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GRAND BUDAPEST HOTEL regia di Wes Anderson

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amterme63     7 / 10  21/08/2014 15:13:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Buon film, divertente, basato tutto su ciò che comunemente ci si aspetta da un film: ritmo, azione, emozioni, lotta fra personaggi buoni e personaggi cattivi, lieto fine, commozione, nostalgia. Il tutto confezionato facendo esplicito riferimento ai mezzi collaudati che ha il cinema, nel suo specifico di mezzo artistico, per raggiungere questo scopo. Fin dall'inizio è quindi scoperto il gioco di rimandi ai trucci, alle illusioni, all'artificialità delle messe in scena che il cinema nella sua storia ultracentenaria ha ormai fatto entrare nel bagaglio del sentire comune. Non manca comunque una sana ironia al proposito. La verosimiglianza qui non conta e non può certamente contare. Questo vene messo subito in chiaro, fin dall'inizio.
Anche i personaggi non valicano il recinto della finzione, tenendosi appositamente nei tipi che l'immaginario collettivo letterario e cinematografico si aspetta di vedere in una storia storico-nostalgico-romantico-avventurosa. Non si vuole essere nuovi o creativi, ma appositamente richiamare tutto ciò che si è ormai depositato come retaggio culturale di base e che quindi ci dà una sensazione piacevole, come rivedere qualcuno che si conosce bene e con cui siamo bene in confidenza; un divertimento che non ci disturba o non ci pone dilemmi o quesiti gravosi.
Ovviamente si cerca di evitare accuratamente l'esposizione piana, piatta e ordinaria (che rovinerebbe la sensazione di sorpresa e il gusto per l'insolito, basilari nel cinema d'oggi). L'unica attività intellettiva che viene richiesta allo spettatore è quella di mettere in ordine le scene e la storia del suo accadere apparentemente caotico, un po' come in un gioco enigmistico o in un puzzle (le attività "intellettuali" dell'essere umano comune nell'epoca postmoderna).
In effetti la storia ha un andamento complesso, a scendere e poi a risalire. Si parte da un presente in cui una ragazza tiene un libro e omaggia un monumento-busto pieno di chiavi, poi si passa a uno scrittore che sembra presentare un programma televisivo, poi ai suoi ricordi giovanili e quindi ai ricordi giovanili di un altro personaggio, sempre più indietro nel tempo. E' un tempo e dei luoghi però tipicamente fantasiosi, di natura prettamente cinematografica, da immaginario postmoderno (per come uno se li raffigurerebbe, piuttosto per quello che sono). Realtà, favola, romanzesco si fondono quindi fra di loro, costituendo l'unica essenza della storia. Alcuni particolari scenici vengono volutamente lasciati inspiegati (per intrigare e appassionare di più lo spettatore) e si sorvola su diversi difetti di sceneggiatura (ma del resto l'atmosfera è quella di una fiaba).
Piacevole, quindi, ma niente di più.
Aggiungo una nota personale: in genere ci si lamenta che un film è lento, noioso; ecco mi sento di lamentarmi per l'eccessiva velocità delle scene e dei dialoghi in questo film. E' troppo. Così non si lascia sedimentare niente in chi guarda.
Devo dire che personalmente questo aspetto mi ha disturbato e non poco.