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THE WOLF OF WALL STREET regia di Martin Scorsese

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Zazzauser     9 / 10  09/02/2014 23:56:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Vendimi questa penna!"

Nulla da dire, gli americani potranno essere autocelebrativi quanto si vuole, ma quando ci si mettono dimostrano di saper bene come fare Cinema. E quando poi mettono le idee nelle mani di registi ambiziosi, coraggiosi e dalla forte carica autoriale, sanno proporre al Mondo del grande Cinema.
Scorsese sembrava aver perso qualche colpo dal 2006 in avanti. The Departed - venduto come il capitolo finale di un'ideale trilogia con Goodfellas e Casinò - è stato un buon film ma molto tradizionale, e lo stesso si può dire del thriller Shutter Island, decisamente troppo decantato; Cabret e i due documentari (Shine a Light e il film su George Harrison) sono state ottime parentesi, ma da Scorsese ci si aspettava una nuova uscita col botto che francamente tardava ad arrivare.

E' con The Wolf of Wall Street che Martin trova l'occasione di ritornare sulle scene davvero in grande stile e finalmente dà la riconferma di essere uno dei giganti del Cinema made in USA.
Con uno straordinario tono cinico e dissacrante Scorsese traccia un biopic perfetto sulla vita di Jordan Belfort, il "lupo di Wall Street", dal suo spaurito esordio nel mondo dell'alta finanza (il folgorante esordio con Matthew McConaughey) al declino nella sconcertante vita dell' "uomo qualunque" a cui non rimane nient'altro da fare che raccontare la propria storia.
Lungi dall'essere la celebrazione dell'avidità di un uomo deprecabile, The Wolf of Wall Street vuole invece gettare luce sugli scheletri nell'armadio di un mondo che lo spettatore - come l'individuo nella vita reale - non conosce, e dal quale si fa prima ammaliare e poi raggirare. E riesce a farlo prendendosi gioco sia dei propri protagonisti, sia di chi guarda, indeciso se ridere della stupida "tristezza" di Belfort, ammirare la sua furbizia, il suo pragmatismo, il suo senso pratico e farli propri, o metterlo alla gogna come parassita della società.
Non ho mai visto in sala tanto senso di straniamento e tante risate soffocate e poi riesplose come nella lunga sequenza del trip di Lemmon 714, quando DiCaprio si trascina verso la Lambo e Jonah Hill rischia di morire soffocato da un pezzo di prosciutto.

E' incredibile poi quanto certi episodi riflettano in modo veritiero (o perlomeno verosimile) la forte ambiguità nell'etica delle multinazionali odierne: quella sensazione di "comunione d'intenti" nella galvanizzazione collettiva, quell'approccio liturgico, quasi sacro di chi prende in mano il microfono e urla, decanta il Dio Denaro e non abbandona i "fedeli", anzi li abbraccia come un pastore in una chiesa battista, quel falso (o no?) altruismo di chi si emoziona - fino al pianto! - nel ricordo di coloro che ha aiutato e nell'oblio di coloro che ha fregato.

E' un film che analizza la realtà con una lucidità ed una freddezza terribile, e anzi si può dire che faccia proprio dell'ambiguità e dello straniamento l'elemento portante. Droga, denaro e f.iga a fiumi impregnano il mondo edonistico dei protagonisti, e tutto questo a scapito della "gente normale": non si può, oggettivamente, non condannare la condotta umana e lavorativa del Jordan Belfort di DiCaprio, ma ciononostante viene naturale simpatizzare con un self-made man che tira su dal fango una piccola agenzia di broker incapaci, con un uomo che ha portato lavoro, ricchezza e felicità ai suoi impiegati, con un "boss" che non si arrende e non tradisce, finendo per essere anzi tradito.

La gestione dei tempi filmici è praticamente perfetta, dilatando le sequenze e grazie ad una sceneggiatura attentissima all'efficacia dei dialoghi e delle interpellazioni Scorsese riesce a far scorrere 170 minuti come se fossero poco più di un'ora e mezza.
DiCaprio è perfetto per il ruolo, fisionomicamente ed attorialmente, e fornisce una delle migliori prove della sua recente carriera, che spero vivamente gli valga la vittoria dell'Oscar a Miglior Attore Protagonista (e sarebbe anche l'ora, dato che lo aspetta dai tempi di Buon compleanno Mr. Grape).
In sostanza, ad un passo dal capolavoro. Geniale.

"Non c'è nobiltà nella povertà. Sono stato un uomo povero, e sono stato un uomo ricco. E scelgo di essere ricco tutta la vita, dannazione!"