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THE WOLF OF WALL STREET regia di Martin Scorsese

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look     8 / 10  05/02/2014 03:51:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
3 ore servono a Scorsese per raccontare la potente ascesa e inesorabile caduta di uno dei broker di maggior successo della storia, nonché uno dei più indomabili, folli, dissennati uomini d'affari che la storia della gloriosa America ricordi. Coi suoi 60 milioni guadagnati con frodi e riciclaggi, Belfort riusci a costruirsi una vita dedita al eccesso e alla bella vita, fra nuove droghe, flirt con modelle da urlo e feste esplosive. Tutta la turbolenta e movimentata vita di Belfort viene stesa nero su bianco nel libro, scritto da lui stesso "The Wolf of Wall Street", libro che quasi 15 anni dopo ispira la sceneggiatura di quello che per molti rappresenta la rinascita di Scorsese, regista dal glorioso passato, che negli ultimi anni, pur mantenendo standard elevati, ha attraversato alti e bassi senza mai però toccare le vette raggiunte a suon di spari e cazzòtti.

Mi colpisce l'incostanza di questo regista. Dal suo film più vicino alla poetica degli inizi (The Departed) si è passati a quello, diciamo, "meno Scorsese", Shutter Island. Stesso discorso per la doppietta piazzata in questi 2 ultimi anni, che fa seguito a quella già citata. Dai toni leggeri e puerili di Hugo Cabret si è passati a quello che, secondo me, si erge come uno dei film più spinti, provocatori, surreali, deliranti, della sua carriera, nonché della storia del cinema. 4 aggettivi messi in croce non bastano per descrivere l'imponenza di quest'opera, imponenza non solo messa in bella vista dalle poco incoraggianti 3 ore spaccate di visione, che certo non hanno fermato la sua cavalcata al successo posizionandolo sul trono del botteghino italico. Ciò che rende il film un opera memorabile sono quegli elementi che presi singolarmente non hanno senso di esistere. Prendi il soggetto di Belfort, un libro interessante a quanto detto, ma considerabile come evidente manovra commerciale atta dal lupo per guadagnare quei soldi necessari per colmare l'immenso debito con le casse dello stato e con le tasche di quei poveri agnelli caduti nelle sue trappole. È scommetto che il film gli è stato pure di grande aiuto. Vuoi per i soldi, vuoi per la fama. Un soggetto che fa da specchio ad una società malata e avida di potere e piacere. Pane per i denti del famelico Scorsese, deciso una volta per tutte a togliersi i panni del buon mentore, che offre lezioni di cinema e proietta grandi omaggi ai pionieri della sua arte.

È uno Scorsese rabbioso, più arzillo che mai, più impudico e volgare. Record di "fùck" archiviato nella storia del cinema, 506 se non sbaglio. E quante zinne, natiche, peni (!), patonze, rasate e non. Quanti coiti. La vita di Belfort concede al buon vecchio Martin l'opportunità di appesantire il piede sull'acceleratore, negli ultimi anni diventato piuttosto arrugginito. Il soggetto, revisionato dall'occhio attento ed eccitato del regista, passa fra le mani di Winter, conosciuto ai più, come la mente dietro alle vicissitudini della famiglia Soprano, telefilm che ha valso al brillante Terence diversi premi importanti come l'Emmy award, l'Oscar delle serie TV. Ma si sa, dalla tv al cinema il passo è lungo, non solo per attori e registi, ma anche per sceneggiatori, non più con la possibilità di stendere una trama lungo 3 o più stagioni, ma costretti a condensarla in massimo 3 ore di film. E non per nulla, nel nostro caso il vertice è stato toccato.

