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GRAND BUDAPEST HOTEL regia di Wes Anderson

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olikarin     8 / 10  20/08/2019 19:29:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciò che balza subito agli occhi in Grand Budapest Hotel, mio primo approccio al cinema di Wes Anderson, è la cura maniacale per l'estetica dell'immagine. Lo spettatore viene catapultato in un'atmosfera surreale sin dall'inizio della pellicola: scenografie da sogno, costumi e interni enfatizzati da una regia attenta a mettere in evidenza i più piccoli dettagli.

Ottimo il cast: interessante l'espediente della voce fuori-campo di Murray Abraham che racconta, ormai anziano, la storia del Grand Budapest attraverso un flashback. Dolcissima, in particolare, Saoirse Ronan: anche se, a mio avviso, la storia d'amore avrebbe potuto essere più incisiva se maggiormente approfondita.

Nonostante la sceneggiatura sia intrigante e diversa dal solito, è il comparto tecnico a tenere le redini del gioco: grandi carrellate, magnifiche inquadrature dei corridoi "alla Kubrick", imponenti campi lunghi dell'hotel, eleganti riprese all'interno del treno e il susseguirsi incalzante delle peripezie dei personaggi nella prigione. E, ancora, immagini monumentali all'interno del Kunstmuseum con un emblematico contrasto tra la minuta figura umana che avanza rapida sul pavimento a scacchiera (il nostro Kubrick riecheggia ancora) e le due file di sculture tra cui si fa man mano largo. Ancor più magistrale, di lì a breve, l'inquadratura immersa nell'ombra in cui le sculture sono messe in luce da un barlume dorato. Sono i dettagli a restare impressi: la simmetria delle porte dell'ascensore che si chiudono rapide, le luci soffuse, i dettagli degli oggetti tra cui le chiavi dell'hotel e i plongée dei cadaveri.

A rendere il tutto più magico è il contrasto tra luce e oscurità: candele e lampade a illuminare i vagoni del treno, il buio che domina le angustie della prigione, l'affascinante sequenza all'interno della Chiesa e nel confessionale, chiaroscuri abili nel sottolineare l'espressione del viso dei protagonisti, colori talvolta estremamente saturi e acidi. Fanno da contrasto, più di tutte, la prima e l'ultima inquadratura immerse nella neve, perfetta cornice per questa fiabesca narrazione.

Il finale così malinconico, accompagnato da una delicata colonna sonora – costante durante tutto il film – quasi lascia un groppo in gola e quella tipica sensazione nostalgica nei confronti di un passato ormai lontano e inafferrabile. "Era un'affascinante vecchia rovina ma non mi riuscì più di rivederla."