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SWEET NOVEMBER regia di Pat O'Connor

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Invia una mail all'autore del commento Iovink     7 / 10  29/04/2005 13:22:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Di fronte ad un film del genere è necessario fare qualche scelta. Il primo "bivio" che ho di fronte mi "chiede" se guardare o meno i voti altrui. Beh, ho deciso di non leggere nulla; motivo? Credo di poter intuire da solo i difetti che sono stati riscontrati da coloro ai quali non è piaciuto e che, di conseguenza, gli hanno dato una insufficienza. Ok, è troppo "hollywoodiano" (nel senso non proprio lusinghiero di "prodotto commerciale preconfezionato senza particolari virtuosismi"); concordo sul fatto che lo svolgimento è un pò "inverosimile" (nel senso che, pur "sospendendo l' incredulità" di fronte ad una opera di fantasia, ad un racconto si chiede di essere "identificabile" dal senso logico di chi ne usufruisce). Aggiungiamo pure che, probabilmente, il personaggio di Nelson avrebbe richiesto un interprete diverso (Keanu Reeves sembra ancora troppo immerso nelle suggestioni ieratiche dell' eroe di "Matrix"). Magari tutto questo basterebbe a "bocciare" questa ennesima variazione sul tema "amore contrastato dagli eventi"; tuttavia, come dicevo all' inizio, ho "scelto" di "fregarmene" altamente di quello spirito da finta crociata che troppo spesso accompagna l'uscita di film del genere e di guardare altrove (leggi "bicchiere mezzo pieno"). Charlìze Theron è incantevole; magari è scontato dirlo, dal momento che è una splendida donna. Tuttavia, per quanto una fanciulla risulti avvenente, è arduo conciliare la bellezza fisica con l' espressività richiesta per essere Attrici. Ebbene l' ex modella sudafricana ci riesce alla perfezione; per tutta la durata del film non avrebbe bisogno di comunicare con le parole, dal momento che ci riesce benissimo con lo sguardo.....Due occhi in grado di "inebetire" il "povero" Nelson e i suoi maldestri atteggiamenti da "macho impenitente". Tutto queste rende (decisamente) credibile il personaggio di una donna che, novella sacerdotessa "new age", ha scelto di vivere i suoi ultimi giorni come chiunque di noi, dentro di sè, vorrebbe fare: libera. Ma libera davvero; senza impegni che non siano quelli che possano darci soddisfazione e arricchire il nostro animo, aiutando chi le sta intorno e mettendo da parte gli orologi (il tempo, finalmente restituito al suo ruolo di "misura" di noi stessi e non piu' qualcosa che deve essere ossessivamente misurato). Osservando Sara il pensiero ci riporta (pur con le dovute proporzioni, poichè stiamo parlando di un grande narratore) ai protagonisti dei romanzi di Kerouac, sempre desiderosi di sfuggire, con la spensieratezza, alla consapevolezza che la nostra "durata" su questa terra è limitata (mi sembra, infatti, che sia proprio Sara a citare lo scrittore nel film). Solo i mesi dell' anno rappresentano l' ultimo vincolo che la costringe a restare inchiodata alla sua dura realtà, alimentando così la componente tragica di una vicenda dai toni inizialmente un pò "zuccherosi".
Se a tutto questo si abbina una discreta sceneggiatura (i dialoghi non sono esattamente "convenzionali") e la suggestiva cornice di San Francisco, il risultato è tutto sommato discreto.