kowalsky 8 / 10 13/01/2014 02:15:33 » Rispondi Ormai non serve più a niente nascondersi sotto km di corsivo e ridere di Paolo Virzì, il suo cinema sarà derivativo ma quando è costruito nel miglior modo possibile - un montaggio che persino i francesi si sognano - è tra i migliori prodotti italiani in assoluto. Finalmente la sua vena graffia veramente (e non suscita irritazione come in passato, cfr. tutta la vita davanti) ma è soprattutto la memorabile galleria di personaggi femminili, degna del miglior Monicelli, a convincere appieno. Tre donne di tre generazioni diverse (più o meno) sopraffatte o oscurate dall'amore, dalle ambizioni e dalle aspettative, davanti a un universo maschile alle prese con la crisi economica e il bisogno - orribile e magistrale in tal senso il personaggio di Gifuni - di mantenere uno status al di là di tutte le conseguenze. Penso sia incantevole soprattutto l'aderenza psicologica di Valeria Bruni Tedeschi, ora viziata mondana, ora moglie insoddisfatta, ora ancora artista mancata e amante occasionale, o madre sbagliata. Una gamma di emozioni che descrive apertamente - e chi può dire il contrario se non nella cieca posizione demagogica di un odio inerme? - la durissima crisi di una borghesia azzerata nella sua routine quotidiana. Bello, bellissimo, emozionante, mentre dipinge un mondo di castelli in aria dove vivere giovani significa lottare annientarsi o cercare la fuga. Altre cose mi sono piaciute meno (uno storico teatro in rovina, il personaggio inutilmente pseudo-sessantottino di Lo Cascio) ma "Il capitale umano" resta un film di primissimo piano nella storia del cinema italiano di questi anni, con una consapevolezza scenica e morale (le lacrime della Tedeschi, il dolce e amaro ritorno alla realtà dell'epilogo finale, la cialtrona spacconeria di un Bentivoglio quasi quasi vicino all'Alberto Sordi d'annata) che lascia sbigottiti
jack_torrence 13/01/2014 10:55:48 » Rispondi Complimenti, Luca, ottimo commento che mette in luce i pregi migliori di un film che anche a me ha lasciato positivamente "sbigottito". Mi ha colpito anche quanto i personaggi principali siano tutti descritti a tutto tondo nelle loro sfumature (persino il Gifuni assorbito nel suo ruolo e privo di alcun conflitto interiore). Concordo sul suo valore nel panorama italiano! Ciao, Ste