peraltro, tutte ben riuscite) e di registi importanti, che l'hanno scelto come metodo narrativo per gli intenti più disparati. Vedi: il controverso "Teorema" di Pasolini (1968), lo sconvolgente "Visitor Q" di Miike (2001), il poetico "Ferro 3" di Kim Ki-Duk (2004).
A questi si aggiunge necessariamente l'irriverente "Hesher è stato qui" (2010).