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DALLAS BUYERS CLUB regia di Jean-Marc Vallée

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki     7½ / 10  23/02/2014 13:52:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Da 'Young Victoria' il passo è grande, ma partendo da 'C.R.A.Z.Y.' non è poi così lungo, infatti Vallée nell'opera del 2005 aveva mostrato una sensibilità da pittore impressionista a pennellare di evocativi cromatismi la pubertà di un androgino. Stavolta applica un montaggio più coinciso e una sceneggiatura diretta, senza fronzoli, evitando anche l'escalation del dolore in cui un McQueen ad esempio avrebbe scanditamente dilatato. Poichè il disfacimento del corpo è si presente anche qui, viso emaciato, fisico ossuto, ma il focus è posto, come dice il titolo, non sulla via crucis ma sulla battaglia civile contro le industrie farmaceutiche. All'epoca i trattamenti erano perlopiù sperimentali e dunque soggetti ad un enorme soglia di effetti collaterali, e la contestualizzazione con riferimento a Rock Hudson che scoperchiò il vaso di pandora è alla base del film non a caso, l'AIDS veniva superficialmente accostata agli omosessuali, ma una volta consapevole di essere caduto nel male della sieropositività, Woodroof, apre i suoi orizzonti virili e conservatori (mi ricorda il processo che scaturì al patriarca di C.R.A.Z.Y.) anche ai suoi colleghi omosessuali o trans che siano, tanto ormai tutti sono sulla stessa barca contro un male comune. Allora se la regia sobria di Vallée passa in 2° piano e anche l'essenziale apporto della colonna sonora (magari country) che non avrebbe sgualcito, a dispetto di un binomio script-montaggio che riescono ad infondere una piacevole scorrevolezza alla pellicola senza grosse cadute di stanca nella 2°ora, il palcoscenico è naturalmente offerto alle interpretazioni. McCanaughey non è uscito ora, campa di vent'anni di commedie ma nell'ultimo lustro ha affinato un talento versatile e spiccato fuori quel carisma necessario per togliersi di dosso i lustrini da quel bel corpo impomatato che spesso veniva anteposto nelle sue commedie. Non sono i meno 25 kg ad assurgerlo nel pantheon delle grandi performance, ma quel radicale realismo in cui ci si pone (e facilmente ci si immedesima), testa bassa, occhi lucidi, come dice lui stesso è un morto che cammina (il primo incontro nell'ufficio della Garner è toccante per intensità drammatica), quest'odio inveretato che dall'omofobia cambia target sulle lobby, davvero bene! Ecco, chi invece ci assurge quasi per caso, tra un premio MTV e l'altro, è il buon Leto, che spunta fuori dopo 30 minuti, e a momenti rasenta anche livelli di sensualità femminili non da poco (premessa ho sentito la voce del trailer italiano, sembra una parodizzazione del trans, meglio il lavoro che Leto ha impostato sul tono vocale, facilitato dalla sua esperienza canora). Di Leto non avevo un ricordo negativo, diciamo discreto, in 'Alexander' al fianco di Farrell, anche qui ruolo androgino il film è quello che è, boyfriend della Ryder in 'Ragazze Interrotte' insomma sempre 'alle spalle di' come in 'Fight Club' e 'American Psycho', poi un ruolo più accentratore tutta foga (tipo McConaguey in 'Non aprite quella porta IV') lo ricordo con Fincher da antagonista in 'Panic Room'. Così così anche in 'Lord of War' al fianco di Cage, sicuramente con quei 30kg in meno in 'Requiem for a Dream' colpì di più ma non era corroborato dalla performance interpretativa che ci ha messo, dico recentemente i primi 2 che mi vengono in mente, Fassbender in 'Hunger' o lo stesso McConaguey con cui spartisce la scena in questo film. A sensazione qui Leto ha fatto bingo, ruolo ambiguo di quelli che suscitano curiosità e lui ci ha messo del suo, ma dubito ci tornerà vicino a riproporre qualcosa del genere, invece McConaguey non è un fuoco di paglia.