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GRAND BUDAPEST HOTEL regia di Wes Anderson

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8 / 10  04/09/2014 13:25:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vivacissimo e rutilante; un caleidoscopio di colori, personaggi e situazioni sospese tra la commedia ed il dramma costituenti a mio parere -con "I Tenenbaum"- l'apice artistico di Wes Anderson. Una pellicola in cui l'inconfondibile stile del regista si fa più maturo ed intraprendente, ancor più consapevole dei propri straordinari mezzi. La tendenza all'eccesso scenografico è servita in modo ammirevole con una mirata esasperazione delle architetture e dei contrasti cromatici. Si utilizza in modo perfetto il fatto di trovarsi in un non luogo, all'interno del quale si possono ordire scenari favolistici di fenomenale impatto.
"Gran Budapest Hotel" è infatti molto fiaba, ancor di più commedia con un pizzico di dramma, ques'ultimo alleggerito dai toni surreali.
Solo in alcune situazioni limite, in cui Adrien Brody e Willem Dafoe compaiono come vampiri appena usciti da un film muto risalente al periodo espressionista, Anderson dà fondo ad aspetti macabri sempre perfettamente inseriti nel complesso narrativo. A proposito di attori il cast è di quelli da leccarsi i baffi; a tenere banco l'incredibile Ralph Fiennes infilato in un personaggio difficilmente dimenticabile: gerontofilo, avido, narciso, eppure al tempo stesso dotato di una notevole nobiltà d'animo e di un coraggio non indifferente. I suoi siparietti col "garzoncello" Tony Revolori sono una prelibatezza, con il giovane attore a spiccare in un cast che ai soliti noti aggiunge volti nuovi come quello di Saoirse Ronan o della sempre più trasformista Tilda Swinton.
Gli elementi visivi sono i soliti, ma il regista riesce ad andare oltre l'immagine, non solo grazie ad una sceneggiatura dai meccanismi perfettamente oliati, ma perchè capace di far riflettere, intersecando uno degli orrori più grandi della storia recente (la Grande Guerra) con il faceto. Le (dis)avventure di Mister Gustav sono influenzate dall'incombere del massacro, e il suo fidato assistente non è altri che l'incarnazione dell'immigrato odierno o del perseguitato di allora. Il film è infatti dedicato a Stefan Zweig, poco conosciuto scrittore austriaco, pacifista convinto, ovviamente angariato dai nazisti.
Insomma Anderson questa volta fa centro inserendo qualche riflessione alta senza perdere di vista il suo stile surreale miscelato a forti influenze risalenti alla cinematografia del passato.
Non ho mai smaniato per l'uscita o la visione di un film di questo autore, da oggi credo che le cose cambino.