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L'AMORE BUGIARDO - GONE GIRL regia di David Fincher

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amterme63     7½ / 10  18/01/2015 22:43:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Amore bugiardo" è un tentativo (sostanzialmente riuscito) di far rivivere lo spirito che animava i film di Hitchcock in un contesto stilistico di tipo postmoderno.
Appartiene a Hitchcock ad esempio la dialettica apparenza-verità, l'avvertimento di non arrivare subito a facili conclusioni, a dare per scontata la colpevolezza di una persona, anche quando tutti gli indizi sembrano arrivare a questa conclusione. Era una caratteristica basilare dei film di Hitchcock, che Fincher ha buon gioco ad aggiornare al mondo di oggi, in cui i mezzi di comunicazione di massa condannano ancor prima di avere le prove della colpevolezza. La pressione del giudizio sociale, già tanto forte negli anni 40-50, è adesso ancora più forte ed invadente di allora, e forse il film di Fincher è fin troppo "buono" e di mano leggera nel disegnare l'enorme pressione della medialità sulla vita di chi si trova sfortunatamente ad essere sotto i suoi riflettori.
Di stampo hitchcockiano è anche la caratteristica di disegnare caratteri contorti, spesso labili psichicamente (vedi Marnie), di dare importanza allo sviluppo psicologico delle persone (l'ambiente sociale, i rapporti con i genitori, ecc.).
In comune con i film di Hitchcock c'è anche la caratteristica di svelare durante il film la soluzione del "delitto" posto all'inizio e di spostare quindi l'attenzione dello spettatore sul perché dei fatti, più che sul come.
Ci si allontana invece da Hitchcock per il fatto che in "Amore bugiardo" non ci sono valori o istituzioni certe su cui fare affidamento. L'istituzione della "famiglia" (una certezza basilare per Hitchcock) qui non ci fa bella figura e mostra tutta la sua fragilità e crisi profonda (l'unico legale saldo e sincero è forse quello fra il protagonista e la sua sorella gemella). Manca poi la certezza di una soluzione, di un "appagamento" o sistemazione; domina invece l'incertezza assoluta, addirittura dei propri stessi sentimenti. Nel nostro mondo postmoderno dobbiamo fare i conti con la mancanza di qualsiasi certezza di natura esistenziale. Siamo quello che conviene essere, quello che gli altri si aspettano, quello che le apparenze dicono; l'essenza, il nostro vero essere viene percepito sì - il protagonista non ci vorrebbe rinunciare - ma la vita sociale non ce lo permette e nemmeno il rapporto con le persone che ci stanno più vicino ci agevola in questo.
Purtroppo lo stile narrativo di Fincher non è quello sintetico, coeso, compatto e lineare di Hitchcock; domina invece lo stile postmoderno fatto di avvenimenti banali, esposti a ritmo frenetico in un contesto temporale incerto, legati da nessi logici che "sfidano" lo spettatore a partecipare ad una specie di quiz-gioco enigmistico tipo puzzle, in cui tra l'altro si può pure mettere in dubbio l'effettiva verità di ciò che viene mostrato.

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Io l'ho trovato un po' prolisso e a volte macchinoso. Comunque rimane impresso e fa riflettere. Non posso far altro che consigliarne senz'altro la visione.
Pessima la recitazione di Ben Affleck; sempre la solita espressione trasognata dall'inizio alla fine che banalizza molto il suo personaggio. Peccato.