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THE JACKET regia di John Maybury

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Spotify     6 / 10  22/05/2017 02:55:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
--- PRESENTI SPOILER ---

Interessante film dove il regista mescola con sapienza il thriller, la psicologia e la metafisica. Il prodotto che esce fuori da questa miscela, è, appunto, un'opera particolare, non certo originale, ma che risulta essere piuttosto affascinante e che, se fosse stata curata di più in certi punti, poteva essere qualcosa di notevole.
La storia è ambientata tra i primi anni 90 e il 2007 ed ha per protagonista Jack Starks. Costui è un soldato che rimane ferito in guerra, alla testa, e viene immediatamente sottoposto a delle cure. Starks però, una volta guarito, comincia a soffrire di amnesia. Un giorno, mentre torna a casa, riceve un passaggio da un automobilista. Quando una pattuglia della polizia si avvicina per un controllo, l'automobilista spara al poliziotto, uccidendolo. Nella sparatoria si ferisce anche Jack che crolla a terra svenuto. L'omicida lascia la pistola accanto al corpo di Starks e fugge via, cosicché le autorità daranno la colpa al soldato. Infatti, al processo, tenutosi nel '93, Jack, pur non ricordandosi esattamente quello che è avvenuto, sa di non essere lui l'assassino. Ma l'uomo non viene creduto e, finisce rinchiuso dentro un manicomio criminale. Qui viene sottoposto ai trattamenti brutali da parte dei dottori, tra cui l'isolamento per alcune ore dentro un lungo cassetto. Qui Starks, fa un viaggio temporale che lo porta nel 2007. Jack si ritrova in questa realtà parallela anche se lui, non si è accorto di nulla. L'uomo conosce una ragazza, Jackie, già incontrata tanti anni prima, proprio il giorno in cui il il soldato era di ritorno a casa. Non avendo dove andare, la ragazza lo invita a stare da lei, Jack accetta. A casa della giovane, Starks trova le piastrine militari identificative che aveva donato a Jackie bambina, quando i due si erano conosciuti. L'uomo a questo punto dice di chiamarsi Jack Starks, ma, la ragazza dice che questo tale, è morto nel 1993. A questo punto comincerà per Starks un via vai tra presente e futuro, per capire come è morto e se potrà evitare ciò. Il segreto è nell'ospedale dove è rinchiuso.
John Maybury incentra la sua critica sui metodi terribili usati nei manicomi. Il regista ci sbatte in faccia senza fronzoli, scene molto suggestive, le quali ci lasciano comprendere la brutalità, la cattiveria, alle quali sono sottoposti i pazienti. I medici sono descritti, con un certo stile, come dei carnefici senza pietà, degli individui che godono ad infliggere dolore, specialmente psicologico, altrui.
La tematica non è certo innovativa, anzi, di pellicole che trattano questo argomento ce ne sono tante. Per in "The Jacket", questo tema è visto sotto un'ottica più violenta, più esplicita. Ci vengono mostrati alcuni sistemi, che definire di tortura è poco, veramente sconcertanti. Il director ha proprio voluto mettere a nudo la malvagità che risiede negli ospedali psichiatrici.
L'aspetto prettamente psicologico, non è male, magari un po' superficiale in certi passaggi, però, più la pellicola va avanti, più il suddetto aspetto diventa interessante. In certi spaccati, Maybury trova anche delle soluzioni originali.
La direzione degli attori è sufficiente, tutti sono fatti ben immergere nel contesto della storia. La conseguente caratterizzazione dei personaggi è buona. Spesso i pazienti della clinica riescono ad incutere persino un certo timore a causa di comportamenti e sguardi piuttosto inquietanti. Jack Starks, benché non sia un protagonista innovativo, riesce a far presa sullo spettatore. Non è molto carismatico, però ha qualcosa che riesce a far leva sull'astante.
Il ritmo è scorrevole. Vero, la pellicola dura poco più di 90 minuti, i quali però non soffrono mai di punti morti, ma al contrario, c'è uno sviluppo continuo della vicenda, con diversi ribaltamenti e controribaltamenti di fronte.
Non ci sono scene memorabili o che vale la pena citare, però c'è da dire che il director, sfruttando appieno sia l'ambientazione che la fotografia, riesce a tirar fuori una regia claustrofobica e cupissima. C'è un'atmosfera davvero pesante, si respira una certa tensione e, quando serve, Maybury ci sbatte in faccia le crudeli sequenze del cattivissimo trattamento riservato a Jack. Efficaci anche le scene ambientate nel futuro, Maybury riesce a dare la sensazione di salto nel tempo, pur cambiando sostanzialmente poco la messinscena.
Ritornando un attimo sulla location e sulla fotografia, penso che tali elementi siano le cose migliori dell'opera, almeno sul piano tecnico. La prima è lugubre, quasi goticheggiante, specie quando l'ospedale è inquadrato dall'esterno. Imprime una certa suggestione. Riguardo la fotografia, si sposa alla perfezione con la scenografia. Ci sono dei colori molto ombrosi, così come i giochi di luce. Tutto ciò fa si che il clima sia ancora più opprimente.
La prova di Adrien Brody è senza infamia e senza lode. L'attore new yorkese pecca un po' di monoespressività e per di più, non mostra gran carattere. Però, al contempo, quando si tratta di fare il pazzo, ci riesce con discreti risultati. Niente di che l'interpretazione dei dialoghi.
Da segnalare la presenza di Keira Knightley, giovanissima e bellissima.
Tra le note davvero dolenti, sottolineo la sceneggiatura e il finale.
Lo screenplay presenta un sacco di incongruenze e contesti fuori luogo. Ad esempio, a cosa serviva tutta la storia della dottoressa e del bambino disabile? Non ha alcun legame con la trama. Oppure, dall'iniziale accusa di omicidio fatta a Jack, che sembra sia il fulcro di tutta la storia, si passa ad una vicenda completamente diversa, lasciando perdere tutta la parte iniziale. Poi, ci sono un sacco d'altre cose lasciate per strada, scontate e mal spiegate. Si da pochissimo conto allo sviluppo dei personaggi e i dialoghi sono abbastanza elementari. Si salva solo qualche colpo di scena ben congegnato.
L'epilogo è un po' buttato li, girato non bene. Sinceramente mi sono sentito un po' preso in giro, in quanto si tratta di un finale quasi mozzo. Si ha la sensazione come se c'era qualcos'altro da dire, ma che non è stato detto.

Conclusione: un dignitoso thriller psicologico, non aggiunge pressoché nulla al filone al quale appartiene, però è una pellicola godibile e senza pretese. In sostanza è promosso.

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