E qui vorrei aprire una parentesi critica a coloro che con tono indolente tacciano il film di ridondanza e lo definiscono "noioso". Lo metto tra virgolette, perché questo è un termine che va preso con le pinze. Sarebbe come definire un oggetto "inutile", quando l'utile lo possiamo trovare in qualsiasi cosa. Nessun film nasce per essere "noioso". Nessun film merita di essere definito "noioso" nè tantomeno "The wolf of Wall Street", ma nel suo caso le ragioni sono altre. Il merito di Winter, sta nel aver toccato con la sua sceneggiatura perfetta (in nomination agli Oscar) tutte le facce della decandenza etica, psichica, fisica e soprattutto finanziaria del protagonista, senza cadere nel prolisso e nel già visto. Il suo è un ritratto solenne ma critico nei confronti di Belfort e del sistema attorno a lui. Il personaggio ha un falso carisma, talvolta viene dipinto quasi come un verme, talvolta come un patetico fornicatore, talvolta come un bimbo capriccioso, talvolta come un pappone, talvolta come un misogino, talvolta come un brutale ed egocentrico uomo d'affari. Serve arrivare alla redenzione per potergli ridare quell'umanità che per tutto il resto del film sembra gli sia privata. Mi stupisce sentire fra le news di persone, vittime dei giri lochi di Belfort, criticare duramente il film per come rappresenta in maniera troppo eroica il protagonista. Ma l'hanno visto il film? Qui di eroico vedo poco o nulla. Vedo un lupo bavoso e affamato in cerca di nuove prede, pronto a tradire il branco pur di riempirsi la pancia. Vedo un uomo distrutto dalla droga e dalla fame di denaro. Vedo un grandissimo attore costretto a strisciare per terra per impersonare al meglio Belfort, offrendoci una delle migliori interpretazioni da 10 anni a questa parte. Ma di questo ne riparlerò in seguito.

Polemiche a parte, Winter offre un'autentica miniera d'oro a Scorsese che non perde occasione di portarlo sullo schermo sotto forma di potente ed esasperante orgia di potere, sesso, droga e chi più nè più ne metta. Margini sulla tela bianca non ce ne sono, totale libertà è concessa a tutti, come negli uffici della Stratton Oakmont dove è possibile incappare con acrobati, nani volanti e soubrette disinibite. Come già detto è una regia impudica che pochi riguardi si fa prima di fare un bel primo piano al cùlo sudato della top model zoccòlona di turno che in questo film traboccano. Libertà. Concessa a se stessi, di usare computer quando e come meglio ci piace, di usare soliloqui, di usare quante più parolacce possibili! Concessa al pubblico, di ridere, disgustarsi, scappare dalla sala. Concessa agli attori, di mostrarsi o meno nudi, di urlare, ridere, mettersi da parte. Ma soprattutto, libertà concessa a lui, il pupillo del capo, l'eterno ragazzo d'oro ma che è proprio un qualcosa d'oro che gli manca. Sei libero di recitare come meglio credi Leo. Sei libero di divertirti oltre a divertire. Sei libero di ficcarti una candela nel cùlo. Libero di strusciarti sul pavimento come un epilettico. Sei libero di mandarli a fàn**** tutti quelli degli Accademy, dimostrando a tutti quante premiazioni sbagliate sono avvenute. D'altronde l'hai prodotta anche tu questa perla... non vedo perché opporsi. Darei tutte le 3 ore della mia vita pur di rivederti sempre in questo stato di grazia. E non temere agli Oscar, vincerai tu. In ogni caso. Sia che vinca quel panzone di Bale. Sia che vinca quel marpione di McConaughey, anche qui al tuo fianco, oltre che in nomination, emaciato, fuori dal set di Dallas Buyers Club. Vincerai tu. Credimi.

3 ore. Che volano purtroppo. E c'è chi dice siano troppe, ma a me viene da chiedermi se bastano. Se bastano per raccontare una vita, una truffa di 150 milioni di dollari. Forse sì, forse no. Persone raccontano vite in un minuto. Certo vite non così piene. Ma non serve divagare. La vera domanda è: Bastano a me 3 ore per ritenermi pienamente soddisfatto e saturo della goduria provata nel vedere questo grande capolavoro? La risposta è: No.
look  05/02/2014 03:54:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
8 e mezzo è il mio voto.