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BREAKING BAD - REAZIONI COLLATERALI - STAGIONE 4 regia di Michelle MacLaren, Adam Bernstein, Vince Gilligan, Colin Bucksey, Bryan Cranston, altri

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Terry Malloy     10 / 10  24/02/2014 12:25:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho sempre faticato a considerare una serie per le "stagioni", anche se una significativa differenziazione si può fare. Non per le ultime tre stagioni di Breaking Bad, qualcosa di assoluto, perfetto, micidiale. Scrivere così non è dono di molti, e bisognerebbe fare alcune considerazioni sul fatto che la serie, a soli tre anni dalla sua uscita, è già un classico del cinema, della letteratura. Credo che la sfida più grande per uno spettatore di Breaking Bad sia accettarne la freddezza. Abbiamo a che fare con un mondo che è solo di partenza il nostro. Breaking Bad, a differenza delle altre serie, ha la struttura di un incubo. E questo si accentuerà tantissimo nella quinta, che credo rappresenti il vero apice della storia (nonostante "Crawl space" e "End times" potessero tranquillamente chiudere una già impeccabile serie tv). Non c'è edificazione, e non c'è nemmeno quella quotidianità a suo modo rassicurante che è caratteristica del mondo Soprano. In Breaking Bad, più che il male, il crimine, c'è l'asfissia di un mondo bieco, plastificato, ridotto a una gestualità, a una povertà di emozioni che porta poi al disordine morale interiore che colpirà e distruggerà tutto ciò che di buono era rimasto, da una vita precedente di cui ricordiamo a stento qualcosa. La quarta è il vuoto interiore esteriorizzato nella simbologia degli ambienti, la casa di Jesse, in continua trasformazione e degradazione, le macchine della famiglia White, il corpo di Hank, poliziotto old school ridotto a una larva e a una moglie che ha palesi disturbi comportamentali (e secondo le regole di Chandler, il vero poliziotto non ha famiglia), ma soprattutto la quarta è la vera stagione di Gustavo. Scaviamo, con pochissime e indimenticabili pennellate, nel passato di Fring, troviamo una spaventosa chiacchierata con il Cartello, nel deserto, e ci sono piccole intermittenze, in un personaggio sentimentalmente scheletrico come Gus, che ci ricordano un uomo, normale, come tanti, con l'esigenza di far soldi, di scappare da un governo dittatoriale e non buttare all'aria con la politica un'intera vita. Non un eroe, un uomo comune, devastato dalla follia di uomini di cui seguirà le orme fino alla fine. E' la serie degli spettacolari colpi di scena, delle trovate funamboliche ("Salud"), del crescendo di genialità satanica di Walt (un triplo gioco sentimentale alla Hitchcock che ci fa vibrare - "I do it!"), è la serie delle parole non dette e degli sguardi eloquenti, di Tyrus, di Mike, di Jesse, ma anche e soprattutto di Hector, forse il miglior attore della serie dopo Cranston. E' la serie in cui capiamo cosa sta dietro il continuo guardarsi le spalle e odiarsi di Walt e Jesse, con quella indimenticabile visita di Junior alla casa di un padre che non riconosce più. C'è la passione per i veleni, le pistole, le malattie, la vecchiaia, ambiti sordidi dell'umanità che però rivelano tantissime cose del nostro passato e del nostro futuro di esseri umani in fase di transito terreno. E' un continuo gioco di isolati, con donne che controllano bollitori e fanno scappare uomini armati fino ai denti, è il regno della debolezza che trionfa meschinamente su quello della forza. Alla fine cadono tutti, ma c'è un vincitore: Walt. Troppo cieco per vedere che anche a lui sarà chiesto il prezzo più alto (e non è la vita), quello che lo accomuna con Gustavo, Hector e Jesse: "Non hai più nessuno, anche tuo nipote è morto". Solo che - lo vedremo - Walt andrà ancora più in là. Ma questo è il tema della quinta stagione.
Neurotico  03/07/2014 21:00:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Complimenti., gran bel commento: ottima profondità d'analisi.
Terry Malloy  04/07/2014 12:27:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ti ringrazio!