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I SOPRANO - STAGIONE 4 regia di Timothy Van Patten, John Patterson, Allen Coulter, Alan Taylor, Henry Bronchtein, Jack Bender, Steve Buscemi, Daniel Attias, Lee Tamahori, Mike Figgis, Peter Bogdanovich, altri

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Woodman     10 / 10  12/09/2014 17:01:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Allora, questo è eterno.

Da bambino andavo in visibilio (gelo alla pancia, eccitazione smodata, irrazionalità completa) quando, nei cartoni animati, compariva qualche "femmina folle", antipatica quando non sadica. Sognavo una punizione corporea feroce, e poi una metaforica porta sbattuta, insomma, per evitare qualsiasi "rivincita" o anche una semplice ricomparsa della put.tana in questione. Una bella lezioncina, definitiva, compiuta.
Penso ad esempio alle sirene nel Peter Pan disneyano. L'acredine loro e la mia malata ed isterica furia sadica. Il culmine del film, il freddo alla pancia non appena una dissolvenza si apriva nello scenario della laguna azzurra.

Qualcosa di crudele. Che metta i brividi ogni volta antetempo.
E quei brividi li garantisce "World destruction" nella scena d'apertura leitmotiv in vestaglia. Stavolta siamo nella crema.
Cuore palpitante, stridulo, stridente, strinante, di pari passo con l'isteria fanciullesca, malsanità, scalpitanza.
La stagione più tarantolata, la più ossimorica nella sua contrapposizione di calore sfiancante e gelo paralizzante, gravida di rievocazioni primordiali, astrattissime, dolorose, piena di violenza mai così definitiva e compiuta, quella più scandagliata: nel suo essere soddisfacente lascia straniati e profondamente turbati dal nostro stato d'animo implacidito da, orrore!, cinismo a palate.
Scene di lotta di classe ..nel New Jersey. Grottesca e disperata, acida e fantastica, malata e verista, furibonda e deformante, la quarta stagione è forse la più "femminile" nella forma, oltrechè la più algida, pregna com'è di dannazione.

Dopo che Christopher compie una vendetta insperata, Adriana, cercando uno svago lecito in un'amicizia, rimane incastrata dai federali: presagi di guai senza catarsi, ineluttabilità, sorte disgraziata, punto di non ritorno. Il terrore, la disperazione, l'angoscia strozzata.
E nel frattempo Carmela, in un solo, semplice sospiro abbandonato, alienata nella vasca da bagno, riassume una vita di dolorosi e rassegnati rimpianti.
Il precipitare degli eventi si chiude sull'ultima linea della malinconia, sgretolandosi in quel meraviglioso trampolino dei ricordi che sono i titoli di coda, anneghiamo fra gli echi dei Radiohead.
Poi, ecco l'esplosione di violenza più sconvolgente mai vista in televisione, una lunga discesa negli anfratti più turpi dell'intera serie, forse il picco assoluto, in tal senso, nell'episodio "Whoever did this", dove trova fine il più psicopatico e malato degli antagonisti del boss Gandolfini (sempre più imponente, meticoloso, imperscrutabile).

Corollario senza tempo di ogni imprevedibilità comportamentale possibile, ermetica Divina Commedia trasfigurata nel modernismo palpabile di un ipotetico James che reinventa Madame Bovary. Ma c'è di più: "I Soprano" si impone come uno dei plastici più vibranti e mastodontici mai realizzati su un personaggio di fiction, la serie tv più vasta e completa di tutti i tempi.
C'è spazio per tutto, può generare di tutto.

La stagione più pittorica e mortificante, gravosa e disturbante. Sconvolgente e destabilizzante, rinnova i suoi pregi visione dopo visione.
Temo sia quella che preferisco.
Malinconia, orrore, violenza d'ogni genere, antropologia, simbolismo, caricatura, onirismo, performance, naturalismo e verismo, ritratto sociale, astrattismo, classicismo.
La tela è infinita, le campiture sono gocce di emozioni che ne generano di infinite, piantano le radici e compongono un affresco talmente supremo da sopprimere il grande schermo.
Un capolavoro immane.