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L'IMBALSAMATORE regia di Matteo Garrone

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ULTRAVIOLENCE78     7 / 10  09/03/2009 00:12:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nonostante taluni buchi narrativi sparsi qua e là e la recitazione ai limiti dell’amatorialità (salvo l’ottimo Ernesto Mahieux), si tratta indubbiamente di un buon esordio. Matteo Garrone riesce a dare vita a un “noir” che, per la carica di morbosità, le ambientazioni cupe e i risvolti psicologici (anche se non sempre approfonditi a dovere), risulta più che intrigante. In questo senso fondamentale si rivela l’interpretazione del succitato Mahieux, al quale si deve un personaggio quasi luciferino, permeato di ambiguità nonchè di una inquietante e sinistra influenza, della quale il regista si serve per scandagliare certe zone “oscure” del soggetto: sia esso anche la persona –apparentemente- più insospettabile (mi sovviene, al riguardo, qualche analogia con “Cruising” di William Friedkin).
Il film si mantiene sempre “border-line” tra la sanità e la patologia, ed è proprio questo aspetto, insime a certe atmosfere onirico-surreali, a infondergli quella dose di fascino che lo rende estremamente interessante: e alla fine si ha la sensazione che la scelta di vita del giovane Valerio non sia migliore rispetto alla prospettiva che gli porgeva il “piccolo” Peppino. Valerio, in definitiva, sembra soffocato e intrappolato dall’eccessivo amore che gli riservano, da un lato, la sua compagna, e dall’altro lo stesso Peppino: un amore che in entrambi i casi si rivela patologicamente possessivo, così come è metaforicamente rappresentato dall’attività tassidermia attorno alla quale ruota tutta la narrazione.
Nonostante le sue pecche, “L’imbalsamatore” è sicuramente un’opera valida e, se vogliamo, anche coraggiosa, attesa la scabrosità (?) degli argomenti che tocca: e ciò non è poco, considerato il panorama generalmente edulcorato e “politically correct” della cinematografia italiana.